Secondo uno studio di Ecocerved nel 2019 sono state generate più di 60 milioni di tonnellate di materie prime secondarie da circa 2mila 600 imprese, ma il 40% dei rifiuti avviati a riciclo non è stato recuperato
Cresce il recupero di materia da rifiuti in Italia: nel 2019 oltre 60 milioni di tonnellate di materie prime secondarie (o MPS) sono state messe a disposizione del sistema industriale per essere sostituite alle risorse naturali, ma le operazioni di riciclo sono riuscite a dare nuova vita solo a una parte dei rifiuti complessivamente raccolti. Segno che il percorso verso modelli sempre più circolari di sviluppo economico è ancora lungo, anche per un Paese storicamente ‘riciclone’ come il nostro. Lo dimostrano i dati di uno studio condotto da Ecocerved sui MUD (i ‘730’ dei rifiuti) presentati dalle imprese, che a partire dal 2014 sono tenute a indicare anche le quantità di ‘end of waste’ prodotte.
Circa 2mila 600 le imprese che hanno generato MPS nel 2019, composte per il 70% da operatori ‘core business’, ovvero attivi nella gestione dei rifiuti, e per il restante 30% da aziende manifatturiere “che, in un’ottica di economia circolare, svolgono anche operazioni di riciclo”. Il recupero di materia dai rifiuti insomma è una pratica sempre più consolidata nel tessuto industriale del Paese. Su 60 milioni di tonnellate di MPS generate nel 2019, spiega lo studio, quasi il 60% è rappresentato da aggregati riciclati, seguono i metalli (21%) e i maceri (9%), che vanno ad alimentare due filiere tradizionalmente circolari come quella siderurgica (e in misura minore quella della fusione dei metalli non ferrosi) e quella cartaria. Al netto degli inerti, rileva Ecocerved, le MPS destinate principalmente all’industria ammontano a quasi 26 milioni di tonnellate nel 2019, cresciute di quasi il 4% rispetto al 2017 e del 13% rispetto al 2014. Per ottenerle, dice però la società informatica delle Camere di Commercio, sono stati avviati a recupero di materia circa 41 milioni di tonnellate di rifiuti riciclabili. Vale a dire che una percentuale intorno al 36% non è stata trasformata in MPS.
Considerando anche gli inerti, la percentuale sale al 40%, cosa che, spiega Ecocerved “può dipendere sia dalla resa di lavorazione”, che varia a seconda del rifiuto in questione, ma anche da aspetti “trasversali” relativi per esempio “alla qualità dei rifiuti raccolti o alla distanza da impianti specializzati che possano garantire il rispetto dei requisiti degli output secondo quanto previsto dai disciplinari end of waste, oltre che alla difficoltà interpretativa incontrata dalle imprese su prescrizioni normative e compilazione della modulistica”. Normativa oscura, carenza di impianti, scarsa qualità della raccolta: i dati di Ecocerved sembrano confermare i tre principali ostacoli allo sviluppo delle filiere del riciclo nel nostro Paese, individuati anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che punta a rimuoverli mettendo sul piatto 2,1 miliardi di euro e un corollario di riforme per snellire gli iter burocratici e migliorare la pianificazione degli interventi.