Nel 2022 le utility hanno investito 6,2 miliardi di euro, con un +85% di risorse per l’economia circolare, si legge nell’ultimo rapporto di sostenibilità di Utilitalia. Ma l’Italia dei servizi ambientali resta divisa a metà. Il presidente della federazione delle utility Filippo Brandolini: “Il commissariamento di Roma può essere un volano anche per altre realtà”
Utilizzare la leva del commissariamento, sul modello di Roma, per recuperare gli squilibri territoriali nella gestione dei rifiuti. È una delle proposte avanzate da Utilitalia, la federazione delle utility dei servizi ambientali idrici ed energetici, in occasione della presentazione dell’ultimo report di sostenibilità. Che calcola in 6,2 miliardi di euro gli investimenti mobilitati dalle imprese associate nel 2022. Un aumento del +35%, nonostante le difficoltà determinate dalla crisi energetica, che vede le utility confermare il proprio ruolo di testa di ponte della transizione ecologica in Italia, ma anche di avanguardia sui fronti caldi del contrasto al cambiamento climatico e al consumo di risorse naturali. Gli investimenti in economia circolare, calcola il report, sono quelli che hanno fatto registrare il maggior tasso di crescita: +85% in un anno, con oltre 500 milioni di euro che hanno consentito alle imprese di Utilitalia di raggiungere, tra l’altro, una percentuale di riciclo dei rifiuti differenziati del 92% e un tasso di recupero dei fanghi di depurazione sopra l’88%.
Un modello, quello incarnato dalle principali utility italiane, nel quale trovano convergenza industria e ambiente e che, tuttavia, resta ancora oggi appannaggio quasi esclusivo delle regioni del nord, mentre nel centro-sud si continua a registrare un ampio ‘service divide’ sia sul fronte dell’idrico che dei rifiuti, con governance frammentate e ritardi infrastrutturali, e ripercussioni sia in termini di sostenibilità delle gestioni che di costo dei servizi. “Il cittadino del Sud – ha spiegato il presidente di Utilitalia Filippo Brandolini – spende annualmente tra i 350 e i 360 di Tari, mentre quello del nord poco più di 270. Una differenza data dal fatto che al nord c’è un modello ben organizzato, con imprese industriali e un sistema impiantistico a supporto della raccolta. Se vogliamo raggiungere i target europei – ha chiarito – tutti devono dare il proprio contributo, non possiamo farlo solo con gli sforzi delle realtà più virtuose, tipicamente settentrionali”.
Da qui l’appello a fare della “accelerazione su Roma”, con i poteri speciali conferiti al sindaco Roberto Gualtieri nelle vesti di commissario, “un volano anche per altre realtà del territorio nazionale”, ha detto Brandolini. Il governo, insomma, dovrebbe valutare il commissariamento degli enti territoriali in ritardo con la pianificazione e l’industrializzazione del ciclo. Facendo leva sul principale elemento di forza delle gestioni commissariali, ha chiarito il presidente di Utilitalia parlando del modello adottato per la Capitale, ovvero la possibilità di “riassumere poteri che normalmente sono divisi tra vari enti e istituzioni: la pianificazione (in capo alle regioni), le autorizzazioni (affidate a enti competenti differenti) e la messa a gara per la realizzazione degli impianti. Tutti questi poteri – ha spiegato – sono invece riassunti nella attività del commissario. Può essere un’opportunità. In via straordinaria – ha sottolineato Brandolini – forse è in questi termini che dobbiamo lavorare per risolvere le emergenze più gravi del nostro paese”.
Oltre a far leva su strumenti straordinati, però, occorre anche rendere più efficaci quelli ordinari. Tra i nodi da sciogliere, ha chiarito Brandolini, quelli delle risorse economiche e degli iter autorizzativi – “con una maggiore certezza dei tempi e degli esiti”, ha detto – ma c’è anche il tema culturale, da affrontare “con un nuovo approccio comunicativo da parte delle imprese e delle istituzioni che sappia rappresentare ai cittadini le opportunità e i benefici che derivano dall’avere impianti sul territorio”. E vincere sospetti e ostracismi, spesso preconcetti, che oggi impediscono la realizzazione delle infrastrutture. Non solo degli odiati inceneritori, ma anche dei più ‘innocui’ impianti per la selezione dei materiali da raccolta differenziata e per il trattamento dei rifiuti organici. “Dobbiamo spiegare ai cittadini che avere impianti vicino casa significa ridurre gli impatti ambientali complessivi – ha detto Brandolini – e sfruttare le opportunità che l’economia circolare ci offre. Producendo dai rifiuti organici biometano e compost, ancora più necessari dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, o trasformando i rifiuti non riciclabili in energia che può sostituire quella fossile e contribuire alla transizione energetica. Serve uno sforzo concertato tra imprese, istituzioni e cittadini”. E laddove la strada della concertazione non dovesse rivelarsi percorribile, utilizzare la ‘fast track’ dei poteri commissariali.