Più rifiuti avviati a riciclo e recupero energetico, ma anche più scarti smaltiti in discarica. Questo il bilancio del lockdown per il settore della raccolta e avvio a riciclo degli imballaggi in plastica, secondo uno studio avviato da Corepla, consorzio nazionale per la raccolta il riciclo degli imballaggi in plastica, in collaborazione con la Fondazione Sviluppo Sostenibile. L’analisi ha rilevato un incremento dell’8% dei quantitativi di rifiuti di imballaggio in plastica gestiti da Corepla nel bimestre marzo-aprile 2020, in rapporto allo stesso periodo del 2019, in controtendenza rispetto alla riduzione dei consumi (-4%) e della produzione dei rifiuti urbani (-10/14%) del medesimo periodo. “La quarantena – si legge – ha indotto importanti modifiche nei comportamenti dei consumatori, che hanno privilegiato l’acquisto di generi alimentari imballati, incrementato gli acquisiti online e del cibo da asporto”.
L’aumento dei rifiuti da imballaggio in plastica però, unito alle restrizioni dei giorni del lockdown, ha messo in evidenza le carenze strutturali impiantistiche e del mercato nazionale delle materie prime seconde: da un lato la chiusura di alcuni settori operativi utilizzatori di materie prime seconde, dall’altro la saturazione della capacità disponibile negli impianti nazionali, hanno costretto il settore all’adozione di interventi d’emergenza “in assenza dei quali la filiera avrebbe rischiato la chiusura” si legge nello studio. E così sono aumentate le quantità di rifiuti di imballaggio destinate a riciclo in impianti esteri (+27%, ovvero 3mila tonnellate) così come quelle conferite a termovalorizzazione.
In alcuni casi, complici le forti difficoltà nella movimentazione delle merci e la ridotta capacita disponibile negli impianti di recupero energetico, il sistema è stato costretto a ricorrere, come ultima ratio, anche alla crescita del conferimento in discarica (circa 42mila tonnellate in più rispetto all’anno precedente). Un dato che si spiega anche in virtù del fatto che il blocco quasi totale del settore delle costruzioni ha fortemente ridotto l’utilizzo della porzione di imballaggi non riciclabili meccanicamente (Plasmix) come combustibile nei cementifici. Tale settore rappresenta il 75% circa dell’utilizzo del Plasmix.
Complessivamente, commentano gli autori dello studio, “il sistema ha dato prova di grande resilienza, riuscendo ad individuare soluzioni senza ulteriori ripercussioni sulla collettività per garantire lo svolgimento del servizio essenziale anche in un momento di enorme criticità” anche se restano pesanti deficit sul fronte impiantistico e su quello del mercato dei materiali da riciclo, rispetto ai quali “occorrerà lavorare di concerto con le istituzioni per evitare crisi future”.