Da domani in Ue sarà vietata la commercializzazione di prodotti monouso in plastica, ma in Italia manca il decreto di recepimento per dare attuazione al bando, con contraccolpi economici, giuridici e ambientali
Scatterà da domani la messa al bando in Ue di un lungo elenco di prodotti in plastica monouso, secondo quanto previsto dalla direttiva europea SUP (Single Use Plastic): bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande, aste per palloncini, ma anche tazze, contenitori per alimenti e bevande in polistirene espanso. Domani è anche il termine ultimo entro il quale l’Italia avrebbe dovuto recepire in via definitiva la direttiva nel proprio ordinamento e darle applicazione concreta. Ma il condizionale è d’obbligo, visto che al momento l’unica certezza è che tra meno di 24 ore metteremo piede in un autentico limbo giuridico, che a sua volta rischia di fare da preludio all’ennesima procedura europea d’infrazione. Perché del decreto legislativo che dovrebbe recepire la SUP, e stabilire in che modo il Paese dovrà adeguarsi ai dettami dell’Ue, ad oggi esiste solo una bozza, la cui discussione peraltro non risulta calendarizzata in Consiglio dei Ministri. Questo significa che anche se il divieto entrerà in vigore a livello europeo da noi non potrà trovare ancora applicazione concreta. Ma andiamo con ordine.
Adottata a giugno 2019 con l’obiettivo, scriveva la Commissione Ue, “di prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, in particolare quello marino” la direttiva SUP prevede tra le altre cose la messa al bando, a partire dal 3 luglio 2021, di prodotti monouso come bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande, aste per palloncini, ma anche tazze, contenitori per alimenti e bevande in polistirene espanso e tutti i prodotti in plastica oxo-degradabile. Si tratta dei prodotti monouso più diffusi, non solo nei nostri supermercati ma anche nei nostri mari e sulle nostre spiagge, tappezzate da Nord a Sud da rifiuti in plastica.
Per armonizzare l’applicazione della direttiva nei vari Stati membri, le linee guida approvate lo scorso 31 maggio dalla Commissione hanno chiarito che il bando dei beni in plastica monouso dovrà riguardare non solo quelli prodotti in tutto e per tutto con plastiche tradizionali, ovvero con polimeri di sintesi, ma anche quelli a base biologica e biodegradabile, come le bioplastiche compostabili, o i beni prodotti utilizzando anche solo in parte plastica tradizionale, come ad esempio i cosiddetti ‘poliaccoppiati’, piatti e bicchieri in carta o cartone foderati con un sottile strato impermeabilizzante di pellicola plastica. Una lettura, secondo molti commentatori desumibile già dal testo della direttiva approvata nel 2019, che ha fatto saltare dalla sedia (forse tardivamente) tanto il governo quanto una buona fetta dell’industria italiana: dai produttori di imballaggi monouso in cartone a quelli di prodotti biodegradabili e compostabili, settore nel quale l’Italia è leader mondiale di mercato.
Ed è proprio per tutelare le filiere industriali della bioeconomia che già nella legge di delegazione europea approvata lo scorso aprile dal Parlamento, che aveva dato mandato al governo di adottare entro il 3 luglio lo schema di decreto legislativo per il recepimento definitivo della SUP, si prevedeva la possibilità di continuare a immettere sul mercato prodotti in plastica biodegradabile e compostabile certificata laddove in assenza “di alternative riutilizzabili ai prodotti di plastica monouso”. Previsione che, se trasposta nell’atto di recepimento, porrebbe quest’ultimo in diretto contrasto con la direttiva Ue. Ecco perché di quel decreto legislativo ad oggi esiste solo una bozza, mentre nel frattempo il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani sta provando a strappare all’Ue un accordo su un recepimento ‘soft’, con deroga sulle plastiche bio e con metodi più agevolanti per il calcolo del contenuto di plastiche tradizionali negli imballaggi poliaccoppiati. E anche se nei giorni scorsi il ministro ha fatto sapere di avere trovato l’accordo con la Commissione Ue, a meno di 24 ore dalla scadenza il decreto legislativo di recepimento resta una bozza sulla sua scrivania.
Il risultato è che anche se da domani la commercializzazione dei prodotti in plastica monouso messi fuorilegge dalla direttiva sarà proibita in tutta l’Ue (ad eccezione dei lotti immessi sul mercato fino ad oggi) in Italia nessuno potrà dire quali prodotti specifici il divieto colpisca nè tanto meno come. Saranno salvi i piatti compostabili, come chiede il Parlamento, o anche di loro dovremo fare a meno, come chiarito invece dalle linee guida? Un clima d’incertezza che potrebbe portare con sè ripercussioni pesanti sia sul piano economico, per le filiere delle plastiche bio, che su quello giuridico, visto che il mancato recepimento della direttiva potrebbe di fatto portare all’apertura di una procedura d’infrazione. Senza dimenticare i contraccolpi sul piano ambientale, dal momento che l’eventuale stallo delle trattative tra Italia e Ue sulle plastiche compostabili rischierebbe di ostacolare la piena operatività nel nostro Paese del bando sui prodotti monouso in plastica tradizionale.