I Comuni scrivono ad ARERA chiedendo che la riattivazione degli ‘impianti minimi’ non venga limitata solo al prossimo biennio, ma fatta risalire retroattivamente fino al 2021. E, in più, estendendola dagli impianti di chiusura del ciclo rifiuti anche agli impianti di selezione del multimateriale
Far valere la nuova regolazione tariffaria per gli ‘impianti minimi’ non da quest’anno e per il prossimo, ma retroattivamente già dalla data di entrata in vigore del Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti. O anche da prima. E in più allargarne il campo di applicazione anche alle strutture di selezione del multimateriale. Queste le principali richieste avanzate dai Comuni ad ARERA dopo la riattivazione del sistema di tariffe regolate per gli impianti non integrati di chiusura del ciclo rifiuti – organico, discariche e inceneritori – bocciato dal Consiglio di Stato perché ritenuto illegittimo. Le richieste, contenute in una nota ANCI dello scorso 13 febbraio, sono state illustrare ieri in occasione della costituzione del tavolo tecnico permanente con Regioni e autonomie locali sui nodi della regolazione. “È essenziale – ha commentato il delegato ANCI ai rifiuti Carlo Salvemini – in questa fase delicata e complessa del settore dei rifiuti evitare l’acuirsi delle disomogeneità territoriali impiantistiche oggi presenti e scongiurare gli aggravi economici per gli utenti del servizio rifiuti”. Non solo riattivando il sistema di tariffe regolate, come ARERA ha stabilito per il biennio 2024-2025, ma anche prevedendone l’applicazione retroattiva.
Dopo lo stop al sistema imposto dai giudici amministrativi, infatti, i gestori degli impianti che tra 2021 e 2023 erano stati qualificati come minimi, quindi privati del proprio potere di mercato e assoggettati a tariffe calmierate, hanno bussato alla porta dei Comuni per battere cassa. Ma gli enti locali “potrebbero non essere nelle condizioni di inserire tale conguaglio nei PEF con la conseguenza della mancata copertura degli extracosti conseguenti”. Un’incertezza che, dicono i Comuni, espone gli enti locali a contenziosi con i gestori degli impianti. Per questo ANCI chiede ad ARERA di non limitare al prossimo biennio la riattivazione del meccanismo, ora subordinato al Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti, ma “di consentire l’applicazione della regolazione delle tariffe di accesso agli impianti, non solo dalla approvazione del PNGR“, quindi dal 2022, “ma se necessario ancor prima, alla data in cui sono stati approvati i Piani Regionali ritenuti conformi dal PNGR stesso”. Salvando così anche le tariffe regolate disposte nel 2021 all’indomani dell’introduzione del sistema degli ‘impianti minimi’. Sempre nel caso in cui anche l’attribuzione della qualifica di ‘impianto minimo’ risultasse in linea con i parametri del Programma Nazionale, come stabilito da ARERA.
Oltre alla messa in sicurezza dei PEF le richieste dei Comuni puntano però anche a rafforzare il meccanismo di tariffe regolate, il cui effetto ‘calmierante’ secondo ANCI andrebbe esteso anche ad altri tipi di impianto non integrato. A partire dai centri di selezione degli imballaggi raccolti in maniera differenziata. “Abbiamo chiesto all’Autorità di estendere la regolazione non soltanto all’impiantistica a supporto della filiera dell’organico e quella della frazione secca residua – ha chiarito Salvemini – ma anche agli impianti di selezione dei rifiuti di imballaggio conferiti a seguito di raccolta multimateriale di vetro, plastica, metalli e, talvolta anche carta”. Secondo i Comuni, infatti, a causa dei deficit in alcune aree del Paese anche su questo segmento della filiera dei rifiuti urbani gli impianti “esercitano un potere negoziale simile a un monopolio”. Una condizione che, scrive ANCI, “ha un impatto importante anche sui corrispettivi netti attesi dalla raccolta differenziata in quanto i costi di selezione sono calcolati in detrazione o addirittura ad annullamento dei ricavi percepiti per la cessione dei rifiuti di competenza dei sistemi di compliance”. Una richiesta che va nella direzione di una ulteriore compressione degli spazi di libero mercato e che, di certo, non farà piacere alle imprese di settore.