Ci risiamo: sui destini delle imprese del riciclo torna ad allungarsi lo spettro di una misura che, nata per semplificare, potrebbe finire per rendere le cose più complesse di quanto non siano già. Il tema è quello dell’end of waste “caso per caso” e la misura è quella stralciata la scorsa settimana dal decreto semplificazione, rispetto alla quale gli operatori di settore avevano sollevato dubbi e perplessità, finita adesso invece tra gli emendamenti alla legge di bilancio in discussione al senato. Qualora venisse approvato, il provvedimento potrebbe tradursi in un autentico colpo di grazia per le imprese del riciclo, e per di più a poche settimane di distanza dall’adozione del pacchetto europeo di misure sull’economia circolare.
La controversa sentenza del Consiglio di Stato, infatti, ha avuto come effetto principale il blocco pressoché totale nel rilascio di nuove autorizzazioni al riciclo, mettendo a rischio quelle già esistenti e in via di scadenza. Questo perché ha stabilito che solo l’Unione europea e il Ministero dell’Ambiente possono emanare regolamenti end of waste, ovvero stabilire quando un rifiuto cessa di essere tale e diventa un prodotto. E visto che i tempi per l’adozione di un provvedimento di questo tipo sono lunghissimi e che al momento ne esistono solo una manciata, dalla data della sentenza tutto si è fermato, nessuna autorizzazione al riciclo viene rilasciata in assenza di uno specifico decreto end of waste, mentre le autorizzazioni già rilasciate non vengono rinnovate.
Uno stato di cose che, se l’emendamento presentato al senato venisse approvato, con l’entrata in vigore della legge di bilancio si prolungherebbe di almeno altri nove mesi. Nel testo, infatti, sebbene si specifichi che “i criteri specifici” possono essere stabiliti per il singolo caso “tramite autorizzazioni”, si subordina questa possibilità all’adozione di uno specifico decreto con il quale “entro il termine di nove mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare individua i criteri generali, concernenti un elenco di rifiuti con indicazione dei relativi codici EER ai fini del rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 5-bis, con particolare riferimento alle verifiche sui rifiuti in ingresso nell’impianto in cui si svolgono tali operazioni ed ai controlli da effettuare sugli oggetti e sulle sostanze che ne costituiscono il risultato”. Ciò significa che fino all’entrata in vigore del decreto “quadro” del Ministero dell’Ambiente nessuna nuova autorizzazione potrà essere rilasciata.
E anche per i nulla osta già rilasciati e da rinnovare le cose potrebbero ulteriormente complicarsi. Nell’emendamento infatti si specifica che “fino all’entrata in vigore del decreto”, “le Autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni” e cioè regioni e province, “verificano, sulla base delle risultanze dell’attività di controllo del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente” “la conformità delle autorizzazioni già rilasciate”, subordinando di fatto ad una lunga, e piuttosto fumosa, procedura ispettiva il rinnovo dei provvedimenti. Ma c’è di più. Perché nel testo si specifica che verranno considerate non conformi le autorizzazioni che risultino in contrasto con il decreto 5 febbraio 1998. Si tratta del decreto sul recupero agevolato, che sebbene abbia contributo in maniera sostanziale allo sviluppo del riciclo in Italia, oggi risulta però datato e non al passo con le nuove tecniche e tecnologie del riciclo. Eleggerlo a riferimento esclusivo nel processo di valutazione delle autorizzazioni equivarrebbe di fatto a una condanna a morte per tutti i processi di riciclo autorizzati singolarmente negli ultimi anni anche se non contemplati nel decreto.