Dal 1 gennaio 2025 stop all’invio di raee in paesi non OCSE e procedure più rigide per le spedizioni verso paesi OCSE. Per le movimentazioni a recupero intra Ue varrà la ‘lista verde’ ma solo fino al fine 2026, poi si passerà alla procedura PIC. Lo prevedono due atti delegati adottati dalla Commissione, che hanno messo in agitazione il mondo del riciclo
Nuova stretta alle movimentazioni di rifiuti elettrici ed elettronici: a partire dal prossimo 1 gennaio stop alle spedizioni verso i paesi non OCSE e procedure più rigide per l’invio a recupero in paesi OCSE, mentre per gli scambi tra paesi Ue si andrà avanti con le attuali procedure semplificate, ma solo per i raee non pericolosi avviati a recupero e solo fino alla piena applicazione del nuovo regolamento europeo sulle spedizioni di rifiuti. Sono queste le principali modifiche alla disciplina europea sulle movimentazioni transfrontaliere introdotte dall’Ue con due atti delegati, adottati lo scorso 18 ottobre dalla Commissione e ora al vaglio del Consiglio e del Parlamento, che avranno due mesi per valutarli e formulare eventuali obiezioni.
I due provvedimenti, che modificano l’attuale regolamento europeo e la sua versione riformata – applicabile dal 21 maggio 2026 – sono stati adottati da Bruxelles in risposta alle ultime evoluzioni della Convenzione di Basilea che dal 1989 regola le movimentazioni internazionali di rifiuti pericolosi. A giugno del 2022, infatti, la quindicesima conferenza delle parti ha scelto di estendere il perimetro della Convenzione anche a tutti i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, pericolosi e non, con l’obiettivo di assoggettarli a un controllo più serrato e prevenire così l’esportazione verso paesi non dotati di sistemi di trattamento adeguati sotto il profilo ambientale e sociale.
Nello specifico, l’atto delegato che interviene sul regolamento attualmente in vigore imporrà già dal 1 gennaio 2025 lo stop all’invio di raee verso paesi non OCSE, mentre le spedizioni destinate a recupero verso paesi OCSE dovranno essere sottoposte al regime della notifica e approvazione PIC. Una stretta che interesserà anche le movimentazioni tra Stati Ue, con la sola eccezione dei raee non pericolosi diretti a recupero, per i quali si andrà avanti in via transitoria con l’attuale regime semplificato, quello della cosiddetta ‘lista verde’, che verrà mantenuto fino al 31 dicembre 2026, quando sarà nel frattempo già scattata la piena applicazione del nuovo regolamento. A quel punto anche per gli scambi tra Stati Ue si passerà alla più complessa procedura PIC.
Il via libera di Bruxelles al periodo transitorio per le movimentazioni intra Ue recepisce solo in parte gli appelli degli operatori del recupero, che nelle scorse settimane avevano lanciato l’allarme per gli aggravi burocratici ed economici che saranno determinati dall’applicazione del regime PIC agli scambi tra Stati membri. Una procedura lunga e complessa. Secondo le associazioni Eurometaux ed EuRIC, nello specifico, oggi “i tempi per ottenere una nuova notifica sono in media di 3-6 mesi e possono arrivare fino a 1 anno” e con l’entrata in vigore del nuovo regime, per le aziende del riciclo “in media la quantità di notifiche aumenterà fino a 150 volte“. Il rischio, secondo le associazioni, è quello di un aggravio di “tempo e costi” che finirebbe per compromettere l’obiettivo di creare un mercato unico dei rifiuti riciclabili indicato come prioritario tanto nel programma politico della nuova Commissione Ue quanto nel rapporto sulla competitività messo a punto dall’ex presidente della BCE Mario Draghi.
Ai timori delle associazioni per un incremento del carico burocratico la Commissione ha risposto garantendo che entro il maggio 2026 sarà operativo il nuovo sistema digitalizzato di gestione degli adempimenti, che dovrebbe semplificare le procedure, rendendole completamente telematiche e centralizzandone il controllo. Cosa che, tuttavia, non basta a scongiurare del tutto il rischio di una perdita di competitività da parte dei riciclatori Ue. Tanto più che al termine della conferenza delle parti non è stato raggiunto un accordo per l’adozione di emendamenti alla Convenzione di Basilea e che quindi la decisione sui raee, al momento, non è vincolante verso tutti i Paesi. Ciò significa che ognuno, se vorrà, dovrà fare da sé. Ma c’è chi si è già messo di traverso, come il Giappone, che è uno dei principali importatori globali di rifiuti elettronici e che non a caso è tra i quelli che si sono opposti alla modifica della Convenzione. Cosa che “ci rende ancora più preoccupati che quantità di rifiuti elettronici possano essere intercettate da altri attori extra-Ue”, scrivevano infatti EuRIC ed Eurometaux. Con ripercussioni anche sulla corsa al recupero delle materie prime critiche, visto che entro il 2030 l’Ue dovrà sostituire con risorse derivanti dal riciclo almeno il 25% dei minerali strategici utilizzati dall’industria.