Rifiuti urbani, frammentazione e gap impiantistico penalizzano il Sud

di Redazione Ricicla.tv 04/06/2024

Il settore dei rifiuti urbani è ancora troppo frammentato. L’assenza di gestioni industriali, soprattutto al Sud, frena la corsa dell’Italia verso gli obiettivi europei di circolarità, con deficit di trattamento e costi elevati a carico dei cittadini. La fotografia scattata da Utilitatis nell’ultimo Green Book. “Servono regole certe – dice il presidente Mario Rosario Mazzola – ARERA fondamentale per tracciare la strada”


Nel 2022 l’Italia ha avviato a recupero di materia il 49,2% dei rifiuti urbani prodotti, percentuale in crescita di 1,1 punti sull’anno precedente. Cresce anche la raccolta differenziata, che nel 69% dei comuni ha superato l’obiettivo del 65% e che a livello nazionale intercetta in media il 65,2% dei rifiuti prodotti. Fin qui tutto bene. Il problema però è che nel frattempo, anche se la differenziata cresce, si allarga il gap tra raccolta ed effettivo riciclo e questo tiene l’Italia lontana dall’obiettivo europeo del 55% di recupero di materia (o preparazione al riutilizzo) al 2025 e ancora più distante da quello del 65% al 2035. In più, lo smaltimento in discarica continua a pesare per il 17,8% dei rifiuti totali, quasi il doppio del target del 10% al 2035. Serve un cambio di passo, e serve imprimerlo accelerando l’evoluzione in chiave industriale dei servizi di gestione su tutto il territorio nazionale, spiega fondazione Utilitatis nel suo ultimo Green Book. Fotografia di un comparto in crescita, con un fatturato di 13 miliardi di euro nel 2022, ma frenato soprattutto al Sud da ritardi sia sotto il profilo della governance che delle infrastrutture di trattamento, con ridotti benefici ambientali e costi ulteriori a carico dei cittadini.

Per ridurre il gap tra raccolta e riciclo e lo smaltimento in discarica serve migliorare l’erogazione dei servizi di raccolta differenziata “al fine di garantire la produzione di flussi di elevata qualità”, si legge nel rapporto, ma serve anche aumentare la disponibilità di impianti di trattamento sul territorio nazionale. Su questo fronte l’organico e l’indifferenziato restano le due frazioni per le quali sono maggiori i deficit. Per la forsu, nello specifico, anche se il PNRR darà un contributo importante all’apertura dei nuovi impianti, spiega il rapporto, per raggiungere gli obiettivi al 2035 l’Italia avrà bisogno di una capacità ulteriore di 1 milione di tonnellate tra Centro e Sud, mentre il fabbisogno di trattamento a recupero energetico, indispensabile per tagliare i conferimenti in discarica, ammonta a circa 2,5 milioni di tonnellate. A differenza dell’organico, tuttavia, su questo fronte l’unico impianto all’orizzonte resta quello di Roma, che da solo consentirà a dimezzare il fabbisogno dell’intero Mezzogiorno.

Il rilancio del Sud, chiarisce Utilitatis, non può prescindere da una “governance adeguata e con un approccio operativo”, ma al momento in diverse regioni del Centro e del Sud il processo di riordino su base territoriale risulta incompleto o presenta criticità. In Regioni come Lazio, Molise, Campania, Calabria, Sardegna e Sicilia l’organizzazione in forma associata, con le competenze affidate agli enti di governo, stenta a prendere piede. Un ritardo che si riflette anche nella frammentazione sia verticale che orizzontale della gestione, con affidamenti che, soprattutto nelle aree centro meridionali del paese, raramente superano la dimensione comunale e ancor più raramente interessano più segmenti del ciclo integrati lungo la filiera.

Un carattere, quello della frammentazione gestionale, particolarmente accentuato a Sud ma che accomuna in realtà l’intero paese: sulle 2mila 816 gare monitorate tra 2014 e 2023 dall’osservatorio sui bandi di Utilitatis, il 58% sono gare per i servizi di raccolta, il 23% riguarda l’affidamento dell’intero ciclo integrato mentre il 19% è relativo all’affidamento per il recupero o smaltimento dei rifiuti. In termini dimensionali, l’87% dei bandi analizzati prevede l’affidamento del servizio per un solo Comune. Al Sud, nello specifico, il 75% degli affidamenti ha una durata inferiore ai 5 anni, condizioni tutt’altro che adeguate a mobilitare investimenti in efficienza, efficacia e circolarità della gestione. Un ritardo che oltre a mettere a rischio il raggiungimento degli obiettivi Ue continua a pesare sulle tasche dei cittadini. A causa del maggiore costo principalmente sostenuto per il trasporto dei rifiuti verso impianti fuori regione ed esteri, infatti, il Sud registra la TARI i più alta del Paese con 378 euro per abitante nel 2023, staccando Centro (347 euro) e Nord (284 euro).

Per ricomporre il quadro, chiarisce Utilitatis, sarà indispensabile il contributo dell’autorità di regolazione. “Servono regole certe – dice il presidente di Fondazione Utilitatis, Mario Rosario Mazzola – che obblighino le aziende, con un corretto sistema di premi e penalità, a rendere più efficiente la gestione dell’intero ciclo dei rifiuti e a garantire ai cittadini e alle città servizi migliori. Nei rifiuti, così come avviene anche nel settore idrico e negli altri servizi a rete, il percorso deve essere quello di fornire un servizio di maggiore qualità e più omogeneo sul territorio nazionale e, in tal senso, ARERA svolge un ruolo fondamentale nel tracciare la strada”.

L’evoluzione in ottica industriale del settore dei rifiuti urbani, ricorda Utilitatis, non è più solo questione di decoro e salubrità dei centri abitati, ma uno snodo strategico nel percorso verso modelli di sviluppo sempre più circolari e decarbonizzati. “Le aziende associate a Utilitalia – spiega il presidente Filippo Brandolini – grazie anche ai fondi del PNRR, sono adesso impegnate a continuare nel processo di potenziamento e miglioramento dei sistemi di raccolta differenziata nonché realizzare impianti innovativi in filiere strategiche come la frazione organica, i tessili e i RAEE”. Proprio sul fronte dei rifiuti elettrici ed elettronici c’è da aumentare la raccolta, attualmente ferma a 6 kg per abitante quando l’Europa ci chiede di intercettarne almeno 12. Anche perché, spiega Utilitatis, solo incrementando le quantità avviate a riciclo sarà possibile sviluppare le economie di scala indispensabili a rendere remunerativo il recupero di materie prime critiche e strategiche, come terre rare, litio, cobalto o rame. Un obiettivo da centrare rivedendo le modalità di finanziamento dei sistemi di responsabilità estesa del produttore, ma anche introducendo leve fiscali per supportare il mercato delle materie secondarie, come l’emissione di Titoli di Efficienza Energetica Circolare (TEEC) e crediti di carbonio (3C) capaci di tradurre in vantaggi economici i benefici generati dall’uso di materia riciclata in termini di efficienza energetica dei processi produttivi e di emissioni di CO2.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *