ROMA. Sono poco meno di 80 i milioni di euro fin qui versati dall’Italia nelle casse della Commissione Europea per i ritardi nella bonifica delle discariche abusive oggetto della procedura d’infrazione 2077 del 2003, giunta lo scorso 2 dicembre ad una seconda sentenza di condanna da parte della Corte di Giustizia UE. Tra sanzione forfettaria e multe semestrali per i ritardi nell’adeguamento ai contenuti della sentenza, l’annosa questione delle discariche abusive è già costata allo Stato la bellezza di 79 milioni e 800mila euro. Un conto che tra qualche settimana potrebbe farsi ancora più salato.
Accogliendo le osservazioni della Commissione Europea, i Giudici di Strasburgo avevano condannato l’Italia per non aver bonificato 200 sversatoi abusivi, distribuiti in varie regioni da nord a sud della Penisola. A febbraio del 2015 l’Italia aveva già pagato 40 milioni di euro a titolo di sanzione forfettaria, alla quale la sentenza di condanna prevede debbano aggiungersi penalità per un massimo di 42 milioni 800mila euro per ogni sei mesi di ritardo nelle operazioni di bonifica e messa in sicurezza dei siti. Importo al quale, chiarisce la sentenza, potranno essere detratti 400mila o 200mila euro per ogni discarica messa a norma, a seconda che siano presenti o meno rifiuti pericolosi.
Il primo semestre è scaduto lo scorso 2 giugno e la Commissione Europea, dopo aver esaminato la documentazione presentata dalle Regioni al Ministero dell’Ambiente nel tentativo di dimostrare l’avvenuta messa a norma di 52 sversatoi, ha notificato all’Italia una nuova ingiunzione di pagamento, stavolta per un ammontare di 39 milioni 800mila euro. Una riduzione di appena 3 milioni sull’importo massimo che, come ha spiegato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti nel corso di un question time al Senato, è da attribuirsi al riconoscimento della messa a norma per 15 discariche di rifiuti solidi urbani. Per gli altri 39 casi segnalati come risolti, invece, la Commissione ha ritenuto non sufficiente la documentazione fornita.
Il conto dei siti da bonificare resta insomma fermo a quota 185, mentre si avvicina la scadenza del prossimo 2 dicembre, data della seconda verifica semestrale. Difficile prevedere quale possa essere l’importo della nuova sanzione. Quel che è certo è che la sanzione arriverà, perchè, nonostante le bacchettate di Bruxelles, gli interventi di bonifica e messa in sicurezza continuano a procedere a rilento. Un ritardo pesante, fin qui costato decine di milioni di euro, contro il quale adesso Palazzo Chigi prova a correre ai ripari. “È stato trasmesso alle Regioni un format – ha spiegato Galletti – per facilitare la raccolta delle informazioni trasmettere alla Commissione. Il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato incaricato dal Presidente del Consiglio della funzione di cabina di regia delle attività”. A pagare le sanzioni, ha ricordato Galletti, saranno in ogni caso le amministrazioni locali inadempienti, alle quali resta solo una manciata di settimane per mettersi in regola prima di vedersi piombare sul capo la nuova tegola da Bruxelles. “Nel corso della riunione del 30 settembre presso la Presidenza del Consiglio – ha aggiunto il Ministro – si è convenuto sull’opportunità di diffidare tutte le amministrazioni locali e regionali a realizzare gli interventi nel più breve tempo possibile, paventando l’ipotesi dell’attivazione dei poteri sostitutivi”. Che tradotto vuol dire bonifica o commissariamento. Una misura che, anche se arrivasse, difficilmente potrebbe scongiurare l’arrivo di nuove sanzioni.
Ma cosa frena le operazioni di risanamento dei siti condannati dall’UE? Una delle ragioni del ritardo sta nel fatto che, nella maggior parte dei casi, soggetti attuatori degli interventi sono i Comuni nel cui territorio ricadono le discariche non a norma. Questo significa che spetta a loro predisporre i piani per le analisi di rischio, le caratterizzazioni, la messa in sicurezza o la bonifica dei siti. Procedure complesse per le quali, molto spesso, gli uffici tecnici delle amministrazioni comunali non sono adeguatamente attrezzati. Morale della favola: i progetti tardano ad arrivare sul tavolo delle Conferenze di Servizi, le gare d’appalto pubbliche non partono, i ritardi si accumulano nell’eterno rimpallo di responsabilità tra Comuni, Province e Regioni. Tra dicembre e gennaio, quando arriverà la nuova ingiunzione semestrale di pagamento dall’UE, spetterà agli stessi enti locali pagare il conto salato dello scaricabarile delle bonifiche.