Il Ministero dell’Ambiente ha finalmente risposto alla richiesta di trasmissione del nuovo schema di decreto ministeriale per la regolamentazione del Sistri sottoposto lo scorso dicembre al Consiglio di Stato.
In attesa del parere della magistratura amministrativa a richiedere la consultabilità del testo era stato il Parlamento nella sede dell’Ordine del Giorno del 10 febbraio scorso: a farlo sapere è l’On. Piergiorgio Carrescia, autore della richiesta approvata nel suddetto Odg, attraverso una nota nella quale precisa che – tra l’altro – nel trasmettere il testo il Ministero ha erroneamente citato un’altra richiesta in materia di Sistri avanzata nel scorso del medesimo ordine del giorno da parte della deputata Patrizia Terzoni.
È sulla questione dei contributi che Carrescia pone l’accento: «Non posso tacere la delusione, per usare un eufemismo – si legge nella nota – per il contenuto del decreto relativamente alla contribuzione annuale. In sostanza si prevede (art. 2) che si procederà ad una revisione dell’entità dei contributi ma (art. 7) che la copertura degli oneri derivanti dalla costruzione e dal funzionamento del SISTRI è a carico degli operatori mediante il pagamento del contributo annuale indicato nell’All. 1 che è invariato rispetto a quello attuale». «Mi auguro – conclude Carrescia – che il testo definitivo possa correggere quanto di non condivisibile contiene lo schema di decreto».
In altre parole gli oneri per la costituzione e il funzionamento del Sistri continueranno ad essere coperti dal contributo annuale versato dagli operatori iscritti esattamente come già avviene, il che vuol dire che oltre ai costi di gestione, tutte le spese per la realizzazione del nuovo sistema – così come è stato per quello mai funzionante e che però i contribuenti hanno abbondantemente pagato con i loro versamenti – verranno a pesare sulle tasche delle imprese. Ancora una volta.
Per questo e per molti altri aspetti da una lettura dello schema di decreto non sembrano emergere novità rispetto ai precedenti regolamenti: nessun passo indietro sulla Campania e neppure sono stati modificati gli importi dei contributi stessi, che restano invariati per tutte le categorie di operatori obbligati. Il testo appare come un sostanziale riordino del regolamento stesso con il principale obiettivo di mandare in soffitta il decreto 52 del 18 febbraio 2011 e le successive modificazioni a partire da quelle operate mediante il decreto 219 del 10 novembre 2011.
Qualcosa però c’è, ma il nodo del testo sta tutto nell’articolo 2, attraverso il quale si rimanda ad “uno o più decreti” ministeriali successivi per definire sostanzialmente qualsiasi cosa, a partire dalle modalità di iscrizione propedeutiche all’attività degli operatori stessi. Pare un modo per prendere tempo alla luce di un’innovazione che tarda a concretizzarsi in attesa che le procedure previste dal bando vengano ultimate. Per la prima volta, però, si legge nero su bianco dell’abbandono (tra le altre cose) delle black box e dei dispositivi USB. All’articolo 23 comma 3 del testo si legge infatti dell’abbandono – appunto – di tale tecnologia in attuazione delle semplificazioni previste quali obiettivo del bando Consip (come da art.11 comma 9bis della legge 101/2013, per le cui ulteriori finalità si fanno garanti gli altri punti dell’art.23 del regolamento). Nel frattempo viene affidata ancora una volta agli uno o più decreti previsti da quell’articolo 2 la definizione dei termini e delle modalità per sospendere gli obblighi di installazione e utilizzo di token e black box.