La relazione annuale di Arera conferma la natura frammentaria del servizio di gestione dei rifiuti urbani, con riflessi anche sui costi di conferimento. Smaltire in discarica a Sud costa quasi la metà che al Nord
Frammentazione della governance, parcellizzazione del servizio, estrema variabilità dei costi di conferimento agli impianti di trattamento. È un processo di organizzazione territoriale “che risulta essere ancora largamente incompleto” quello del servizio di gestione dei rifiuti urbani, secondo quanto riporta l’autorità di regolazione Arera nell’ultima relazione annuale, presentata questa mattina alla Camera. Sono 7mila 843 i soggetti iscritti nell’anagrafica degli operatori di settore, dei quali solo 60 sono enti di governo d’ambito, mentre sono 3mila 762 gli enti territorialmente competenti responsabili della elaborazione dei piani tariffari, meno di uno ogni due comuni, a conferma del ritardo nella costituzione degli organi di governo del ciclo in forma associata. Una “frammentarietà della governance”, scrive Arera, che va di pari passo con la “significativa parcellizzazione del servizio”, con 7mila 608 operatori iscritti come gestori, solo il 2,1% dei quali accreditati per tutte le attività del ciclo.
Una polverizzazione che non agevola le economie di scala e lo sviluppo di gestioni industriali, e che si riflette nella “estrema variabilità” delle tariffe di conferimento agli impianti. Stando al monitoraggio condotto da Arera sulle tariffe di conferimento applicate nel 2019, per gli inceneritori di rifiuti urbani si va da un minimo di 84 euro a tonnellata a un massimo di 191 , con uno scarto minimo tra i 105 euro/tonnellata al Nord e i 113 al Centro e al Sud. Di gran lunga più frastagliata la dinamica dei prezzi per il conferimento in discarica, che al Sud, con 63 euro per tonnellata, costa quasi la metà che al Nord, con 102 euro, mentre il prezzo medio per tonnellata a livello nazionale risulta essere pari a 84 euro e il valore minimo registrato addirittura di 12 euro a tonnellata. Valori che risentono della diversa disponibilità di impianti sul territorio nazionale. Secondo Ispra, scrive Arera, nel 2019 risultavano operativi 37 impianti di incenerimento, a fronte di un numero di discariche quasi quattro volte superiore (131).
Smaltire in discarica i rifiuti insomma costa meno che trasformarli in energia, cosa che contribuisce a tenere l’Italia, con il suo 20% di ricorso allo sversamento negli invasi, lontana dal tetto massimo del 10% che l’Unione Europea impone di raggiungere entro il 2035. Un percorso al quale Arera punta a contribuire con il nuovo metodo di regolazione delle tariffe al cancello per gli impianti di chiusura del ciclo (discariche, inceneritori e impianti per il recupero dell’organico) introdotto nel corso del 2021 contestualmente all’approvazione del metodo tariffario per il secondo periodo regolatorio. “Un metodo che premia il ricorso a impianti di trattamento che valorizzino i rifiuti e penalizza il conferimento in discarica” ha spiegato il presidente di Arera Stefano Besseghini, in linea con il Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti, “strumento guida – ha detto – nell’implementazione delle nuove politiche nazionali in materia”.