Secondo il direttore generale dell’Agenzia delle Dogane Marcello Minenna l’UE ha bisogno di “omogeneità regolatoria” in materia di commercio internazionale di materia riciclata. Annunciata una nuova società in house per certificare le filiere
Una società in house dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli per certificare l’origine e la filiera produttiva delle merci ‘made in Italy’, comprese le materie secondarie da riciclo. È il direttore generale dell’Agenzia, Marcello Minenna, ad annunciare la prossima nascita di ‘ADM Qualitalia S.p.A’, nuovo braccio operativo dell’ADM “con cui i nostri laboratori chimici – ha spiegato in occasione della presentazione dell’ultimo rapporto annuale di Unirima – potranno identificare processi di certificazione delle filiere”. E, in caso positivo, provvedere anche al rilascio di un bollino di qualità. “È evidente che in un settore come questo – ha aggiunto – un processo di certificazione diventa fondamentale per evitare confusione tra riciclo e rifiuto“.
Secondo Minenna resta però centrale il tema della “omogeneità regolatoria a livello comunitario”. Secondo i riciclatori europei, ad esempio, in assenza di un quadro giuridico armonico tra i vari Paesi dell’UE che distingua tra scarti non processati e materie prime da riciclo (o RMR, ovvero ‘raw materials from recycling’), capita non di rado che all’atto di una spedizione tra Stati membri, ciò che nello Stato di produzione è considerato ‘end of waste’ nello Stato di destinazione conservi lo status di rifiuto. Con un aggravio in termini di oneri amministrativi che secondo un position paper dell’European Environmental Agency aumenta “i tempi di attesa e i costi di spedizione, il che alla fine riduce i margini di profitto e/o rallenta il movimento delle risorse”. “Serve una regolamentazione uniforme a livello unionale – ha dichiarato Minenna – che consenta anche di valorizzare la capacità di creazione del valore che le nostre filiere del riciclo esprimono”
Un nodo, quello della non compatibilità tra quadri regolatori nazionali, che la Commissione europea punta a sciogliere con la riforma del regolamento UE sulle spedizioni di rifiuti, attualmente allo studio di Parlamento e Consiglio. La proposta presentata quasi un anno fa da Bruxelles prevede infatti un restyling delle procedure amministrative che “limitano la circolazione dei rifiuti tra gli Stati membri” ha spiegato la Commissione, con la piena digitalizzazione degli adempimenti e la creazione di una ‘fast track’ per gli scarti destinati a recupero in impianti certificati dagli Stati membri. Ma il nuovo regolamento, aveva chiarito l’esecutivo guidato da Ursula Von Der Leyen, punterà anche ad armonizzare la classificazione dei rifiuti nei vari Stati membri “per aiutare a superare l’attuale frammentazione del mercato dell’UE dove una spedizione di rifiuti può essere soggetta a diverse interpretazioni e procedure quando attraversa le frontiere”.
“L’eterogeneità normativa unionale – ha spiegato Minenna – ha anche impatti sulla frammentazione regolatoria a livello internazionale” dove i mercati “sono spesso influenzati da un tratto di penna”, ha detto il direttore generale, ricordando la messa al bando delle importazioni di rifiuti in carta e plastica da parte della Cina nel 2018. Un autentico terremoto, al quale le imprese europee del riciclo, soprattutto quelle dei Paesi esportatori netti di macero come l’Italia, hanno reagito individuando con prontezza nuovi canali sul mercato globale per piazzare i materiali in surplus. Una capacità d’adattamento ai tumulti del commercio globale che il nuovo regolamento europeo rischia però di limitare quasi del tutto. the legend of zelda pc at rarpcgames.com valhalla reverb crack at licensevilla.com
Se i propositi di sburocratizzazione delle spedizioni intra UE hanno incassato il plauso delle imprese del riciclo, forti critiche ha invece suscitato tra gli operatori la proposta di un giro di vite sui trasferimenti fuori dai confini dell’Unione, soprattutto verso i Paesi non-OCSE. Anche su questo fronte il tema resta quello della mancata differenza di approccio tra rifiuti problematici, come gli scarti di plastiche miste, le batterie o pezzi di apparecchiature elettriche ed elettroniche, e le materie prime seconde da riciclo, come il rottame di ferro o la carta da macero, due ‘commodity’ che i riciclatori UE oggi scambiano sul mercato globale: nel 2021 a fare la parte del leone è stata la Turchia, avendo importato 14,7 milioni di tonnellate di scarti, ovvero quasi la metà dei rifiuti che l’Unione non ha recuperato dentro i propri confini. Seguono India (2.4 milioni di tonnellate), ed Egitto (1.9 milioni). Secondo i riciclatori, la stretta all’export fuori dall’UE determinerebbe un eccesso di offerta nel Vecchio Continente – dove oggi appena il 12% delle materie prime utilizzate dall’industria europea proviene dal riciclo – e il conseguente crollo dei prezzi.