A causa della pandemia i comuni italiani sono in serie difficoltà. Il provvedimento preso da alcuni sindaci di ridurre o abolire la tassa sui rifiuti rischia di danneggiare le imprese che si occupano della raccolta e della gestione ma che durante l’emergenza hanno continuato a garantire il servizio di igiene urbana.
Con il mancato incasso della Tari, dunque, come faranno gli enti locali a garantire la pulizia e il decoro dei centri abitati? Ma soprattutto, quanti soldi serviranno? Secondo Arera, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, la sospensione della tassa sui rifiuti determinerà un calo del gettito di 400 milioni di euro. Utilitalia, la federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e gas, invece parla di cifre comprese tra gli 1,25 e 2,5 miliardi di euro.
Del calcolo delle perdite generate dai mancati introiti, ma anche di carenza impiantistica, si è parlato durante un webinar dal titolo “Rifiuti, senza liquidità comuni e imprese a rischio default?” organizzato da Ricicla.tv in partnership con Fise Assoambiente.
“Le stime variano a seconda di qual è il perimetro che si prende in considerazione – ha dichiarato Chicco Testa, presidente di Fise Assoambiente -. Temo che se guardiamo agli effetti sul lungo periodo le cifre possono essere ben più importanti dei 400 milioni stimati da Arera ma si avvicinano a quelle stimate da Utilitalia o da altri“.
“In questi primi mesi di emergenza – ha dichiarato Filippo Brandolini, vicepresidente di Utilitalia – le imprese di igiene ambientale hanno continuato a garantire il servizio con continuità e in sicurezza, pagando stipendi e fornitori nonché sostenendo anche l’impatto finanziario legato al calo o al posticipo delle entrate. Ma ora la situazione è diventata delicata: di fronte abbiamo un orizzonte non più di mesi ma di settimane, nel quale il tema finanziario rischia di tradursi in un grave problema economico, soprattutto per le imprese di piccola dimensione e per quelle monoservizio”.
Utilitalia parla di un calo del 16,8% nella produzione dei rifiuti urbani e del 15,8% della raccolta differenziata, dovute in larga parte al blocco delle attività commerciali e del comparto turistico. Quanto al mancato gettito derivante dalla Tari, invece, Utilitalia stima una cifra compresa tra gli 1,25 e i 2,5 miliardi, a seconda della durata del lockdown (fra i tre e i sei mesi). Brandolini ha evidenziato come “tutte le proiezioni fatte in questi giorni, anche quelle di Arera sui 400 milioni, sono corrette, semplicemente sono basate su presupposti differenti. Ma è chiaro che l’intero peso di queste decisioni non può ricadere solo sulle imprese di igiene urbana”.
“La nostra valutazione – spiega Lorenzo Bardelli, direttore della divisione ambiente Arera – non si riferisce agli effetti complessivi di questa situazione ma è circoscritta a un obbligo specifico cioè quello di chiusura in seguito ai provvedimenti adottati dal governo con riferimento a talune categorie economiche. A quest’obbligo noi abbiamo associato l’applicazione di un principio comunitario che stabilisce che il pagamento dei corrispettivi sia riferito e commisurato alla produzione di rifiuti. Noi abbiamo semplicemente ricalibrato i parametri di riferimento a queste categorie economiche“.
“I tre miliardi previsti nel decreto rilancio – commenta Ivan Stomeo, delegato Energia e Rifiuti dell’Anci – non bastano ai comuni per far fronte a tutte le problematiche da affrontare. Abbiamo chiesto al presidente del Consiglio Conte sei miliardi per affrontare i tantissimi problemi che si pongono quotidianamente. Per quanto riguarda, invece, la stima di Arera io ribadisco che 400 milioni non bastano. E’ chiaro che per via del blocco totale alcune aziende sono rimaste chiuse ma i comuni hanno comunque continuato a garantire un servizio“.