Secondo l’ultimo rapporto ‘Ecomafia’ di Legambiente, giunto alla trentesima edizione, lo scorso anno gli illeciti nel ciclo dei rifiuti sono stati oltre 9mila, con il maggiore tasso di incremento tra i settori indagati nel report. In calo l’applicazione della legge sui reati ambientali. Stefano Ciafani: “Governo Meloni dia un segnale di discontinuità”
Boom dei reati connessi al ciclo dei rifiuti, con un aumento di oltre il 60% tra 2022 e 2023 che li colloca al secondo posto per numerosità dietro ai soli illeciti nel ciclo del cemento. Una vera e propria accelerazione quella rilevata da Legambiente nel trentesimo rapporto annuale ‘Ecomafia’, stando al quale lo scorso anno i casi di gestione illecita degli scarti urbani e industriali sono stati 9mila 309, con un aumento del 66% rispetto al 2022 che riporta il fenomeno ai livelli pre-pandemici. Ma a crescere sono i reati in tutti i settori indagati dal report, che salgono complessivamente a 35mila 487 con un aumento del 15,6% rispetto al 2022 e un giro d’affari calcolato nell’ordine degli 8,8 miliardi di euro. Sale la pressione del ciclo illegale del cemento (13mila 008 reati, +6,5%), che si conferma sempre al primo posto tra i reati ambientali, seguito dal ciclo rifiuti e con 6mila 581 reati dalla filiera degli illeciti contro gli animali. A livello territoriale le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Puglia, Sicilia e Calabria) si confermano crocevia del crimine ambientale, con la Campania al primo posto tra le regioni (4mila 952 reati, pari al 14% del totale nazionale) e Napoli prima tra le province (1494 reati), seguita da Avellino che fa registrare un preoccupante boom (1203 reati, pari al +72,9%).
Assieme ai reati, rileva il rapporto, crescono anche le azioni di contrasto: il numero delle persone denunciate (34mila 481, +30,6%), così come quello degli arresti (319, +43% rispetto al 2022) e quello dei sequestri (7.152, +19%). In calo, invece, i casi di applicazione della cosiddetta legge ‘ecoreati’, che dal 2015 ha introdotto nel Codice penale nuove fattispecie di delitto come l’inquinamento e il disastro ambientale e che nel 2023 ha registrato 600 contestazioni, in flessione rispetto alle 637 dell’anno precedente. Una disciplina che Legambiente chiede di integrare al più presto con le previsioni della nuova direttiva europea in materia di tutela penale dell’ambiente, affiancandone il recepimento a un generalizzato potenziamento degli strumenti di contrasto. “Continuano a mancare norme importanti – chiarisce il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – come quelle che dovrebbero semplificare gli abbattimenti degli ecomostri, assegnando ad esempio ai Prefetti l’esecuzione delle ordinanze di demolizione mai eseguite nei decenni passati, l’inserimento nel Codice penale dei delitti commessi dalle agromafie oppure l’approvazione dei decreti attuativi della legge istitutiva del SNPA per rendere più efficaci i controlli pubblici delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente.”
In materia di rifiuti l’associazione chiede un inasprimento di pene e sanzioni, anche e soprattutto per fronteggiare pratiche illegali che muovono concorrenza sleale alle imprese sane e “minacciano l’economia circolare” dice Enrico Fontana, responsabile dell’osservatorio ambiente e legalità di Legambiente. Tra i fenomeni più allarmanti quelli legati alla gestione opaca dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. “Diminuisce la quantità di quelli avviati al riciclo e aumentano le esportazioni illegali, verso Asia e Africa”, chiarisce Fontana. “Dal Governo Meloni ci aspettiamo un segnale di discontinuità – dichiara Ciafani – serve approvare quanto prima le riforme necessarie per rafforzare le attività di prevenzione e di controllo. Ne gioverebbero molto la salute delle persone, degli ecosistemi, della biodiversità e quella delle imprese sane che continuano ad essere minacciate dalla concorrenza sleale praticata da ecofurbi, ecocriminali ed ecomafiosi”.
Concordo sull’aumento degli illeciti relativi allo smaltimento dei rifiuti.
Ma il problema serio rimane quello del post mortem delle discariche che continuano a produrre inquinanti al suolo e atmosfera.
Un mio progetto di fitobonifica certificato, mette la parola fine al business del percolato di discarica e bonifica ambientale dei siti inquinati, lasciando alla collettività locale un parco vede da utilizzare senza rischio.