Il Parlamento UE si prepara a votare la proposta di modifica al regolamento sulle spedizioni di rifiuti, chiedendo lo stop alle esportazioni di plastica. Le imprese del riciclo avvertono: “A rischio posti di lavoro ed economia circolare”
Il Parlamento europeo è pronto a chiedere la messa al bando delle spedizioni di rifiuti in plastica fuori dai confini dell’UE. Sarà discussa nella plenaria di lunedì prossimo la relazione della commissione ambiente dell’europarlamento con le proposte di emendamento alla riforma del regolamento sulle esportazioni di rifiuti presentata a novembre del 2021 dalla Commissione europea. Il testo, una volta approvato, costituirà la base dei negoziati con il Consiglio per arrivare alla versione definitiva del regolamento, che diventerà operativo a tre anni dall’entrata in vigore. Nelle intenzioni della Commissione la riforma dovrà riscrivere le regole delle esportazioni di rifiuti, per agevolare la circolazione dentro i confini dell’Unione e limitare invece le spedizioni verso Paesi terzi, soprattutto quelli non OCSE. L’obiettivo è quello di tagliare le movimentazioni, anche illegali, delle frazioni più problematiche, come gli scarti di plastiche miste, le batterie o i pezzi di apparecchiature elettriche ed elettroniche, promuovendo al tempo stesso lo sviluppo dell’industria europea del riciclo.
Una impostazione che ha incassato il plauso della commissione ambiente dell’europarlamento, che nella sua relazione (approvata lo scorso 1 dicembre) appoggia la proposta di Bruxelles di subordinare le esportazioni di tutti i rifiuti non pericolosi verso i paesi non OCSE alla richiesta ufficiale del Paese di importare rifiuti non pericolosi dall’UE e alla dimostrazione, tramite audit indipendenti, di poterli recuperare in modo corretto. La lista dei paesi autorizzati a importare, propone la relazione, dovrebbe essere aggiornata ogni anno. Pieno supporto anche alla proposta di un monitoraggio attento delle esportazioni verso i paesi OCSE e di una loro sospensione, in caso di mancanza di informazioni sulla sostenibilità del trattamento negli impianti di destino.
Sui rifiuti in plastica però la commissione ambiente chiede un ulteriore giro di vite, proponendo di proibire del tutto le esportazioni verso i paesi non OCSE e di arrivare entro quattro anni a eliminare anche quelle verso i paesi OCSE. Una misura che la relazione chiede di accompagnare con l’introduzione di obblighi di contenuto minimo di materia riciclata nei nuovi prodotti, “in particolare, ma non solo, per quelli fatti in plastica” si legge. Sul fronte delle spedizioni intra UE gli emendamenti della commissione ambiente puntano poi, tra l’altro, ad alleggerire ulteriormente il carico burocratico per le aziende e ad allentare la proposta di Bruxelles di uno stop alle spedizioni di rifiuti destinati allo smaltimento, prevedendo la possibilità di stabilire accordi multilaterali tra Stati membri per condividere la capacità degli impianti.
Al pari della proposta di Bruxelles, anche la relazione dell’europarlamento è stata duramente criticata dalle imprese del waste management e del riciclo. “L’approccio restrittivo annunciato dalla proposta della Commissione – scrive EuRIC in una nota – è stato rafforzato dalla relazione“, senza tuttavia che questa sia riuscita a scioglierne il nodo principale, ovvero la mancata distinzione tra rifiuti e materie prime seconde prodotte dal riciclo. “Non distinguendo tra rifiuti non processati e materiali riciclati in termini di esportazioni, l’UE non trasformerà il regolamento sulle spedizioni di rifiuti in uno strumento che stimoli la transizione verso un’economia più circolare e allontanerà ulteriormente il campo di gioco con le materie prime naturali, che non sono soggette a simili restrizioni”, chiarisce Emmanuel Katrakis, segretario generale di EuRIC.
I riciclatori temono contraccolpi pesanti soprattutto sui mercati della carta da macero e dei rottami, che rappresentano i tre quarti dei volumi di materia riciclata che finiscono fuori dall’UE. Su 32 milioni di tonnellate esportate nel 2020, infatti, 17 erano rappresentati dai rottami in ferro non assorbiti dalle acciaierie europee, che le imprese del riciclo hanno esportato soprattutto verso la Turchia (OCSE), mentre 7 erano carta da macero, inviata oltre che in Turchia anche in India e Indonesia (entrambi non-OCSE). “Più del 50% del fatturato di alcuni riciclatori dipende dalle esportazioni al di fuori dell’UE, semplicemente perché non c’è una domanda sufficiente in Europa” spiega l’associazione europea FEAD. In Irlanda, ad esempio, non ci sono cartiere né grandi fonderie di metalli, motivo per cui i mercati di sbocco dei materiali riciclati “sono principalmente al di fuori dell’UE (circa l’80 % delle esportazioni nel 2021), e in particolare in India nel caso della carta (quasi il 30 % delle esportazioni nel 2021)” chiarisce l’associazione.
Complessivamente, ricorda EuRIC, appena il 12% delle materie prime utilizzate dall’industria europea proviene dal riciclo. Secondo le imprese, senza una chiara distinzione tra materia riciclata e rifiuti, la chiusura dei canali dell’export in assenza di mercati di sbocco interni all’Unione provocherebbe il crollo delle quotazioni dei materiali riciclati per eccesso di offerta, con ripercussioni a cascata anche sulle attività di raccolta e trattamento dei rifiuti. “Molte aziende potrebbero dover chiudere – avverte FEAD – con perdite dirette e indirette di posti di lavoro”. E il rischio, paradossale, che i rifiuti un tempo riciclati possano finire invece in discarica o inceneritore, o addirittura nei canali del traffico illecito. Proprio quelli che la proposta di regolamento punta a drenare. “Se l’accesso ai mercati internazionali per I riciclatori europei verrà limitato – afferma Katrakis – i responsabili politici dovranno adottare rapidamente obiettivi di contenuto riciclato obbligatori per tutti i materiali inclusi metalli, carta, tessuti, pneumatici, non solo plastica e fissare l’adozione di criteri di cessazione della qualifica di rifiuto a livello dell’UE per i flussi per i quali tali criteri non sono ancora stati definiti nel diritto dell’UE. Definire chiaramente quando il rifiuto cessa di essere tale è di fondamentale importanza per premiare la qualità della materia prima materiali dal riciclaggio e rafforzare l’accesso al mercato all’interno dell’UE e oltre”.