Sarà il TAR a stabilire il destino delle delibere con le quali Emilia e Friuli hanno sottratto al mercato i propri impianti di trattamento dell’organico, dopo la segnalazione dell’antitrust sul supposto utilizzo anti concorrenziale del sistema di tariffe al cancello introdotto da Arera. In entrambe le regioni, spiega a Ricicla.tv Donato Berardi di Ref Ricerche, “il mercato avrebbe probabilmente dato esiti migliori”
Come nella più classica delle controversie all’italiana, bisognerà aspettare il pronunciamento del TAR per conoscere il destino delle delibere con le quali Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia hanno individuato gli impianti minimi di trattamento dell’organico, sottraendoli al mercato e subordinandoli al sistema di tariffe al cancello regolate e flussi garantiti definito da Arera. Cosa che, secondo l’antitrust, rappresenta una ingiustificata restrizione della concorrenza. In entrambe le regioni, infatti, “il mercato avrebbe probabilmente dato esiti migliori” rispetto al sistema di tariffe regolate, spiega Donato Berardi, direttore del laboratorio servizi pubblici locali di Ref Ricerche.
Cosa emerge dalla segnalazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sulla supposta applicazione anti concorrenziale del sistema di tariffe al cancello introdotto da Arera?
“La segnalazione ci dice che la regolazione ha definito una serie di criteri con i quali le regioni erano chiamate a individuare gli impianti indispensabili a chiudere il ciclo di trattamento della forsu (frazione organica dei rifiuti solidi urbani, ndr) e che in assenza di questi requisiti, ovvero deficit impiantistico e rigidità strutturali, alcune regioni, segnatamente Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia, hanno individuato impianti minimi anche quando il mercato avrebbe probabilmente dato esiti migliori. Per questo l’antitrust invita queste regioni a rivedere i propri provvedimenti”.
Il sistema di tariffe al cancello resta valido anche dopo la segnalazione o andrà rivisto?
“L’antitrust non mette in discussione la metodologia regolatoria di Arera, ma le modalità con le quali questa è stata poi calata sul territorio dalle scelte delle regioni. Il metodo di tariffe al cancello serve a dare una ‘gate fee’ coerente con i costi quando non esiste un mercato o una gara d’appalto che possa dare un riferimento di costo che poi viene trasferito agli utenti”.
Cosa succede ora?
“Nelle regioni oggetto della segnalazione le ‘gate fee’ definite secondo il metodo di Arera continueranno a lavorare almeno fino a quando le delibere non verranno ritirate e rivisitate. C’è anche un contenzioso in corso sul tema (un’azienda di settore ha fatto ricorso al TAR della Lombardia chiedendo l’annullamento delle delibere dell’Emilia-Romagna e di quelle Arera che hanno introdotto il sistema di tariffe al cancello, ndr) e quindi le regioni preferiranno attendere almeno il primo grado di giudizio“.
Nella sua segnalazione l’AGCM fa riferimento anche al Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti. Perché?
“Il Programma Nazionale aveva come principale obiettivo quello di definire percorsi in grado di sostenere l’infrastrutturazione dei territori in deficit impiantistico. Questo per tenere insieme i due principi codificati nel Testo Unico Ambientale: quello di autosufficienza regionale, che però è riferito allo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi, e quello di prossimità, che è più pertinente alla forsu e che chiede di ridurre le movimentazioni. Il Programma Nazionale, dice però l’antitrust, non ha definito una prevalenza del principio di autosufficienza su quello di prossimità né una regola assoluta per cui l’autosufficienza debba essere regionale anche per la forsu. Cosa che peraltro non potrebbe essere, visto che le frazioni avviate a riciclo sono naturalmente destinate a una collocazione sul mercato“.
Come va interpretato, secondo l’antitrust, il combinato disposto tra PNGR e metodo tariffario Arera?
“Quello che l’antitrust dice è che le regioni non possono nascondersi dietro il Programma Nazionale, dicendo che è il PNGR a chiedere autosufficienza. Il Programma ha infatti chiesto di coniugare l’autosufficienza regionale nello smaltimento con il principio di prossimità e la cosa, anche alla luce della regolazione Arera, va valutata tenendo conto degli impianti che esistono nelle regioni limitrofe. La prossimità può essere infatti ben maggiore anche in una regione limitrofa, se l’impianto pur essendo collocato in un’altra regione, è comunque più vicino al luogo di produzione dei rifiuti”.