Mettere in sicurezza i bilanci delle imprese e ridefinire le dinamiche che disciplinano la remunerazione dei costi. Questa la soluzione auspicata dai gestori di rifiuti urbani per neutralizzare gli effetti dei rincari di materie prime ed energia. AGCI: “Arera non può essere solo osservatore”
Un intervento economico del governo per mettere in sicurezza i bilanci delle imprese e una parallela revisione, da parte dell’autorità di regolazione, dei criteri che disciplinano la remunerazione dei costi delle attività di gestione. Si muove su questo doppio binario la soluzione auspicata dai gestori pubblici e privati del ciclo dei rifiuti urbani per neutralizzare gli effetti dell’impennata dei prezzi delle materie prime e dell’energia, che stanno compromettendo la sostenibilità economica delle attività mettendo a rischio la continuità del servizio pubblico. “I costi dei servizi – spiega Antonio Chiodo di AGCI, l’associazione generale delle cooperative – sono determinati sulla base di offerte che risalgono a due o tre anni fa, quindi tarati sui costi d’esercizio dell’epoca”. E oggi che quei costi sono in aumento, mentre la remunerazione resta vincolata ai livelli precrisi, le imprese si trovano spesso a lavorare in perdita pur di garantire il servizio.
Particolarmente penalizzati gli operatori della raccolta e del trasporto, esposti più di ogni altro ai colpi del caro carburante. “Il costo del gasolio è aumentato del 50% – chiarisce il responsabile servizi di AGCI – a sua volta il costo d’esercizio per la raccolta, il trasporto e il conferimento dei rifiuti ha registrato un incremento intorno al 15%. Questo incremento determina uno squilibrio nei conti delle imprese che mette a serio rischio la prosecuzione del servizio. Che per legge invece dovrebbe essere garantito. Dobbiamo sederci a un tavolo con il governo e il regolatore – sostiene – e mettere a punto una soluzione che sia al tempo stesso di garanzia per il servizio e di riequilibrio dei costi per le imprese”.
L’idea è quella di un intervento su due binari: il primo, più emergenziale, per ripianare le perdite delle imprese. Il secondo, più tecnico, per ridefinire la dinamica costi-remunerazioni alla luce dell’impennata dei prezzi dell’energia e delle materie prime. Un intervento che abbia però carattere strutturale, “a differenza dei 4 miliardi per il taglio delle accise – spiega Chiodo – che sono solo una misura tampone la cui efficacia durerà tra l’altro appena un mese”. L’appello delle imprese chiama quindi in causa anche ARERA, visto che proprio al regolatore spetta il compito, tra l’altro, di definire le logiche in base alle quali i costi sostenuti dalle imprese del servizio di gestione dei rifiuti debbano essere coperti dalla tariffa nonché di fissare i criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento. “Il regolatore deve assolutamente sollecitare il governo a un intervento sulla fluttuazione dei costi – sottolinea Chiodo – per fare in modo che il loro aumento non metta in discussione la garanzia del servizio. Ecco perché serve in primo luogo un intervento rapido verso le imprese, mentre in seconda battuta c’è da intervenire sulla dinamica dei costi. Su questo fronte il regolatore non può limitarsi a fare da semplice osservatore”.
Insomma, senza un intervento a stretto giro le stesse imprese che nei giorni più duri della pandemia erano riuscite, pur tra mille difficoltà, a garantire i servizi di raccolta e trattamento, oggi rischiano di fermarsi. “Durante la pandemia – racconta Chiodo – siamo stati condizionati da due fattori ‘a tempo’: uno era il lockdown e l’altro le assenze del personale causa covid. Oggi invece il problema è l’equilibrio dei conti delle imprese. Per garantire il servizio, le aziende stanno operando in perdita, ma in assenza di interventi da parte del governo non potranno continuare a farlo, avendo davanti la certezza del fallimento”.