Secondo uno studio IPSOS per l’87% dei cittadini fare la raccolta differenziata è indice di senso civico. Pagnoncelli: “Conai ha svolto un ruolo fondamentale, ma la transizione ecologica resta un percorso lungo e complicato”
La raccolta differenziata e il riciclo come pilastri della transizione ecologica. L’economia circolare come cambio di paradigma indifferibile, sollecitato in tutta la sua urgenza dall’emergenza climatica e, nelle ultime settimane, anche dalla crisi delle materie prime, energetiche ma non solo. Una sfida che cittadini e imprese italiane stanno dimostrando di poter cogliere. “Alla fine degli anni ’90 le nostre ricerche mostravano un’attitudine un po’ blanda alla corretta gestione dei rifiuti. Era più che altro un fastidio – spiega Nando Pagnoncelli, presidente dell’istituto IPSOS – oggi invece l’87% dei cittadini è convinto che fare la raccolta differenziata sia indice di senso civico”. E il 40% sostiene di conoscere i principi dell’economia circolare, dichiarandosi disposto a impegnarsi attivamente nella raccolta differenziata. Sono i dati di un recente studio di IPSOS a sottolineare quanto la cultura del riciclo sia ormai radicata nelle abitudini degli italiani. “In questi anni abbiamo monitorato la percentuale di italiani che effettuano la raccolta differenziata per i diversi tipi di materiali – racconta il presidente di IPSOS – per molti di questi oggi siamo sopra il 90%. Il tema della sostenibilità ha un motore etico, ma è anche legato alla paura per il futuro del pianeta – dice – per gli italiani la raccolta differenziata diventa un comportamento che può aiutare a contenere gli effetti del cambiamento climatico”.
Secondo Ispra, nel nostro Paese la raccolta differenziata è passata dal 9,4% del 1997 al 63% del 2920. Ad accompagnare i cittadini nella progressiva presa di coscienza dei benefici ambientali, ma anche economici, del riciclo i consorzi di filiera del sistema Conai che, nati proprio nel 1997 dalle pagine del famigerato ‘decreto Ronchi’, quest’anno festeggiano il quarto di secolo di attività. “All’epoca solo 3 imballaggi su 10 venivano avviati a riciclo – sottolinea il presidente di Conai Luca Ruini – oggi sono più di 7 su 10 quelli che tonano a nuova vita. Siamo secondi in Europa per quantità di imballaggi pro capite raccolti in maniera differenziata”. Alle spalle del solo Lussemburgo e prima della Germania. I dati più recenti dicono che nel 2020, nonostante la pandemia, sono state riciclate oltre 9 milioni di tonnellate di packaging post consumo, pari al 73% dell’immesso a mercato, ben oltre il target europeo del 65% al 2025. Centrati con ampio anticipo anche i singoli obiettivi per i vari materiali a eccezione della plastica. “Gli obiettivi sono sempre più ambiziosi – dice Ruini – soprattutto per il mondo della plastica, anche alla luce dell’entrata in vigore della direttiva ‘SUP’. Ma il sistema – garantisce – saprà rispondere alla sfida, e la risposta sarà tutta italiana”.
In 24 anni, spiega Conai, sono 73 i milioni di tonnellate di imballaggi a fine vita gestiti dai consorzi di filiera, mobilitando oltre 11 miliardi di euro, tra contributi ai comuni e finanziamenti alle attività di selezione, riciclo e recupero. “Riciclare significa risparmiare energia e materie prime – commenta l’On. Tullio Patassini – e quindi fare del bene a un sistema imprenditoriale che da sempre opera in un paese povero di risorse. Il riciclo è un must italiano, un’eccellenza capace di fare scuola in Europa e nel mondo”. Tanto più oggi che c’è da dare risposta alla crisi del mercato delle materie prime, sconvolto dalla ripartenza post covid prima e dal conflitto ucraino poi. “Come tutte le crisi, anche quelle di questi giorni possono accelerare processi già in corso – spiega il direttore generale di Ispra Alessandro Bratti – sul recupero di materia dai rifiuti l’Italia ha una buona base e può accettare la sfida dell’innovazione”. “La storia di Conai è una storia di successo – aggiunge l’On. Chiara Braga – bisogna continuare a lavorare in questa direzione, con strumenti normativi e regolatori che sappiano sviluppare appieno le potenzialità del sistema”.
Ma serve anche continuare a lavorare sul piano della conoscenza e della consapevolezza. La strada della transizione ecologica resta irta di ostacoli, spiega IPSOS, secondo cui consumatori e imprese non appaiono del tutto consapevoli delle infinite implicazioni del cambio di paradigma. Il 51% dei cittadini, ad esempio, continua a chiedere che gli impianti per il riciclo si collochino a oltre 10 km dalla propria abitazione. Solo il 16% dei consumatori è disposto a riconoscere più del 10% in più per l’acquisto di un prodotto sostenibile. Appena il 37% delle imprese è consapevole del futuro vincolo per l’accesso al credito legato ai criteri di sostenibilità. “L’educazione su questi temi non è un fenomeno da interrompere solo perché oggi i cittadini sono più attenti – spiega Pagnoncelli – siamo di fronte a un processo lungo e complicato, che non è semplice e che vedrà vincitori e vinti“.
La transizione insomma non sarà un pranzo di gala e il rischio, avverte IPSOS, è che il processo possa diventare impopolare. “Bisogna far si che i cittadini lo accompagnino anche accettando interventi selettivi a favore delle categorie più penalizzate dalla transizione. Il Conai – aggiunge – ha dato un contributo fondamentale alla diffusione della consapevolezza tra i cittadini e nel prossimo futuro, grazie alla sua credibilità e autorevolezza, potrà ritagliarsi un ruolo importante“. Continuando l’attività di ‘education’ con cittadini, parti sociali e mondo associativo, e favorendo il processo di formazione delle competenze in sinergia con le università e la pubblica amministrazione. Ma anche facendo da pungolo nei confronti del legislatore “per fare in modo che il processo proceda con continuità nonostante i rischi di inciampo e le difficoltà”, conclude Pagnoncelli.