Tempi più spediti per le autorizzazioni ambientali, controlli più snelli sugli impianti “end of waste” ma anche lo stop alle gestioni autonome del servizio idrico: ecco la bozza del decreto sulle semplificazioni allo studio del Ministero della Transizione Ecologica
Rendere prioritaria la Valutazione d’Impatto Ambientale sugli interventi relativi a PNIEC e PNRR, snellire i controlli sugli impianti di riciclo “end of waste” autorizzati caso per caso, rafforzare il personale tecnico in forza al Ministero della Transizione Ecologica. Ma anche contrastare la frammentazione delle gestioni del servizio idrico integrato. Sono solo alcuni degli obiettivi individuati dalla bozza di decreto legge sulle semplificazioni ambientali, una delle “riforme abilitanti” previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per sciogliere i nodi burocratici che rischiano di ostacolare il completamento delle opere entro la scadenza fissata dall’Ue al 2026. Si tratta per ora di un work in progress (il testo definitivo dovrebbe vedere la luce a maggio), dal quale però emerge già con chiarezza il disegno riformatore del ministro Roberto Cingolani, che nelle scorse settimane ne aveva anticipato alcuni dei punti nodali. A partire dalla necessità di rafforzare le competenze in seno al dicastero di Via Cristoforo Colombo, troppo “leguleio” secondo Cingolani e non sufficientemente dotato delle capacità tecniche necessarie a fare fronte alle sfide del PNRR.
Per integrare la componente tecnica in seno al MiTe la bozza di decreto punta al trasferimento di personale da Sogesid, società di ingegneria ambientale del Ministero, in un massimo di 200 unità per “assicurare il supporto, assolutamente peculiare e straordinario, per la realizzazione degli interventi volti alla transizione ecologica del sistema Paese” e all’adozione di un protocollo d’intesa per l’avvalimento di personale da ENEA e ISPRA, i due organi tecnico-scientifici del MiTE, fino a “un massimo di 30 unità per ciascun ente” per “l’espletamento delle attività tecniche e scientifiche correlate all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Ma la vera novità, in tema di integrazione di personale esterno al MiTe, riguarda la prevista istituzione di una Commissione Tecnica speciale dedicata ai procedimenti di Valutazione d’Impatto Ambientale per le opere relative al Piano Nazionale Energia e Clima e al PNRR che sarà “posta alle dipendenze funzionali del Ministero della Transizione Ecologica” e costituita da un massimo di 40 esperti scelti tra il personale delle amministrazioni statali e regionali, del CNR, di SNPA, ENEA e ISS.
Proprio alla revisione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, uno dei “colli di bottiglia” individuati dal PNRR, è dedicato l’intero Capo I della bozza di decreto, con una articolata serie di snellimenti e semplificazioni. Nel caso di interventi soggetti o assoggettabili a VIA “rientranti in parte nella competenza statale e in parte in quella regionale” ad esempio, si prevede di fissare a 30 giorni dal ricevimento della comunicazione da parte del soggetto proponente il termine entro il quale Regione, Provincia Autonoma e Ministero dovranno determinare l’autorità competente in merito. “Qualora nei procedimenti di VIA l’autorità competente coincida con l’autorità che autorizza il progetto, la valutazione di impatto ambientale viene rilasciata dall’autorità competente nell’ambito del procedimento autorizzatorio”, chiarisce la bozza. Priorità alle opere superiori a 5 milioni di euro o con scadenze non superiori ai 12 mesi, con un’attenzione particolare a quelle relative al Piano Nazionale Energia e Clima e al PNRR. Per le opere soggette ad autorizzazione regionale, invece, è prevista su richiesta del proponente “una fase preliminare” che dovrebbe includere una pre-conferenza dei servizi con termini ridotti della metà rispetto ai canonici 90 giorni, conclusa la quale l’autorità competente dovrà trasmettere entro cinque giorni le determinazioni acquisite e potrà “stabilire una riduzione dei termini della conferenza di servizi” vera e propria nel corso della quale “le amministrazioni e gli enti che non si esprimono nella conferenza di servizi preliminare non possono porre condizioni, formulare osservazioni o evidenziare motivi ostativi alla realizzazione dell’intervento” salvo che “in presenza di significativi elementi”.
Sempre in materia di autorizzazioni il decreto punta a semplificare il complesso sistema di controlli sui nulla osta “end of waste” caso per caso introdotto dal governo Conte 2, fortemente voluto dall’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa e dall’attuale presidente della Commissione ambiente del Senato Wilma Moronese. La revisione della normativa lascerebbe in capo all’Ispra e alle Agenzie regionali la facoltà di effettuare ispezioni a campione sulle imprese autorizzate, ma eliminerebbe le scadenze temporali per il completamento delle attività e l’articolata istruttoria che prevedeva la partecipazione del Ministero alla validazione degli esiti dei controlli. In materia di rifiuti la bozza di decreto interviene poi sulla discussa “attestazione di avvenuto smaltimento” prevista dal Testo unico sull’ambiente sostituendola con “un’attestazione di avvio al recupero o smaltimento”, correggendo inoltre la definizione di rifiuto urbano con l’eliminazione di ogni riferimento ai rifiuti “assimilati” e introducendo una versione rivista dell’Elenco Europeo dei Rifiuti, allineandola alle più recenti disposizioni europee. Piccola curiosità: la bozza sembra prendere atto delle criticità determinate dalle ultime, imponenti eruzioni dell’Etna che hanno costretto le comunità ai piedi del vulcano a fare i conti con migliaia tonnellate di ceneri da gestire come rifiuti speciali, aprendo al loro riutilizzo “in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”.
Le 84 pagine del testo proseguono poi con proposte d’intervento su dissesto idrogeologico, fonti rinnovabili, efficientamento energetico e riconversione dei siti industriali, ma anche con una netta presa di posizione sul tema della governance nei servizi idrici, imponendo lo stop alle forme di gestione autonoma che, si legge, “ha generato un rallentamento nell’attuazione del Sistema Idrico Integrato, soprattutto nelle Regioni del Sud (Sicilia, Calabria, Campania, Molise)” mantenendo “la frammentazione gestionale che il Legislatore (sin dal 1994) avrebbe voluto superare” e accentuando le difficoltà “dei Comuni nella progettazione e realizzazione degli interventi necessari, soprattutto in ambito fognario e depurativo che, peraltro, vedono l’Italia interessata da ben 4 procedure d’infrazione per mancato adempimento agli obblighi imposti dalla Direttiva 91/271/CEE”. Le forme di gestione autonoma avranno un anno di tempo dall’entrata in vigore del decreto per confluire nella gestione unica. “L’affidamento del Sistema Idrico Integrato ad un gestore industriale adeguatamente strutturato e finanziariamente solido, assicurerebbe la capacità di fornire un servizio di qualità, di sostenere gli investimenti e il relativo impegno finanziario, coerentemente con l’equilibrio economico e finanziario della gestione stessa, e di mantenere efficienti gli impianti grazie alla gestione e manutenzione degli stessi nel tempo”.
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semplificassero pure le procedure per il compostaggio di comunità almeno con procedura semplificata fino a 200 t,,basta con i burocrati.
Speriamo che almeno si rispettino le direttive europee, non foss’altro che per evitare procedimenti d’infrazione di cui l’Italia non ha certo bisogno.