Una start up innovativa “ante litteram”, un’idea per trasformare i rifiuti in valore. E non è solo uno slogan. Alessia Guarnaccia, ideatrice di Pandora Group, punta agli scarti degli scarti, sia che si tratti di scarti industriali che dei residui da raccolta differenziata: anche la materia non riciclabile e più difficile da smaltire prende forma per diventare materiale da costruzione.
«A livello internazionale Pandora, che nel 2011 vinse un Cip Eco innovation, un bando europeo di ricerca applicata a Bruxelles, ha avuto l’occasione di confrontarsi con realtà non italiane: l’attenzione per le tematiche green è sotto gli occhi di tutti – spiega la fondatrice del gruppo – noi crediamo molto in questi materiali, noi li trasformiamo in pannelli “sandwich” che servono mi par dire quasi per tutto: dagli aerei ai treni, e per nostra fortuna anche le case».
L’edilizia e il design, infatti, sono soltanto un capitolo di questa storia, che punta ad offrire qualcosa di più di un prodotto sostenibile, arrivando a proporre prodotti innovativi e su misura saltando la fase dell’intermediazione, ma anche avvalendosi di una rete di collaborazioni che permettono di ottimizzare la produzione al netto di costi strutturali fissi attraverso un modello d’impresa più flessibile.
«Stiamo prendendo una forma innovativa anche nel modello imprenditoriale – continua la Guarnaccia – Pandora Group è una supply-chain, una verticale d’impresa, dinamica e sostenibile in grado di realizzare per i nostri clienti prodotti industriali su misura in particolare da scarti e rifiuti, sistemi per l’efficientamento energetico».
Nel futuro c’è l’integrazione, in questi pannelli, di prodotti tecnologici e sensoristica per farne pareti e pavimenti intelligenti capaci di acquisire e trasmettere informazioni. Un esempio? Una cabina per server in grado di controllare la temperatura e gestire il sistema di raffreddamento dell’ambiente permettendone il monitoraggio via internet. Ma qual è lo spazio per una sfida come questa in Italia, e ancor più in Campania?
«Le società innovative cosiddette hanno bisogno di un ecosistema alle spalle e un’infrastruttura su cui agire e poter essere esponenziali, scalabili. Per poter fare la differenza è molto importante creare quelle sinergie tra piccole imprese, grandi imprese e centri di ricerca. Io credo ci sia molto fermento, molta consapevolezza. Bisogna poter consentire a questo fermento, a questa consapevolezza di emergere e per far ciò c’è bisogno di un’infrastruttura che però resta un dovere ed una responsabilità delle istituzioni».
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