Istituito (con tre anni di ritardo) il registro informatico dei produttori e importatori di pneumatici, uno strumento per contrastare i fenomeni di evasione dagli obblighi della responsabilità estesa. Che anche quest’anno rischiano di mandare in tilt la raccolta dei PFU. Secondo CNA già a febbraio il 45% dei gommisti segnalava una giacenza superiore a 400 gomme
Raccogliere e rendere disponibili in formato telematico le informazioni sulle modalità di gestione degli pneumatici a fine vita, per garantire il pieno rispetto del regime di responsabilità estesa del produttore e contrastare i fenomeni di evasione e illegalità. Che anche quest’anno rischiano di mandare in tilt la filiera del recupero e di esporre gommisti e meccanici al rischio di sanzioni. Questo l’obiettivo del registro informatico dei produttori e importatori di pneumatici, istituito ufficialmente dal Ministero dell’Ambiente con un decreto pubblicato nei giorni scorsi sul portale web del dicastero. Il regolamento, la cui istruttoria si è protratta ben oltre il termine dell’aprile 2021 fissato dalla normativa di riferimento, definisce tra l’altro gli obblighi di iscrizione e comunicazione per le imprese soggette al regime di responsabilità estesa e istituisce il portale telematico, gestito dalle Camere di Commercio, che dovrà essere utilizzato per tutti gli adempimenti. A partire dalla comunicazione periodica delle informazioni sulle modalità di gestione nel rispetto della normativa sulla responsabilità estesa, che obbliga ogni produttore e importatore di pneumatici a garantire, in forma individuale o associata, il ritiro e l’avvio a corretto trattamento di una quantità di pneumatici a fine vita pari al 95% in peso del totale immesso a mercato nell’anno precedente. Obbligo che, chiarisce il decreto, si estende anche ai soggetti “che immettono pneumatici sul mercato nazionale attraverso la vendita a distanza“.
Un’indicazione, quella sugli obblighi per i rivenditori online, tutt’altro che casuale. Stando all’osservatorio ‘Cambio Pulito’ di Legambiente, infatti, oltre all’esercizio abusivo dell’attività di gommista e manutentore, “il commercio illegale (soprattutto on line e su scala globale) in totale evasione di Iva e di contributo ambientale” resta “il vero tallone d’Achille del sistema di gestione legale”. Secondo l’associazione, a fronte delle circa 500mila tonnellate di PFU raccolti ogni anno in Italia – avviati per circa il 50% a riciclo e per il resto a recupero di energia – i flussi di pneumatici messi illegalmente in commercio oscillerebbero tra le 30mila e le 40mila tonnellate annue. Uno pneumatico su dieci tra quelli raccolti, insomma, non sarebbe coperto da contributo. Mancati ricavi stimabili in circa 12 milioni di euro (l’evasione dell’Iva sfiorerebbe addirittura gli 80 milioni di euro), che gravano sul sistema nazionale di gestione degli pneumatici a fine vita al pari dei fenomeni di ‘free riding’, ovvero degli operatori che dichiarano di assolvere agli obblighi della responsabilità estesa, magari in forma individuale, ma che in realtà non lo fanno. Le gomme ‘fantasma’, non contabilizzate né coperte da contributo, si accumulano nei punti vendita e nelle officine esponendo le attività di ritiro a ingolfamenti che, mentre l’istituzione del registro tardava ad arrivare, si sono fatti sempre più frequenti. Sta succedendo, ancora una volta, proprio in questi giorni.
“Dalla fine del 2023 – spiega la responsabile green economy di CNA Barbara Gatto – stiamo ricevendo centinaia di segnalazioni di ritardi nella raccolta e accumuli sui piazzali, ben oltre i limiti consentiti dalla disciplina del deposito temporaneo”. Cosa che espone gli operatori al rischio di sanzioni da parte degli organi di controllo. Stando a un’indagine condotta dall’associazione su più di 500 gommisti, il 45% delle imprese ha segnalato una giacenza superiore a 400 gomme e il 31% una giacenza media di 300 gomme. Per più della metà del campione (56%) i tempi di attesa medi per i ritiri vanno da tre ad anche più di nove mesi. “Sono dati che abbiamo raccolto a febbraio – chiarisce Gatto – ma posso garantire che nel frattempo la situazione è peggiorata“.
Negli ultimi anni l’ingolfamento della raccolta dei PFU a causa dei pezzi non tracciati e non coperti da contributo ha costretto il Ministero dell’Ambiente a chiedere a tutti sistemi EPR nazionali con un immesso a consumo superiore alle 200 tonnellate l’anno (12 sui 44 complessivamente autorizzati) di garantire una extra raccolta del 15% rispetto alle quote definite dalla legge, portando quindi il target per ogni sistema collettivo o consorzio al 110% dell’immesso a consumo. Un impegno che quest’anno non è ancora stato formalizzato sebbene in una lettera inviata al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin i principali consorzi nazionali rappresentati da Assogomma – Ecopneus, Ecotyre, Gruppo Innovando e Cobat Tyre – si siano detti pronti a rinnovarlo, dando la propria disponibilità a raccogliere 40mila tonnellate in più (il 10% dell’immesso a commercio nazionale, più o meno l’immesso a nero stimato da Legambiente), e ricordando tuttavia che per far fronte all’extra raccolta sarà indispensabile rivedere al rialzo anche il contributo ambientale per ogni pneumatico.
Il Ministero, dal canto suo, ha riattivato nei giorni scorsi il tavolo tecnico con i portatori d’interesse, in vista di un ormai più che probabile rinnovo degli obblighi di extra raccolta. A differenza di quanto accaduto negli scorsi anni, stavolta i ritiri extra saranno organizzati in relazione al tasso di criticità delle giacenze, individuato sulla base della mappatura degli accumuli avviata la scorsa settimana dal MASE in collaborazione con le principali associazioni d’imprese. “Speriamo che il via libera all’extra raccolta possa arrivare quanto prima – chiarisce Gatto – e soprattutto che si possa arrivare in tempi rapidi alla definizione delle procedure necessarie a indirizzare l’extra target efficacemente, avendo riguardo alle situazioni di maggiore criticità e urgenza”. Un intervento emergenziale che, chiariscono tuttavia gli operatori, non può più prescindere da una complessiva riforma della disciplina nazionale sulla responsabilità estesa. Secondo Assogomma è necessario l’innalzamento della soglia minima di raccolta (da 200 a 10mila tonnellate) e la revisione dell’articolazione delle macroaree di prelievo, mentre per CNA servono anche e soprattutto maggiori controlli lungo tutta la filiera, “inclusa la verifica dell’effettiva attività dei sistemi individuali – spiega Gatto, secondo cui – l’istituzione del nuovo registro, consultabile da operatori, amministrazioni e cittadini, pur non essendo la soluzione definitiva è sicuramente uno strumento prezioso, che ci aiuterà a garantire maggiore trasparenza e tracciabilità”.