L’Italia aumenta la propria capacità di recupero riducendo i conferimenti in discarica: dalle 121 milioni di tonnellate del 1995 si è passati alle 52 milioni di tonnellate dell’ultimo aggiornamento Eurostat per un calo medio annuale del 4%
Cinquecentocinque chili pro capite. È questa la media annuale di rifiuti urbani prodotti dai cittadini europei, perfettamente in linea con quella dei cittadini italiani. A restituire il dato è Eurostat, l’ufficio statistiche dell’Unione europea che ha preso in esame il 2020, anno in cui la pandemia ha radicalmente cambiato gli stili di vita e di consumo dei cittadini. Il confronto con l’anno immediatamente precedente ci dice che gli Italiani hanno aumentato di 4 kg pro capite la produzione di rifiuti, un aumento molto più sensibile se come anno di riferimento prendiamo il 1995, quando la produzione di rifiuti per abitante era di 454 kg.
Ma a guardare i dati di eurostat, l’Italia non è certamente in cima alla classifica dei Paesi produttori di rifiuti urbani. A svettare infatti sono Danimarca e Lussemburgo, rispettivamente con 845 e 790 kg a testa. Seguono Malta con 640 kg e la Germania con 632 kg. In coda Romania , Polonia e Ungheria con 287, 346 e 364 kg di rifiuti per ogni abitante.
Ne consegue che i Paesi che hanno ridotto la produzione di rifiuti sono Bulgaria, Ungheria e Slovenia. Meno significativo ma comunque importante perché il dato è disaccoppiato rispetto alla crescita del pil, è la diminuzione che hanno fatto registrare Spagna, Belgio e Olanda del 10, 9 e 1%. Anche per il nostro Paese però ci sono buone notizie perché se da un lato aumenta la produzione di rifiuti, dall’altro è rimasta invariata rispetto al 2019 la quota di rifiuti avviata a riciclo, segno che l’Italia aumenta la propria capacità di recupero riducendo i conferimenti in discarica: dalle 121 milioni di tonnellate del 1995 si è passati alle 52 milioni di tonnellate dell’ultimo aggiornamento Eurostat per un calo medio annuale del 4%.
Nel complesso, se siamo grandi produttori di rifiuti, siamo anche bravi a riciclarli e questo nonostante rimangano ancora troppi nodi da sciogliere per quella grande quantità di urbani che viene spedita all’estero per mancanza di impianti di prossimità. I bandi MiTE, prorogati di 30 giorni, puntano a rispondere a quel fabbisogno come sempre particolarmente evidente al sud – come ha anche sottolineato il ministro Roberto Cingolani audito oggi in commissione ambiente.
Bandi per oltre 2,5 miliardi relativi a progetti di economia circolare quelli che Cingolani ha ricordato i privati devono aggiudicarsi nei prossimi mesi. Per il Ministro, il Governo sta procedendo celermente e nel pieno rispetto dei tempi, eppure, la proroga della scorsa settimana, se da un lato è stata accolta con soddisfazione dai privati, dall’altro dimostra che ancora una volta le Regioni del Sud, che avrebbero dovuto rispondere con più progetti ma che invece ne hanno presentati meno, forse non sono ancora pronte alle sfida della ripartenza.