Nel 2022 guerra in Ucraina e crisi energetica fanno calare la produzione di rifiuti speciali, rileva ISPRA nel suo ultimo rapporto annuale. Il riciclo supera il 70% mentre la discarica cala di oltre il 12%. Crollano anche le bonifiche da amianto: -28,3% rispetto al 2021
Crescono il riciclo e il reimpiego dei veicoli a fine vita, ma non il loro recupero energetico. Vola il recupero di materia dai rifiuti edili, ma non in applicazioni ‘nobili’. Complessivamente restiamo un’eccellenza del riciclo, ma siamo ultimi della classe in materia di bonifiche da amianto. Sono dati a due facce, quelli raccolti da ISPRA nell’ultimo rapporto annuale sui rifiuti speciali, riferito al 2022, quando le attività industriali, commerciali, artigianali, di servizi, di trattamento dei rifiuti e di risanamento ambientale dello Stivale hanno prodotto complessivamente 161,4 milioni di tonnellate di rifiuti, in calo del 2,1% rispetto all’anno precedente. Una contrazione che, spiega ISPRA, è anche figlia della drammatica frenata economica imposta dallo scoppio del conflitto in Ucraina prima e dalla conseguente crisi energetica poi, a conferma del legame ancora forte che corre tra andamento dell’economia e produzione di rifiuti: se l’economia cresce, come nel 2021 di ripartenza post pandemica, cresce anche la produzione di scarti, che quell’anno aveva fatto registrare un rimbalzo superiore al 12%. Se l’economia rallenta, come nel 2022, diminuiscono anche i rifiuti. L’altra faccia della medaglia, in questo caso, è rappresentata dalla capacità virtuosa del sistema italiano di recuperare valore dagli scarti. Del totale trattato, infatti, più del 70% è stato avviato a recupero di materia.
La ripartizione della produzione a livello territoriale vede naturalmente prevalere il nord Italia, dove il tessuto industriale è più sviluppato, con quasi di 92,7 milioni di tonnellate (57,4% del dato complessivo nazionale), mentre al Centro si attesta a 28,1 milioni di tonnellate (17,4% del totale) e al Sud a 40,6 milioni di tonnellate (25,2%). In calo di 2,7 milioni di tonnellate (-1,8%) i rifiuti non pericolosi, così come quelli pericolosi, diminuiti di quasi 680mila tonnellate (-6,4%). Il settore delle costruzioni e demolizioni, con quasi 80,8 milioni di tonnellate, quello con la maggiore produzione totale di rifiuti speciali, concorrendo per il 50% alla produzione complessiva, le attività di trattamento dei rifiuti e di risanamento contribuiscono per il 22,8% (36,8 milioni di tonnellate), mentre una percentuale pari al 17,5% è rappresentata dalle attività manifatturiere prese nel loro complesso, circa 28,3 milioni di tonnellate.
Più di un terzo dei rifiuti speciali è generato da attività di trattamento dei rifiuti, dato che indica anche (ma non solo) la consolidata attitudine del sistema italiano a ‘spremere’ i propri scarti per recuperarne risorse. Dei 10mila 806 impianti di gestione dei rifiuti speciali operativi nel 2022 (1952 dei quali al nord) il 43,1% del totale (4mila 662) era dedicato al recupero di materia che, spiega ISPRA, costituisce la quota predominante della gestione dei rifiuti speciali con il 72,2% (127,6 milioni di tonnellate). Il recupero di sostanze inorganiche, soprattutto dai rifiuti da costruzione e demolizione, resta l’operazione prevalente, con il 43,2% del totale gestito e in aumento del 3,6% rispetto al 2021, seguito dal recupero dei rifiuti di metalli e dei composti metallici, che pesa per il 12% del totale gestito e comprende, tra gli altri, i rifiuti prodotti dal settore delle costruzioni (6,5 milioni di tonnellate) e dal trattamento meccanico dei rifiuti (4,8 milioni di tonnellate), che dopo il recupero sono finiti prevalentemente nelle acciaierie del nord Italia. Circa 1,9 milioni di tonnellate di rifiuti speciali sono utilizzati come combustibile in impianti industriali, mentre 26 milioni di tonnellate (il 14,9%) sono andate a smaltimento, per 1,1 milioni di tonnellate in incenerimento e per 1,3 milioni in discarica. Dato quest’ultimo in calo del 12,6% rispetto al 2021 e del 9,9% rispetto al 2020.
Anche quello sullo smaltimento in discarica, tuttavia, è un dato a due facce, visto che alla contrazione dei conferimenti potrebbe aver contribuito in maniera sensibile anche il crollo della produzione di rifiuti contenenti amianto. Che non hanno destinazione alternativa alla discarica e che nel 2022 sono diminuiti del 28,3%, scendendo a 243mila tonnellate. Una flessione che, riporta ISPRA, conferma l’assenza di “un’attività sistematica di decontaminazione delle infrastrutture presenti sul territorio, da cui dovrebbe derivare una progressiva crescita della produzione di questi rifiuti”. Resta in chiaroscuro anche la filiera dei veicoli a fine vita, che con l’86% di riciclo dei materiali e riutilizzo delle componenti di ricambio supera il target europeo dell’85% ma resta lontana di quasi dieci punti dall’obiettivo del 95% di recupero complessivo obbligatorio dal 2015 a causa “dell’assenza di trattamenti di recupero energetico”. In calo i fanghi da depurazione delle acque reflue urbane, quasi 3,2 milioni di tonnellate con una contrazione di poco superiore alle 40mila tonnellate (-1,3%). Nonostante l’elevato potenziale in termini di materia ed energia, il 54,2% dei fanghi gestiti è stato avviato a smaltimento, piuttosto che a operazioni di recupero.
Un contributo sostanziale alle performance di riciclo arriva dal settore dei rifiuti da costruzione e demolizione. Dei 76,4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali avviati a operazioni di recupero di sostanze inorganiche, ben 66,8 erano costituiti da rifiuti da costruzione e demolizione, riciclati per Il 79,8%, ampiamente al di sopra dell’obiettivo del 70% fissato dalla normativa europea al 2020. L’impiego dei materiali generati dal riciclo, chiarisce tuttavia ISPRA, “riguarda prevalentemente la produzione di rilevati e sottofondi stradali, bisogna quindi nobilitare gli utilizzi con una riconversione in nuovi prodotti”. Con questo obiettivo il Ministero dell’Ambiente si prepara a licenziare la nuova versione del decreto end of waste, firmato e pronto alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Anche qui però non mancano i chiaroscuri. Perché se da un lato la nuova disciplina, una volta in vigore, sostituirà la prima – e duramente contestata – versione del regolamento, anche nella ‘edizione’ aggiornata del decreto, secondo l’associazione ANPAR, permangono una serie di criticità che rischiano, tra l’altro, di compromettere proprio l’impiego dei riciclati nella realizzazione di opere di riempimento. Impiego che, per quanto poco ‘nobile’, assorbe oggi una quota rilevante degli oltre 60 milioni di tonnellate di materiali inerti riciclati immessi sul mercato.