E se vi dicessimo che l’olio di semi usato per una frittura di pesce potrebbe diventare carburante? Non è fantascienza ma si tratta di un’operazione possibile. Gli oli vegetali e animali esausti possono essere trasformati in biocarburante. Già nel maggio scorso il Conoe, il consorzio nazionale che si occupa di raccogliere e trattare questi oli, aveva siglato un accordo con Eni per favorire e incrementare la raccolta degli oli vegetali che alimenteranno la bioraffineria Eni di Venezia e, dal 2018, quella di Gela.
La novità è che Eni ha firmato un accordo di collaborazione con Utilitalia, la federazione delle imprese energetiche idriche e ambientali di proprietà pubblica, e Conoe per incrementare la raccolta degli oli vegetali esausti prodotti dalle utenze domestiche dei dipendenti della società. Succederà quindi che i dipendenti porteranno gli oli esausti domestici nelle sedi operative e gli stabilimenti produttivi di Eni invece che, come da regola, nelle isole ecologiche.
Questo permetterà a Eni di siglare, con le diverse aziende di raccolta e gestione dei rifiuti che operano nelle città dove la società è presente, specifici accordi per l’installazione e gestione di sistemi di recupero degli oli. Alle aziende affiliate al Conoe sarà affidato il compito di raccogliere e trattare il rifiuto affinché possa essere inviato alla bio-raffineria di Venezia per la successiva trasformazione in HVO, componente bio del gasolio premium Eni Diesel +.
Questo accordo consentirà, tra le altre cose, di mettere in atto un circuito virtuoso di economia circolare che si chiude con la trasformazione degli oli esausti in biocarburanti di alta qualità. Il recupero degli oli alimentari usati permetterà di ridurre sensibilmente l’impatto sui sistemi di depurazione delle acque con benefici ambientali ed economici non indifferenti per i Comuni che intenderanno sostenerla.