Costi di trasporto e smaltimento fuori regione esorbitanti, ritardi faraonici nella costruzione degli impianti, sanzioni milionarie a carico dei contribuenti più tassati d’Italia. La gestione dei rifiuti organici in Campania è un buco nero che ogni anno inghiotte decine di milioni di euro. Nel 2014 ce ne sono voluti poco meno di 100 per spedire a trattamento fuori regione la forsu, frazione organica da rifiuto solido urbano. Altri 20 milioni se ne sono invece già andati in sanzioni europee, ma la cifra potrebbe raddoppiare a breve. Curiosamente, 20 sono anche i milioni che occorrono per costruire un biodigestore da 30mila tonnellate, mentre per un impianto di compostaggio di media taglia ce ne vogliono appena 10. In Campania, però, non se ne costruiscono. Così, senza impianti, le buone pratiche di raccolta stentano a tradursi in benefici ambientali ed economici per la collettività. E i soldi, quelli della quarta tassa rifiuti più alta d’Italia (stime Confartigianato), finiscono in buona parte nel pozzo senza fondo dei trasporti fuori regione. A vantaggio dei soliti noti.
Una falla che nessuno sembra capace di tappare, in un ciclo regionale di gestione degli rsu lontano dall’emergenza tanto quanto dalla normalità. A ricordarcelo ci hanno pensato lo scorso luglio i giudici della Corte di Giustizia europea, condannando la Campania al pagamento di una maxisanzione da 20 milioni di euro, più 120mila euro al giorno di ammenda fino al completamento degli impianti necessari a garantire l’autosufficienza nella gestione degli rsu. Per la forsu, in particolare, scrivono i giudici del Lussemburgo nel dispositivo, la Campania dovrà pagare “fino a che non siano stati messi in servizio impianti di recupero dei rifiuti organici aventi una capacità annua di 382mila 500 tonnellate”. Il prossimo sedici gennaio, quando scadrà il primo semestre dalla data della sentenza, il totale delle sanzioni quotidiane accumulate ammonterà a 21 milioni di euro. E se per allora, com’è probabile, nulla sarà cambiato, ci toccherà pagare.
Per conoscere quale sia al momento la capacità di trattamento in regione basta consultare il “Rapporto rifiuti urbani 2015” compilato dall’Ispra, l’Istituto Superiore di Protezione Ambientale, secondo cui sarebbero 676mila le tonnellate di scarti organici raccolte in Campania nel 2014, pari al 55% dei rifiuti complessivamente intercettati dai sistemi di raccolta differenziata nelle cinque province. Del totale raccolto, però, solo la decima parte, pari a circa 60mila tonnellate è stata trattata entro i confini regionali, mentre le rimanenti 600mila tonnellate di forsu, causa mancanza di impianti, sono state spedite in altre regioni. Al Nord, in impianti in Veneto (40,2% della forsu “esportata”), Emilia Romagna (12,4%) e Lombardia (6,3%). Ma anche al Sud, in Puglia (18,4%) e Sicilia (7,6%). Attualmente trasportare e avviare a trattamento fuori regione una tonnellata di rifiuti organici costa in media circa 165 euro. Ciò significa che per smaltire fuori regione quello che in regione non si riesce a trattare, la Campania ha speso nel 2014 la bellezza di 99 milioni di euro. Costi che potrebbero essere abbattuti se la forsu venisse trattata entro i confini regionali, riducendo al tempo stesso l’impatto ambientale dei trasporti ed il rischio che gli stessi finiscano nelle mani di imprese poco trasparenti.
Proprio per questo il piano rifiuti varato nel gennaio del 2012 dall’ex Giunta regionale guidata da Stefano Caldoro prevedeva l’entrata in funzione entro i primi mesi del 2016 di undici impianti, tra centri di compostaggio e digestori anaerobici. Per tre di questi impianti, i centri di compostaggio di San Tammaro, Eboli e Giffoni Vallepiana, i cantieri erano già stati avviati dalla precedente Giunta regionale, quella guidata da Antonio Bassolino. Quattro mesi prima dell’approvazione del piano, nel settembre 2011, il governo Caldoro aveva stanziato 11 milioni per completarne la costruzione. Ad oggi, però, solo tre degli undici impianti previsti dal piano rifiuti risultano essere entrati in funzione: i due centri di compostaggio di Teora ed Eboli, ed il biodigestore di Salerno, per una capacità complessiva di trattamento di poco meno di 60mila tonnellate all’anno. Considerando anche i pochi impianti privati operanti in Campania e quelli autorizzati ma non ancora in esercizio, la capacità complessiva di trattamento in regione salirebbe, secondo recenti stime di Palazzo Santa Lucia, a 223mila tonnellate all’anno. Un terzo circa dell’effettivo fabbisogno di smaltimento, 160mila tonnellate in meno rispetto all’obiettivo imposto dall’Europa.
Che fine hanno fatto allora gli altri impianti previsti dal piano rifiuti, compresi quelli “cantierati” dalla Giunta Bassolino? Sono ancora tutti solo sulla carta, o quasi. Emblematico il caso dell’impianto di San Tammaro, un casermone in calcestruzzo e lamiera costruito nel 2007 con cinque milioni di euro in fondi europei, danneggiato durante l’emergenza rifiuti e mai entrato in funzione. Il piano regionale ne prevedeva l’apertura entro il 2013. Cosa che, però, non è mai avvenuta. A Giffoni Vallepiana, invece, le cose sono andate addirittura peggio. L’iter per la realizzazione dell’impianto di compostaggio in località Sardone, infatti, è partito ufficialmente nientemeno che nel 2004, e da allora annaspa nei mille rivoli della burocrazia, tra varianti di progetto, conferenze di servizi andate a vuoto e contenziosi con le ditte appaltatrici. “Tempo di consegna: giugno 2012”, si legge nel piano regionale rifiuti. Come no.
Sempre il piano varato dalla Giunta Caldoro prevedeva l’entrata in funzione entro i primi mesi del 2016 di sei digestori anaerobici nelle aree attualmente occupate dagli impianti di tritovagliatura ed imballaggio gestiti dalle cinque aziende provincializzate. A Santa Maria Capua Vetere, Tufino, Casalduni, Giugliano, Pianodardine e Battipaglia sarebbero dunque dovuti sorgere altrettanti impianti per il trattamento anaerobico della forsu, per una capacità complessiva di trattamento di 494mila ton. annue. Per mettere a punto i bandi di gara ed avviare in tempi rapidi l’iter per l’affidamento in concessione della costruzione e successiva gestione degli impianti, nel 2011 l’ex Governatore aveva proceduto alla nomina di ben 5 commissari, restati in carica fino a fine 2014. Tutti regolarmente stipendiati da Palazzo Santa Lucia, nessuno però capace di portare a termine il compito affidatogli. Ad oggi, nessuno dei sei biodigestori previsti dal piano è stato realizzato e solo per un impianto, quello di Giugliano, risulta espletata la gara d’appalto.
Un ritardo che sta costando milioni di euro in sanzioni europee e costi di trasporto fuori regione e che il Governatore Vincenzo De Luca, adesso, vuole a tutti i costi recuperare, tanto da inserire tra le priorità strategiche contenute nel Documento di Economia e Finanza Regionale (Defr) 2016, approvato martedì scorso dal Consiglio, proprio la costruzione degli impianti per il trattamento delle frazioni organiche. La realizzazione dei centri di compostaggio e biodigestione dovrebbe essere finanziata attingendo ai fondi europei del ciclo Por-Fesr 2014-2020, e sarà parte di un più ampio processo di “ridefinizione dei processi di governance, della pianificazione strategica e – si legge nel Defr – della razionalizzazione di strutture e servizi a supporto della rete impiantistica per la gestione integrata del ciclo”. Respinto invece un emendamento 5 Stelle al bilancio 2016-2018 (approvato nel corso della stessa seduta del Defr) che prevedeva interventi urgenti di ricognizione e completamento degli impianti di compostaggio esistenti ma mai entrati in funzione. A quanto si apprende, il Governatore avrebbe personalmente scelto di farlo confluire nel futuro piano rifiuti. Anche le priorità strategiche, sembra insomma voler dire De Luca ai pentastellati, devono rispondere alle leggi e ai tempi della politica.
L’urgenza, però, rimane. E così, nella more dell’annunciata revisione del piano rifiuti, lo scorso 4 dicembre con un decreto a sua firma l’ex sindaco di Salerno ha affidato ad una apposita struttura di missione il compito di svolgere tutte le attività necessarie ad accelerare l’iter per la costruzione degli impianti per il trattamento della forsu. Compito delicato, visto che alla task force toccherà anche e soprattutto vincere la resistenza delle comunità locali alla realizzazione di nuovi impianti sul territorio. Emblematico da questo punto di vista il caso di Alife, dove da mesi il consiglio comunale sta portando avanti la sua battaglia contro la costruzione di un mega impianto di biodigestione da 75mila tonnellate (già autorizzato in sede di Commissione regionale per la Valutazione d’Impatto Ambientale, sproporzionato ed inquinante secondo i contestatori). Senza dimenticare la levata di scudi a Napoli est contro l’impianto annunciato pochi giorni fa dalla giunta de Magistris.