Secondo stime dell’Onu, ogni anno a livello mondiale vengono generati circa 50 milioni di tonnellate di rifiuti tecnologici. Un autentico tsunami, alimentato dallo sviluppo sociale ed economico, che secondo le Nazioni Unite solo per il 20% finisce nei canali del corretto trattamento mentre il restante 80% continua invece a rappresentare una minaccia per l’ambiente e la salute umana. Uno scenario preoccupante, rispetto al quale nel prossimo futuro le nuove dinamiche dell’economia, sempre più basate su circolarità delle risorse e sulla condivisione, giocheranno un ruolo fondamentale. Queste le prospettive tracciate dalla ricerca “Scenari e strategie future di gestione dei rifiuti tecnologici”, realizzata da Althesys e commissionata dal consorzio Cobat in occasione della presentazione del rapporto annuale.
“La filiera dei prodotti tecnologici e del loro fine vita non cambierà solo per l’applicazione dei principi dell’economia circolare, ma anche (in qualche caso soprattutto) perché si evolverà il modo di produrre, vendere e utilizzare i prodotti – spiega Alessandro Marangoni, CEO di Althesys – Molti di questi non saranno più acquistati dai consumatori ma diventeranno servizi: non “pay for goods”, ma “pay for use”. Muteranno i canali di vendita, sempre più online, e con questi le modalità di gestione del fine vita. L’innovazione tecnologica modificherà anche materiali e componenti dei prodotti, cambiando cicli di vita e flussi delle materie prime. Alcune saranno strategiche (p.e. terre rare), altre porranno nuove questioni e soluzioni per il recupero (batterie nell’automotive). Tutto ciò richiederà un più efficiente uso delle risorse e il riciclo, favorendo il recupero di materie prime seconde da diversi flussi, con particolare focus su quelli dei dispositivi elettronici”.
Gestire correttamente i rifiuti elettrici ed elettronici significa non solo impedire che possano danneggiare l’ambiente e la salute umana, ma anche restituire materiali preziosi alle filiere produttive. Lo sa bene Cobat, che nel 2018 ha garantito l’avvio a trattamento di oltre 140mila tonnellate di prodotti a fine vita, di cui 116mila tonnellate di batterie al piombo esauste, 6mila di pile e accumulatori e 19mila di Raee, con aumenti generalizzati per tutte le categorie e addirittura un +113% per i piccoli elettrodomestici.
“Per decenni il ruolo di Cobat è stato garantire la raccolta e il riciclo prima di pile e accumulatori esausti, poi di rifiuti elettronici e pneumatici fuori uso”. – aggiunge Michele Zilla, Direttore Generale del consorzio – “Oggi continuiamo il nostro impegno, ma ci siamo trasformati per anticipare le nuove sfide tecnologiche e normative: la nostra storia e il nostro know-how sono diventati la base per fare di Cobat un sistema con capacità progettuale e visione industriale”.
“Dai dati del Rapporto Cobat emergono risultati importanti che ci devono spingere a fare meglio – ha dichiarato Ermete Realacci, Presidente della Fondazione Symbola – Oltre che all’ambiente, la corretta gestione del ciclo dei rifiuti e il riuso dei materiali fanno bene a intere filiere produttive e proprio dal riciclo delle materie prime può derivare un pezzo importante della nostra green economy. Un’economia che guarda al futuro ed è competitiva proprio perché scommette sull’innovazione, sull’ambiente e sulla qualità e che va sostenuta. Il traguardo di un sostanziale azzeramento dei rifiuti in discarica, e più in generale quello dell’economia circolare, non è oggi un’idea romantica, ma una prospettiva industriale concreta ed economicamente vantaggiosa”.