Il “Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare” è ridenominato “Ministero per la transizione ecologica” (MITE), al quale sono “attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato relativi allo sviluppo sostenibile e alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente, del territorio e dell’ecosistema”
Non si chiamerà più Ministero dell’Ambiente, ma ne erediterà tutte le funzioni e attribuzioni, con l’aggiunta delle competenze in materia di politica energetica fino ad oggi in capo al Ministero dello Sviluppo economico. Comincia a prendere forma il Ministero per la Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani, novità assoluta dell’esecutivo Mario Draghi, che dopo aver incassato la fiducia del Parlamento ha dato il via alla delicata operazione di riordino di attribuzioni e competenze per definire la struttura del dicastero. È tutto nero su bianco in una bozza di decreto legge che potrebbe essere licenziata entro la fine della settimana dal Consiglio dei Ministri.
Il “Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”, si legge nel decreto, è ridenominato “Ministero per la transizione ecologica” (MITE), al quale sono “attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato relativi allo sviluppo sostenibile e alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente, del territorio e dell’ecosistema” in un nutrito elenco di materie: dalla tutela della biodiversità alla politica energetica, anche in riferimento ai combustibili alternativi, dal contrasto ai cambiamenti climatici e al danno ambientale alla gestione dei rifiuti, passando per le “politiche di promozione per l’economia circolare e l’uso efficiente delle risorse”, fatte salve in questo caso le competenze del Ministero dello sviluppo economico. Passano da 11 a 9 le direzioni generali del Mise, che cede al Mite quelle per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica e per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari.
Il decreto istituisce poi l’annunciato Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE), composto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro della transizione ecologica, dal Ministro dell’economia e delle finanze, dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro delle infrastrutture e trasporti e dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Il CITE, che sarà presieduto dal Presidente del Consiglio e in sua vece dal Ministro per la Transizione ecologica, dovrà approvare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto il Piano per la transizione ecologica, con l’obiettivo di coordinare le politiche in materia di mobilità sostenibile, contrasto al dissesto idrogeologico e al consumo del suolo, risorse idriche, qualità dell’aria ed economia circolare. Un Piano che potrebbe vedere la luce anche prima dei tre mesi stabiliti dal decreto, dal momento che c’è da allinearlo ai progetti di investimento e di riforma del Programma nazionale di ripresa e resilienza, da presentare entro aprile all’Ue, che dovrà mettere al centro proprio i temi della transizione verde, destinando il 37% dei 209 miliardi a disposizione dell’Italia a misure contro il cambiamento climatico.