Stando all’ultimo rapporto del Circular Economy Network l’Italia resta prima tra le economie europee per circolarità, ma continua a perdere terreno
Nel 2021 il 2,5% del PIL italiano è stato generato da attività come riciclo, riparazione e riuso. La fetta maggiore tra le principali economie del vecchio continente. Tuttavia, anche se il nostro paese – forte della sua connaturata capacità di far fronte con l’efficienza e il riciclo alla carenza di risorse naturali – resta al vertice in Europa per circolarità, il trend continua a rallentare. Quando invece dovrebbe accelerare per tenere il passo della policrisi – climatica, economica e geopolitica – e, in via forse più prosaica ma non secondaria, anche per rispondere meglio ai nuovi vincoli di bilancio europei. “In tempi in cui il costo delle materie prime aumenta il recupero e il riciclo sono una strategia contro l’inflazione” ha commentato il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin in occasione della presentazione dell’ultimo rapporto annuale del Circular Economy Network, stando al quale con 45 punti, calcolati sui nuovi indicatori di circolarità della Commissione Ue, nel 2022 l’Italia resta prima in Europa (Germania a 38 e Francia a 30). Tuttavia nell’arco degli ultimi 5 anni il vantaggio si è assottigliato, riducendosi ad appena un punto.
“Siamo ancora in buona collocazione ma stiamo migliorando lentamente, o gli altri corrono più di noi, soprattutto Germania e Francia”, ha spiegato il presidente del Circular Economy Network Edo Ronchi. Anche a fronte del rallentamento, i numeri, si legge nel rapporto, restano quelli di un paese leader di circolarità. Sebbene il 46,9% della nostra economia continui a dipendere dall’importazione di risorse dall’estero, più del doppio della media europea, la percentuale continua a calare (era al 50,6% nel 2018) grazie alla capacità del sistema produttivo di gestirle in maniera efficiente ma anche di recuperarle dagli scarti: il consumo di materiali è più basso della media – 12,8 tonnellate per abitante rispetto alle 14,9 dell’Ue – la produttività per tonnellata di risorse è più alta – 3,7 €/kg contro i 2,5 europei – così come il tasso di riciclo dei rifiuti, al 72% rispetto alla media europea del 58. Resta da primato anche il riciclo degli imballaggi, 71,7%, 8 punti in più della media Ue (64%).
Complessivamente, il tasso di utilizzo circolare delle risorse è del 18,7%, anche in questo caso superiore alla media Ue dell’11,5% e lievemente sotto la Francia, prima con il 19%. Tutto questo, si legge nel rapporto, si traduce in una significativa riduzione delle emissioni climalteranti, 5,4 tonnellate di CO2 per abitante a fronte delle 6,4 della media europea, ma anche in benefici economici e occupazionali. Il valore aggiunto generato dai principali comparti dell’economia circolare, come riciclo e riparazione, ammontava nel 2021 a 43,6 miliardi di euro, pari al 2,7% dell’economia nazionale e in aumento del 2,1% sul 2017. “La percentuale più elevata d’Europa”, ha chiarito Ronchi, che si riflette anche sul numero degli occupati, cresciuto del 4% arrivando a 613mila unità pari al 2,4% del totale. In Europa, spiega il rapporto, sono il 2,1%.
Nata per esigenze di competitività e diventata driver di decarbonizzazione, di fronte alle sfide dell’immediato futuro la circolarità del sistema economico italiano è, oggi, anche un baluardo strategico “per renderci meno dipendenti dai paesi terzi fornitori di materie critiche come litio e cobalto – ha ricordato Pichetto – a rischio di approvvigionamento ma fondamentali per accompagnare la transizione energetica, quella digitale, e l’industria della difesa”. “L’85% delle ‘terre rare’ leggere e la totalità delle ‘terre rare’ pesanti impiegato in Europa dipendono dalle esportazioni cinesi”, ha aggiunto Ronchi. Dipendenza che getta un’ombra anche sull’economia italiana. Stando al rapporto, le attività economiche che impiegano ‘terre rare’ sono responsabili dell’11,4% del fatturato dell’intero manifatturiero nazionale. Una dipendenza che il nuovo regolamento europeo sulle materie prime critiche punta a bilanciare “anche promuovendo una maggiore circolarità dell’economia”, ha chiarito il presidente del CEN. Nello specifico, entro il 2030 il 25% del consumo annuo di materie strategiche dovrà essere soddisfatto dal riciclo. Motivo in più per cambiare passo e tornare a correre.