All’Europa dei rifiuti servono politiche più ambiziose che diano un taglio netto ai conferimenti in discarica e allo spreco di risorse, per spingere sul riciclo e accelerare la transizione verso modelli di sviluppo economico basati sul recupero di materia dagli scarti. Questo in sostanza il messaggio fatto recapitare alle istituzioni Ue, Consiglio e Commissione in testa, dai membri dell’europarlamento, che nella seduta di oggi hanno votato e approvato le quattro proposte di direttiva su rifiuti, imballaggi, discariche, veicoli a fine vita, rifiuti elettrici e pile e accumulatori contenute nel pacchetto di misure per l’economia circolare. E non nella versione presentata a dicembre 2015 dalla Commissione europea, ma in quella licenziata lo scorso gennaio dalla Commissione Envi del Parlamento Ue sulla base degli emendamenti proposti dall’eurodeputata italiana Simona Bonafè, che hanno rivisto al rialzo i target su riciclo e conferimenti in discarica proposti originariamente dall’esecutivo guidato da Jean Claude Juncker. Recuperando di fatto quelli contenuti nel primo pacchetto europeo per un’economia circolare, presentato a luglio 2014 dall’ex Commissario Josè Barroso e cestinato qualche mese dopo, tra le polemiche, dallo stesso Juncker.
«Siamo partiti da una buona proposta, quella della Commissione – ha detto Bonafè in aula – proposta che abbiamo migliorato soprattutto su due livelli principali: prevenzione della generazione dei rifiuti e sviluppo di un mercato efficiente dei materiali riciclati. Chiaramente il prerequisito per avere un mercato delle materie prime seconde efficiente è la raccolta differenziata di qualità, che noi abbiamo esteso con l’obbligo della raccolta di rifiuto organico. Stiamo però parlando – ha aggiunto – del 7% dei rifiuti totali ed è chiaro che se vogliamo chiudere il cerchio dobbiamo prendere in considerazione anche i rifiuti industriali e commerciali. Abbiamo davanti una sfida che richiede un cambio profondo di paradigma e il coinvolgimento di tutti gli attori, non solo istituzionali ma anche le imprese e consumatori».
I testi approvati oggi dalla plenaria di Bruxelles fissano al 60% entro il 2025 ed al 70% entro il 2030 gli obiettivi di riciclo dei rifiuti urbani (nella proposta della Commissione il target era 65% al 2030) mentre per gli imballaggi si fissano obiettivi al 70% entro il 2025 ed all’80% entro il 2030 (la Commissione proponeva invece 65% al 2025 e 75% al 2030). In più è stata chiesta l’adozione di un ambizioso, seppur volontario, target di riduzione dello spreco alimentare del 50% entro il 2030 e di riduzione dei conferimenti in discarica del 25% al 2025 e del 5% al 2030, a differenza della versione proposta dalla Commissione Juncker, che fissava al 2030 un target massimo del 10% di smaltimento in discarica. La versione approvata dall’aula propone inoltre la raccolta differenziata obbligatoria del bio-waste per tutti gli Stati membri entro il 2020, fissando un target «almeno del 65% di riciclo entro il 2025». Eliminata inoltre dal pacchetto economia circolare la limitazione per cui i sistemi di raccolta differenziata – dell’organico, ma anche della carta, della plastica, del vetro e dei metalli – debbano realizzarsi solo laddove sia «tecnicamente, economicamente ed ambientalmente praticabile».
Sarà questa la proposta che l’aula porterà al trilogo, ovvero il negoziato a tre con Commissione e Consiglio per giungere all’approvazione definitiva delle direttive. Negoziato che si annuncia già come una guerra di numeri, visto che sui target, a differenza del Parlamento, le altre istituzioni Ue sceglieranno molto probabilmente di puntare al ribasso. A partire dalla Commissione. «Ho preso nota degli ambiziosi target proposti dal Parlamento – ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans – ma ritengo che le nostre proposte rappresentino un migliore equilibrio, fissando obiettivi che siano sì delle sfide, ma al tempo stesso raggiungibili da parte degli Stati membri».
Oltre alle resistenze dell’esecutivo, deciso a difendere la sua proposta originaria, il Parlamento dovrà affrontare anche quelle del Consiglio (che raccoglie i ministri dell’ambiente dei Paesi dell’eurozona). Secondo indiscrezioni trapelate nelle scorse settimane, infatti, i rappresentanti degli Stati membri riterrebbero troppo ambiziosi gli obiettivi proposti oggi dall’aula. E i mal di pancia non riguarderebbero solo i Paesi in ritardo sul fronte del riciclo e della riduzione dei conferimenti in discarica, ma anche Stati ben più virtuosi. Come la Germania, che non ha mai nascosto il timore che l’entrata in vigore del metodo unificato di calcolo delle quantità di rifiuti avviati a riciclo – contenuto nel pacchetto economia circolare – possa comportare un drastico calo delle sue percentuali. Cosa che costringerebbe la green economy teutonica a faticare, e non poco, per allinearsi ai nuovi target Ue. Tanto più se questi fossero fissati sui livelli ambiziosi chiesti oggi dal Parlamento. Insomma, con il voto di oggi l’approvazione del pacchetto economia circolare è un passo più vicina, ma la strada resta tutta in salita.