La frangia dei Paesi ‘carbon based’ respinge le proposte della presidenza italiana per un target climatico più ambizioso a 1,5 gradi, decarbonizzazione spinta entro il 2030 e phase-out del carbone al 2025. Cingolani: “Non disaccordo ma disallineamento. Sono comunque contento”.
Sì al mantenimento dell’aumento delle temperature sotto i 2 gradi centigradi, come da accordo di Parigi, no a fissare un target più ambizioso a 1,5 gradi entro il 2050 né una deadline al 2030 per accelerare il processo di decarbonizzazione. No anche al phase-out del carbone al 2025. Al termine della due giorni di Napoli il G20 respinge al mittente le più ambiziose proposte d’intesa su clima e energia portate al tavolo delle trattative dalla presidenza italiana, che saranno stralciate dal comunicato finale di 58 articoli approvato oggi e rinviate al prossimo meeting dei Capi di Stato. “Siamo partiti da 60 articoli ma abbiamo dovuto stralciarne due sui quali è stato impossibile trovare una convergenza. Non un disaccordo ma un disallineamento”, ha spiegato il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, visibilmente provato al termine di quella che lui stesso ha definito “una estenuante maratona” della quale ha detto di ritenersi in ogni caso “contento”. “Non c’è Paese che abbia messo in dubbio l’accordo di Parigi – ha detto – il problema è come arrivare al punto finale. Alcuni sono intenzionati ad andare più veloce, e altri che hanno un’economia più ‘carbon based’ rischiano di non farcela”.
Basterebbe la foto di giornata, con Cingolani in maniche di camicia, ritratto mentre chino sulla postazione del delegato Usa per il clima John Kerry lo assiste nella correzione (rigorosamente a penna) della bozza d’intesa, a raccontare le 24 ore conclusive del G20 di Napoli. Quelle più delicate, per la prima volta nella storia del meeting dei big del Pianeta dedicate al rapporto tra clima ed energia. Una foto che è la perfetta sintesi politica della due giorni partenopea: da un lato Italia e Usa, in testa al gruppo G7 e sponsor della decarbonizzazione spinta, dall’altro il blocco dei Paesi produttori o consumatori di combustibili fossili e risorse naturali, come India e Cina, principali oppositori ai due punti ambiziosi della proposta italiana (più ‘aperta’ la posizione dell’Arabia Saudita, ha spiegato Cingolani) e restii a un’accelerazione su transizione ecologica ed energetica. A separarli una distanza economica e politica che le trattative condotte negli ultimi mesi dalla presidenza italiana non sono riuscite a colmare. Il G20 ‘verde’ si chiude così, con l’intesa più di principio che di sostanza raggiunta ieri sull’ambiente e lo sfumato obiettivo di strappare ai grandi della Terra un impegno ambizioso e vincolante sul contenimento delle temperature in vista della COP26 di Glasgow.
Nel ‘communiquè’ siglato oggi vengono ad ogni modo sanciti impegni importanti nell’ambito delle azioni di contrasto alla crisi climatica, come la necessità di continuare a investire nelle energie rinnovabili e nella decarbonizzazione. Anche Russia e Cina, fa sapere la presidenza italiana, si sono impegnate a eliminare gradualmente la produzione di energia dal carbone. Viene inoltre ribadita la centralità degli strumenti finanziari nel percorso verso gli obiettivi dell’accordo di Parigi e l’importanza di garantire la considerazione dei rischi climatici attuali e futuri in tutte le agende di investimento e politiche. In tema di ripresa post-pandemia i 20 big si impegnano a destinare una quota ambiziosa dei piani di rilancio a favore di misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Grande enfasi anche sul capitolo ‘smart city’, e sul ruolo delle città nelle azioni di mitigazione, con l’impegno a sostenere la generazione distribuita sostenibile locale e le comunità energetiche come mezzi concreti per facilitare l’accessibilità, l’affidabilità, la redditività e la sostenibilità dell’energia.