Secondo il Consiglio di Stato lo schema di decreto end of waste sui rifiuti da costruzione e demolizione dev’essere valutato attentamente per scongiurare “effetti di forte riduzione” dei quantitativi avviati a recupero. Serve “proporzionalità” tra tutela ambientale ed economia circolare, scrivono i giudici, sollevando dubbi sui parametri per i controlli. Anpar: “Ora il Ministero riveda il decreto”
Un “doveroso invito” a valutare il “profilo di logicità e proporzionalità complessiva della manovra normativa” affinché “siano scongiurati effetti di forte riduzione dei quantitativi di rifiuti del genere in trattazione effettivamente avviati al recupero“. Il Consiglio di Stato invita il Ministero della Transizione Ecologica a “un’attenta valutazione” dello schema di decreto ‘end of waste’ sui rifiuti da costruzione e demolizione, in via di pubblicazione, che dovrebbe introdurre i criteri nazionali sulla cessazione della qualifica di rifiuto per la produzione di aggregati inerti derivanti dal riciclo degli scarti dell’edilizia e delle infrastrutture. Nel parere consultivo reso lo scorso 10 maggio, pur non sollevando rilievi sulla legittimità dello schema di decreto, il Consiglio ha infatti formulato una serie di osservazioni sulla “adeguatezza delle soluzioni prescelte rispetto alle finalità indicate dal legislatore”. Perché, scrivono i giudici, se è vero che per tutelare l’ambiente “è necessario prestare la massima attenzione alla qualità dei rifiuti in ingresso e degli aggregati recuperati prodotti” è altrettanto vero che il decreto non può non puntare a una “semplificazione, volta a favorire l’economia circolare, particolarmente urgente, forse, per questa tipologia di rifiuti”. Un “giusto equilibrio” tra le due dimensioni, si legge, che i giudici temono il decreto così com’è possa non riuscire a garantire.
Primo dei punti “rilevanti” individuati dal Consiglio quello relativo alla limitazione delle tipologie di rifiuto ammesse al ciclo di produzione dell’aggregato riciclato, con restrizioni per le macerie da terremoti e alluvioni e l’esclusione dei rifiuti abbandonati che “sembrerebbe imporre l’avvio in discarica di queste notevoli masse di materiali” si legge. Anche perché la previsione di un’autorizzazione “caso per caso” rilasciata dagli enti competenti alle imprese del riciclo per ricevere in deroga le tipologie di rifiuti escluse, scrivono i giudici, “richiede di essere precisata, riguardo alla sua specifica base giuridica“. Ma a suscitare i dubbi dei giudici amministrativi sono soprattutto i nuovi parametri per i controlli da effettuare sugli aggregati inerti da riciclo. Soprattutto quelli relativi ai limiti massimi di concentrazione per cloruri e solfati che potrebbero avere “un’incidenza non marginale sull’efficacia applicativa della nuova disciplina”. “Pur trattandosi di parametri che hanno una potenziale incidenza sulla salute umana e sull’ambiente, per i quali, dunque, appare ragionevole assumere posizioni di assoluta prudenza, resta aperta l’esigenza di un’attenta valutazione, da parte dell’Amministrazione, degli effetti concreti di tali limiti prudenziali sull’efficacia del meccanismo di economia circolare attivato dalla presente regolamentazione”, avverte il Consiglio di Stato, “affinché siano scongiurati effetti di forte riduzione dei quantitativi di rifiuti del genere in trattazione effettivamente avviati al recupero“
Considerazioni alla luce delle quali l’associazione nazionale dei produttori di aggregati riciclati, Anpar, chiede che il decreto predisposto dal Ministero della Transizione Ecologica “sia da esso rivisto in base alla logica di proporzionalità tra il mezzo ed il fine che il Consiglio di Stato ha fatto propria, e in particolare che siano rivisti i limiti dei parametri soprattutto in funzione della destinazione d’uso a cui i materiali che hanno cessato di essere rifiuti sono destinati, anche in linea con le scelte adottate da altri Paesi europei”. Secondo Anpar i limiti massimi di concentrazione per sostanze come solfati o idrocarburi policiclici aromatici sarebbero “eccessivamente restrittivi, e determinati come se gli aggregati recuperati dovessero essere impiegati esclusivamente su suoli agricoli o destinati a verde pubblico, un utilizzo che oggi invece rappresenta solo il 5% del complessivo impiego dei materiali ottenuto dal riciclo, a fronte di oltre il 90% di utilizzo in edilizia o nelle opere infrastrutturali”. Limitazioni che secondo l’associazione rischiano di tradursi nel blocco delle attività, con un crollo delle percentuali di riciclo, attualmente intorno all’80%, e un’impennata delle quantità avviate a discarica. Il regolamento è stato notificato alla Commissione Europea lo scorso 14 marzo e potrà essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale dopo i canonici novanta giorni di ‘stand still’. L’intenzione del Ministero della Transizione Ecologica è quella di pubblicarlo entro il 30 giugno, in linea con la scadenza fissata dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che inserisce l’adozione del provvedimento tra le milestone per l’anno in corso.