Rifiuti e riciclo, l’Ue apre due procedure d’infrazione per l’Italia

di Redazione Ricicla.tv 25/07/2024

Doppia tegola europea sull’Italia: aperte due procedure d’infrazione per l’errato recepimento della direttiva rifiuti e per il mancato raggiungimento degli obiettivi vincolanti di raccolta e riciclo dei rifiuti urbani e dei raee. Ora Roma ha due mesi per ribattere alle osservazioni di Bruxelles


L’Ue torna a bacchettare l’Italia in materia di rifiuti e riciclo. Con due lettere di messa in mora, i cui dettagli al momento non sono noti, la Commissione europea ha notificato l’apertura ufficiale di due nuove procedure d’infrazione per il mancato rispetto della disciplina comunitaria in materia. A partire dalla direttiva quadro rifiuti, che secondo Bruxelles non sarebbe stata trasposta correttamente nell’ordinamento italiano. Il provvedimento, adottato dall’Ue nel 2018 come parte del pacchetto di misure sull’economia circolare, è stato recepito dall’Italia con il decreto legislativo 116 del 2020, che secondo la Commissione tuttavia non rispetta “diverse disposizioni della direttiva modificata, tra cui quella sulla responsabilità estesa del produttore, la garanzia di un riciclo di alta qualità, la raccolta differenziata dei rifiuti pericolosi e l’attuazione di un sistema di tracciabilità elettronica“.

L’Italia, che si aggiunge così alla lista dei dieci Stati membri già in infrazione (Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Cipro, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo e Romania), avrà due mesi di tempo per rispondere alle obiezioni dell’Ue, che dovrà poi scegliere se archiviare la pratica o procedere nell’iter con la notifica di un parere motivato. Ma è la seconda tegola quella destinata a fare più rumore, perché colpisce uno dei fronti d’eccellenza del sistema italiano di gestione dei rifiuti, ovvero quello del riciclo. Secondo la Commissione infatti l’Italia, al pari di tutti e 27 gli altri Stati membri dell’Unione (che si sono visti tutti recapitare una lettera di messa in mora), non è riuscita a rispettare diversi dei target vincolanti di raccolta e riciclo fissati dalla disciplina comunitaria.

Il nostro Paese, nello specifico, non sarebbe riuscito a raggiungere l’obiettivo del 50% di riciclo dei rifiuti urbani entro il 2020, sebbene per quell’anno ISPRA (l’ente deputato a misurare e certificare le performance italiane e comunicarle all’Ue) avesse rilevato un tasso di preparazione al riuso e riciclo del 54,4%. “Con il nuovo metodo di calcolo unificato europeo – spiega una fonte vicina al Ministero dell’Ambiente – l’Italia non raggiungerebbe il target, ma nella decisione di esecuzione che lo ha istituito nel 2019 si chiarisce che il metodo è applicabile ai target al 2025, 2030 e 2035”, mentre per il target al 2020 restano validi i quattro metodi di calcolo alternativi precedentemente vigenti, ovvero quelli utilizzati da ISPRA nelle sue misurazioni. Misurazioni che entro i prossimi due mesi l’Italia potrà opporre ai rilievi dell’Ue, mentre c’è poco da obiettare su un altro punto contestato dalla Commissione, ovvero la mancata raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Secondo l’Ue, infatti, al pari della maggior parte degli Stati membri l’Italia non sarebbe riuscita a centrare il target obbligatorio del 65% di raccolta dei raee. Obiettivo che, stando agli ultimi dati comunicati dal Centro di Coordinamento Raee, nel 2023 era lontano più di 30 punti.

“Gli Stati membri dovrebbero intensificare gli sforzi di attuazione per soddisfare gli obblighi” scrive l’Ue, che per questo suggerisce ai Paesi messi in mora di “fare affidamento sulle raccomandazioni specifiche individuate nell’Early Warning Report sui rifiuti del 2023” anche per “raggiungere i prossimi obiettivi del 2025, 2030 e 2035”. Obiettivi rispetto ai quali, proprio stando al Report, l’Italia risulterebbe “sulla buona strada”, con la sola eccezione del tasso di riciclo degli imballaggi in plastica che, scriveva la Commissione, con il 43,8% risulta lontano dall’obiettivo specifico del 50% al 2025. Un ritardo che non è solo italiano ma che accomuna altri 18 Stati membri, inclusi Francia e Spagna, da recuperare “migliorando i sistemi di raccolta differenziata per la plastica e aumentando le capacità di cernita e trattamento di questo materiale”, sottolinea Bruxelles. Le due nuove procedure d’infrazione ai danni dell’Italia vanno ad aggiungersi, tra le altre, a quelle tuttora in corso in materia di discariche abusive, acque reflue e cattiva gestione dei rifiuti in Campania, che secondo la Corte dei Conti a tutto il 2022 erano già costate allo Stato più di 700 milioni di euro in sanzioni.

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