Signor Presidente, Onorevoli Parlamentari,
ho accolto il vostro invito con grande piacere. Questa occasione mi dà la possibilità di fare il punto su alcune procedure di infrazione europee in materia ambientale di particolare rilevanza per il nostro Paese.
Ritengo che l’attività svolta da questo Governo e dal Ministero dell’Ambiente per ridurre le infrazioni europee stia ottenendo risultati importanti e per nulla scontati. La forte interlocuzione con gli organismi europei e l’azione di stimolo nei confronti delle amministrazioni locali vanno in una direzione molto chiara: evitare attraverso un’azione rapida e coordinata che l’Italia e tutti i suoi cittadini paghino ogni giorno le croniche inefficienze di decenni, penso in particolare alla gestione dei rifiuti e delle risorse idriche.
Scongiurare cioè che si sommi al costo sociale di servizi insufficienti quello economico delle sanzioni elevate dall’Unione Europea.
Premessa
Illustrerò innanzitutto la situazione generale sullo stato di avanzamento delle procedure d’infrazione in materia ambientale. Successivamente, mi soffermerò sulle sentenze di condanna pronunciate dalla Corte di Giustizia sia nel caso relativo alle discariche abusive, sia nel caso della gestione dei rifiuti in Campania, nonché sulla questione relativa all’esercizio del diritto di rivalsa.
Riferirò poi sulle altre procedure di infrazione che presentano significativi profili di criticità, con particolare riferimento alla procedure di infrazione in materia di acque reflue urbane.
Infine, affronterò altre 3 procedure di infrazione che, sempre sulla tematica della corretta gestione dei rifiuti, interessano il nostro Paese. Il primo caso riguarda la gestione dei rifiuti nella Regione Lazio e ha dato luogo ad una prima pronuncia della Corte di Giustizia per non conformità al diritto europeo; gli altri 2 casi sono ancora in fase pre-contenziosa e riguardano rispettivamente l’adeguamento e la chiusura delle discariche di rifiuti e la revisione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti urbani e speciali.
Lo stato delle procedure di infrazione in materia ambientale. Un quadro d’insieme
Mi preme sottolineare, da subito, i buoni risultati raggiunti dal Governo su tale tema anche grazie al costante e proficuo lavoro svolto in questi anni dal Ministero dell’ambiente.
Con l’ultima tornata di decisioni del Collegio dei Commissari europei del 25 febbraio u.s., l’Italia ha ulteriormente migliorato il record positivo degli ultimi 20 anni, passando complessivamente da 89 procedure di infrazione (registrate tra fine 2014 e fine 2015) a 83 procedure .
Con specifico riferimento alle procedure di infrazione riguardanti il Ministero dell’ambiente, dall’insediamento del Governo Renzi ad oggi sono state archiviate 17 procedure di infrazione rispetto alle 35 allora pendenti, e si è passati da un numero di 53 progetti pilota (EU Pilot) – che risultavano aperti a febbraio 2014 – a 34 di quest’anno, con soli 6 nuovi casi avviati nel corso del 2015.
Ciò é stato possibile grazie ad un continuo concerto interministeriale, con il costante impegno della Rappresentanza Permanente a Bruxelles, attraverso intensi contatti con i Servizi della Commissione Europea e le Amministrazioni nazionali.
Il successo conseguito non deve tuttavia far perdere di vista alcuni aspetti cruciali, al fine di evitare nuovi aggravamenti:
- la gestione dei recepimenti, restando necessaria la prevenzione, vigilando sul recepimento delle Direttive in scadenza. Tuttora un’infrazione su quattro nasce da una trasposizione tardiva. Pertanto, la chiave per un miglioramento duraturo sta dunque in un tempestivo lavoro di recepimento, da realizzarsi con un coordinamento centrale.
- le risposte ai Pilot. Il miglioramento si é registrato anche perché le amministrazioni hanno innalzato la qualità e tempestività delle risposte ai Pilot, cioé alle procedure che, se chiuse negativamente, danno luogo ad un’infrazione. Nel settore ambientale in particolare, grazie al MATTM e alle iniziative di formazione congiunte tra il Dipartimento per le Politiche Europee (DPE), Rappresentanza Permanente e Conferenza delle Regioni, é stato possibile dimezzare tutti i Pilot, anche se restano aperte costose infrazioni sulle discariche abusive e i rifiuti in Campania. Resta poi essenziale la disponibilità delle amministrazioni a proporre possibili soluzioni alla Commissione Più volte, negli ultimi mesi, l’infrazione é stata scongiurata fornendo una bozza di modifica normativa, o assicurando una precisa azione amministrativa, con un calendario di attuazione prefissato e controllabile.
- il dialogo con la Commissione. Sempre più spesso la conclusione positiva dei casi é preparata da un’intensa serie di contatti con la Commissione, in particolare con incontri diretti a Bruxelles, per affrontare direttamente tra funzionari i nodi da sciogliere. In generale, le possibilità di successo sono direttamente proporzionali alla disponibilità delle amministrazioni di interloquire faccia a faccia con la Commissione. E’ quindi da incoraggiare un approccio aperto e diretto per affrontare e risolvere le questioni aperte.
Passando ora all’esame delle procedure di infrazione in materia ambientale, si fa presente che, attualmente, sono 18:
- per 6 sono state notificate dalla Commissione Europea le lettere di messa in mora, a seguito delle quali le Autorità italiane hanno dovuto inviare elementi di risposta inerenti le informazioni richieste e si è in attesa di conoscere gli intendimenti della Commissione;
- per altre 7 procedure la Commissione ha invece già notificato il parere motivato, in quanto le informazioni inviate non sono state ritenute sufficienti per la risoluzione del contenzioso. Al parere motivato sono seguite ulteriori interlocuzioni e le osservazioni relative alle misure adottate dall’Italia;
- per 5 procedure di infrazione, infine, è intervenuta la sentenza di condanna della Corte di Giustizia dell’UE.
Per quanto riguarda le motivazioni che hanno determinato l’avvio delle procedure, 3 sono state aperte a causa del mancato, tardivo ovvero per il non corretto recepimento delle relative disposizioni europee, 15 per la non corretta attuazione delle norme unionali recepite.
Lo stato delle singole procedure
Sono nella fase di lettera di messa in mora notificata, ai sensi dell’art. 258 TFUE, le seguenti procedure di infrazione:
1) Piani regionali di gestione dei rifiuti. Violazione della direttiva 2008/98/CE (P.I. 2015/2165);
2) Mancata designazione delle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e mancata adozione delle misure di conservazione. Violazione Direttiva Habitat (P.I. 2015/2163);
3) Applicazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria ambiente ed in particolare obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (NO2) (P.I. 2015/2043);
4) Cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente – Superamento dei valori limite di PM10 in Italia (P.I. 2014/2147);
5) Non corretta attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale. Mappe acustiche strategiche (P.I. 2013/2022)
6) Commercializzazione dei sacchetti di plastica (messa in mora complementare. (P.I. 2011/4030).
È stato invece notificato il parere motivato, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, per le seguenti procedure:
1) Attuazione della direttiva 1991/271/CEE relativa al trattamento delle acque reflue urbane (P.I. 2014/2059);
2) Normativa italiana in materia di cattura di uccelli da utilizzare a scopo di richiami vivi – Violazione della direttiva 2009/147/CE (P.I. 2014/2006) ;
3) Stabilimento siderurgico ILVA di Taranto (P.I. 2013/2177);
4) Mancato recepimento della direttiva 2013/56/UE del 20 novembre 2013, che modifica la direttiva 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile (P.I. 2015/0439);
5) Violazione dell’articolo 14 della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti in Italia. (P.I. 2011/2215).
6) Valutazione d’impatto ambientale di progetti pubblici e privati. Progetto di bonifica di un sito industriale nel Comune di Cengio (Savona). (P.I. 2009/4426).
7) Mancato recepimento della direttiva 2014/77/UE della Commissione recante modifica degli allegati I e II della direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel (P.I. 2015/0307)
Per quanto riguarda le 5 procedure di infrazione per le quali la Corte di Giustizia dell’UE ha emesso una sentenza di condanna nei confronti dell’Italia, occorre invece distinguere tra quelle per cui la sentenza è stata adottata ai sensi dell’art. 258 del TFUE, e dunque condannando il nostro Paese alle spese di giudizio per la mancata adozione delle misure necessarie ad adempiere alla normativa comunitaria e le due sentenze emesse ai sensi dell’art. 260 dello stesso TFUE, cioé per la mancata esecuzione di una precedente sentenza. In questo ultimo caso, che si è concretizzato per due procedure di infrazione, la Corte ha condannato l’Italia al pagamento di una sanzione forfettaria e di una penalità su base semestrale.
Sentenze adottate ai sensi dell’art. 258 del Trattamento di Funzionamento dell’UE (TFUE):
Le sentenze che condannano il nostro Paese alle spese di giudizio per la mancata adozione delle misure necessarie ad adempiere alla normativa comunitaria riguardano i seguenti casi:
a) Conformità della discarica di Malagrotta (Regione Lazio) con la direttiva discariche (dir. 1999/31/CE): sentenza del 15 ottobre 2014. (P.I. 2011/4021);
b) Cattiva applicazione della Direttiva 91/271/CEE relativa al trattamento delle acque reflue urbane: sentenza del 10 aprile 2014 (P.I. 2009/2034);
c) Cattiva applicazione degli articoli 3 e 4 della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane: sentenza del 19 luglio 2012 (P.I. 2004/2034).
Le sentenze adottate ai sensi dell’art. 260 del Trattamento di Funzionamento dell’UE (TFUE) riguardano invece i seguenti casi:
a) Non corretta applicazione delle direttive 75/442/CE sui “rifiuti”, 91/689/CEE sui “rifiuti pericolosi” e 1999/31/CE sulle “discariche”; si tratta della sentenza del 2 dicembre 2014, con cui la Corte ha condannato l’Italia al pagamento di una sanzione forfettaria di € 40 mln (versata il 1 febbraio 2015) e di una penalità semestrale di € 200.000 per ciascuna discarica abusiva contenente rifiuti non pericolosi e di € 400.000 per ciascuna discarica di rifiuti pericolosi (P.I 2003/2077) .
b) Emergenza rifiuti in Campania: si tratta della sentenza del 16 luglio 2015, con la quale la Corte ha condannato l’Italia al pagamento di una multa forfettaria di Euro 20 mln ed una penalità di mora di Euro 120.000 al giorno per ogni giorno di mancato adeguamento alla sentenza (P.I. 2007/2195);
Dal quadro sopra delineato emerge una sostanziale criticità relativamente all’applicazione delle direttive in materia di rifiuti. Come si vedrà, peraltro, analoga criticità è riscontrabile in materia di acque.
Passo ora a svolgere alcune considerazioni su alcune delle procedure di infrazione in materia ambientale che presentano i profili di maggiore criticità, cominciando da quella concernente le discariche abusive.
Stato della procedura di infrazione europea sulle discariche abusive.
Il caso riguarda la mancata esecuzione della prima sentenza di condanna del 26 aprile 2007 per violazione della direttiva rifiuti 75/442/CE (modificata dalla direttiva 91/156/CEE, della direttiva 91/689 CEE e della direttiva 1999/13/CE) in riferimento a 200 discariche presenti sul territorio di 18 Regioni italiane. Si tratta, in particolare:
di n. 198 discariche dichiarate non conformi agli articoli 4, 8 e 9 della direttiva 75/442 e all’articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 91/689 per le quali sono necessarie operazioni di messa in sicurezza e/o bonifica;
di n. 2 discariche dichiarate non conformi all’articolo 14, lettere da a) a c) della direttiva 1999/31, per le quali si rendeva necessario dimostrare l’approvazione di piani di riassetto oppure l’adozione di decisioni definitive di chiusura.
Il 2 dicembre 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha condannato l’Italia al pagamento, per le suddette violazioni, di una sanzione forfettaria di 40 milioni di euro e di una penalità semestrale di 42, 8 milioni di euro da pagarsi fino all’esecuzione completa della sentenza.
In data 24 febbraio 2015, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha provveduto al pagamento della somma forfettaria di 40 milioni di euro e, in data 11 marzo 2015, dei relativi interessi di mora pari a 85.589.04 euro.
La sentenza ha una determinazione degressiva della sanzione pecuniaria: si prevede, infatti, la riduzione di 400.000 euro per la messa a norma di ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi e di 200.000 euro per la messa a norma di ciascuna discarica contenente rifiuti non pericolosi. Inoltre, la Commissione europea ha chiarito che, per dare esecuzione alla sentenza, non basta garantire che nei siti oggetto della condanna non siano più depositati rifiuti o che i rifiuti già depositati siano gestiti in conformità alla normativa UE in materia, ma occorre altresì verificare che i rifiuti non abbiano inquinato il sito e, in caso di inquinamento, eseguire le attività di messa in sicurezza o bonifica del sito ai sensi dell’articolo 240 del Codice dell’Ambiente.
L’elenco completo delle discariche oggetto del procedimento di esecuzione della sentenza è stato trasmesso informalmente dalla Commissione Europea nel marzo 2015 per il tramite della Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione Europea. Tali discariche erano così ripartite sul territorio nazionale:
- Abruzzo 28;
- Basilicata 2;
- Calabria 43 di cui 1 di rifiuti pericolosi;
- Campania 48 di cui 1 di rifiuti pericolosi;
- Emilia Romagna 1 di rifiuti pericolosi;
- Friuli Venezia Giulia 3;
- Lazio 21 di cui 1 di rifiuti pericolosi;
- Liguria 6 di cui 4 di rifiuti pericolosi;
- Lombardia 4 di cui 2 di rifiuti pericolosi;
- Marche 1 di cui 1 di rifiuti pericolosi;
- Molise 1;
- Piemonte 1 di cui 1 di rifiuti pericolosi;
- Puglia 12;
- Sardegna 1;
- Sicilia 12 di cui 1 di rifiuti pericolosi;
- Toscana 6;
- Umbria 1 di cui 1 di rifiuti pericolosi;
- Veneto 9.
La Commissione Europea, con due note del 14 dicembre 2014 e del 18 dicembre 2014, ha richiesto la trasmissione, entro il 2 giugno 2015, di specifiche informazioni sulle misure adottate in ottemperanza alla sentenza al fine di determinare l’entità della sanzione semestrale e decurtare dalla citata penalità semestrale la quota relativa agli interventi completati durante il primo semestre successivo alla sentenza.
A seguito della disamina della documentazione ricevuta dalle Regioni e trasmessa a giugno 2015 dalle Autorità italiane, la Commissione Europea ha riconosciuto la messa a norma di 14 discariche ed 1 errore di censimento, escludendoli dal pagamento della penalità semestrale, e ha contestualmente notificato l’ingiunzione di pagamento della penalità semestrale per le discariche restanti, per un ammontare di € 39.800.000,00.
Il pagamento della prima penalità semestrale è stato effettuato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 24 agosto 2015.
Alla data del 13 luglio 2015, rimanevano, pertanto, in procedura di infrazione ancora 185 discariche. Nei mesi successivi, il Ministero dell’ambiente ha avviato:
un costante lavoro d’impulso delle attività con le amministrazioni regionali competenti al fine del completamento degli interventi ancora in corso e della certificazione di quelli completati;
l’istruttoria della documentazione necessaria a proporre alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di diffidare ai sensi dell’art. 120, secondo comma, Cost., e dell’articolo 8, commi 1 e 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131, le amministrazioni regionali e locali inadempienti ad adottare tutti i provvedimenti dovuti per completare le attività necessarie a dare corretta esecuzione alla sentenza della Corte di Giustizia, in vista dell’eventuale esercizio dei poteri sostitutivi che dovessero rendersi necessari;
una collaborazione continua con il Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio e con l’Avvocatura dello Stato, attraverso l’istituzione di un tavolo di lavoro deputato all’elaborazione congiunta della documentazione, da trasmettere alla Commissione Europea, per il calcolo delle penalità semestrali e per lo stralcio dei casi con interventi ultimati e adeguatamente certificati.
Con riferimento all’attività d’impulso delle Autorità regionali competenti, sono state convocate e regolarmente verbalizzate apposite riunioni con le Regioni interessate dalla procedura d’infrazione, esaminando caso per caso le discariche oggetto di condanna, supportando gli organi regionali nell’individuazione dei percorsi utili alla risoluzione dei casi.
A seguito all’attività istruttoria svolta dal Ministero dell’Ambiente, sono state notificati, alle Regioni e agli enti locali interessati, 161 decreti di diffida del Presidente del Consiglio ai sensi dell’articolo 8, commi 1 e 2 della legge 5 giugno 2003, n. 131, in vista dell’eventuale esercizio del potere sostitutivo straordinario di cui all’art. 120, secondo comma, della Costituzione.
A seguito della disamina della documentazione trasmessa dalle Autorità italiane a dicembre 2015, in data 8 febbraio 2016 la Commissione Europea ha riconosciuto la messa a norma di 29 discariche, nonché 1 errore di censimento, escludendo i relativi siti dal computo della penalità semestrale, e ha contestualmente notificato l’ingiunzione di pagamento della seconda penalità semestrale per le discariche restanti, per un ammontare di € 33.400.000,00.
Appare di particolare rilevanza segnalare che tra i casi stralciati figura la Rada di Augusta per la quale, sulla base di chiarimenti e certificazioni trasmesse dal Ministero, la Commissione Europea ha riconosciuto l’errore di censimento iniziale che, purtroppo, non era stato accettato né in fase di giudizio, né per il calcolo della prima sanzione semestrale.
Per altre 8 discariche, oggetto di richiesta di stralcio dalla procedura di infrazione, la Commissione Europea non ha ritenuto sufficiente la documentazione trasmessa dallo Stato Italiano. Per questi 8 casi i miei uffici stanno valutando con l’Avvocatura Generale dello Stato se sussistono le condizioni per l’impugnazione della menzionata ingiunzione.
Rispetto allo stato dei procedimenti in corso, per le 155 discariche ancora oggetto della procedura d’infrazione a seguito delle predette valutazioni della Commissione europea (originariamente erano 200 discariche abusive), segnalo che gli enti territoriali competenti per 151 discariche sono stati destinatari di diffida ai sensi dell’articolo 8, commi 1 e 2 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e che per altri 4 casi di discariche che ricadono all’interno di Siti d’interesse nazionale di bonifica, sono in corso approfondimenti istruttori.
I termini imposti nelle diffide del Presidente del Consiglio dei Ministri non sono tutti scaduti e la situazione è quotidianamente monitorata dal Ministero.
In 10 casi gli enti territoriali hanno adempiuto a quanto richiesto nei termini imposti con le diffide ed è in istruttoria la documentazione al fine della trasmissione alla Commissione Europea per il calcolo della terza sanzione semestrale. Sarà impegno costante del mio Dicastero proseguire nel cospicuo lavoro di impulso e monitoraggio delle diverse amministrazioni locali e regionali interessate al fine di completare tutti gli interventi nel minor tempo possibile.
Tuttavia occorre segnalare che in molti casi i termini imposti con le diffide sono scaduti e le Amministrazioni interessate non hanno avviato o completato le attività prescritte. In tali casi, è senz’altro ipotizzabile l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato. Il Ministero dell’Ambiente ha pertanto comunicato le informazioni necessarie alla Presidenza del Consiglio del Ministri ai fini della valutazione dell’opportunità, da parte del Cdm, di procedere all’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti delle amministrazioni inadempienti e al loro conseguente commissariamento. Sul punto merita di essere richiamata la nuova disciplina introdotta con l’art. 1, comma 814 della Legge di Stabilità 2016 (l. n. 208 del 2015), che si applica pienamente anche ai casi in esame.
In effetti, proprio in considerazione della grande importanza e della notevole complessità degli adempimenti qui in discussione, il Governo si è fatto promotore dell’approvazione, in sede di legge di stabilità, di una normativa volta a rendere più celere ed efficace l’intervento sostitutivo dello Stato a garanzia di importanti diritti fondamentali degli individui nonché del corretto adempimento agli obblighi europei. Per giungere alla definitiva bonifica di questi siti è infatti necessario procedere ad una serie di attività, strettamente collegate le une alle altre: questo rende particolarmente difficile l’esercizio di un efficace potere sostitutivo da parte del Governo. La norma prevista in Legge di Stabilità consente al Governo – nel caso in cui ciò si renda necessario per far fronte a sentenze di condanna o a procedure di infrazione Ue – di diffidare gli enti inadempienti alla realizzazione di uno specifico cronoprogramma, con la possibilità, nel caso di inadempimento anche ad uno solo degli atti indicati nel cronoprogramma, di una integrale sostituzione fino al pieno raggiungimento del risultato. Come è evidente, si tratta di uno strumento di grande accelerazione dei procedimenti e di cui è intenzione del Governo servirsi con decisione.
E’ evidente che tale sentenza di condanna, come quella sul ciclo rifiuti della regione Campania di cui vi illustrerò a breve, rappresentino un paradosso. Lo Stato, infatti, è costretto a farsi carico, tanto dal punto di vista amministrativo quanto dal punto di vista finanziario, del comportamento omissivo delle amministrazioni locali e regionali che, nel caso delle discariche abusive, non ottemperano ai compiti loro assegnati dall’articolo 250 del decreto legislativo 152/2006.
Stato della procedura di infrazione sulla gestione dei rifiuti urbani in Regione Campania
In data 16 luglio 2015, la Corte di Giustizia ha emesso una sentenza ex art. 260 del TFUE (Causa C-653/13) nella quale dichiara e statuisce che l’Italia, non avendo adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla prima sentenza della Corte del 4 marzo 2010, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, e, conseguentemente, è condannata a versare alla Commissione europea una sanzione pecuniaria nella forma di: a) una somma forfettaria di Euro 20 milioni; b) una penalità giornaliera di Euro 120.000 dovuta dal giorno di pronuncia della sentenza fino al completo adempimento della prima sentenza.
La condanna consegue principalmente alla carenza nella capacità della Regione Campania di gestire i propri rifiuti urbani. In particolare, la Corte considera che il numero di impianti aventi la capacità necessaria a trattare i rifiuti prodotti dalla Regione Campania è insufficiente, dato che il trattamento di una parte cospicua dei rifiuti dipende da trasferimenti verso altre regioni e altri Stati.
La penalità imposta dalla Corte di Giustizia è suddivisa in tre parti, ciascuna pari ad un importo di euro 40.000 al giorno, calcolata per categoria di impianti da realizzare in attuazione del Piano Regionale di Gestione dei rifiuti (discariche, termovalorizzatori e impianti di trattamento dei rifiuti organici) per un totale di euro 120.000 al giorno ed è dovuta fino a quando non saranno messi in esercizio gli impianti necessari a garantire l’autosufficienza nella gestione dei rifiuti urbani e allo smaltimento delle ecoballe.
Con decisione del 22 settembre 2015, la Commissione Europea ha chiarito le modalità di esecuzione della sentenza e comunicato le sue valutazioni in merito ai dati trasmessi dalle Autorità italiane, precisando che “almeno fino a quando non sia adottato un nuovo piano di gestione dei rifiuti conforme al diritto UE, e visto che, secondo l’attuale piano del 2012, in Campania occorre costruire anche capacità aggiuntiva di termovalorizzazione, la Commissione non potrà che chiedere il pagamento dell’integralità della penalità giornaliera”. Inoltre, nel sottolineare che il nuovo piano dovrà basarsi su dati e analisi affidabili ed essere pienamente in linea con l’articolo 28 della direttiva 2008/98/CE, la Commissione ricorda che tale pianificazione “dovrà affrontare esplicitamente la questione delle ecoballe”.
A seguito della sentenza di condanna, la Regione Campania ha adottato, con delibera di giunta regionale n. 381 del 07 agosto 2015, il documento intitolato “Indirizzi per l’aggiornamento del Piano Regionale per la gestione dei Rifiuti Urbani”, dal quale si evincono le modalità con le quali la Regione intende gestire il ciclo ordinario dei rifiuti nel nuovo Piano prevedendo la realizzazione di un’idonea rete impiantistica per il trattamento della frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani e l’identificazione di ulteriori capacità di discarica, nonché una proposta per la valorizzazione dei rifiuti stoccati in balle.
Il 25 novembre 2015 il Governo ha approvato il decreto legge n. 185, che all’articolo 2 prevede “Interventi straordinari per la Regione Campania” nel quale si elencano i compiti delegati al Presidente della Regione per dare esecuzione alla sentenza della Corte di Giustizia Europea. In ottemperanza alle disposizioni contenute all’articolo 2, comma 7, del decreto legge n. 185 del 2015, convertito con modificazioni dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9, la Regione Campania con la Delibera di Giunta n. 609 del 26/11/2015 ha approvato il Piano Stralcio Operativo e il 24 dicembre scorso ha pubblicato anche la gara relativa allo smaltimento di una prima quota di ecoballe. Ai sensi dell’articolo 2, comma 1 del citato decreto legge n. 185, la Regione ha inoltre approvato, con delibera di Giunta il Piano Straordinario d’Interventi. Quest’ultimo si configura come variante al vigente piano regionale e contiene misure atte alla risoluzione del problema delle ecoballe; infatti il 5 febbraio scorso, la Regione ha inviato l’informativa relativa all’avvio della procedura di scoping di VAS per l’aggiornamento del vigente piano regionale alla luce sia degli indirizzi approvati lo scorso agosto, relativi alla gestione del ciclo ordinario, sia del piano straordinario degli interventi per la gestione delle ecoballe.
Queste misure adottate dalla Regione Campania, nonché le disposizioni normative adottate dal Governo il decreto-legge n. 185 del 25 novembre 2015, sono state oggetto di valutazione da parte della Commissione Europea che ha notificato, con la decisione del 12 febbraio 2016, l’ingiunzione di pagamento della penalità giornaliera per il primo semestre successivo alla sentenza del 16 luglio 2015.
Tale penalità ammonta a EUR 22.200.000 e dovrà essere versata dallo Stato italiano entro la fine del corrente mese di marzo.
La Commissione ha pertanto ritenuto di dover imporre il pagamento dell’integralità della penalità giornaliera così come prevista dalla sentenza e confermato che “poiché il piano di gestione dei rifiuti in Campania adottato nel 2012 è tutt’ora vigente, la Commissione Europea non può che continuare a far riferimento a tale piano per definire quale sia la capacità di gestione dei rifiuti necessaria in Campania”. In riferimento alla disposizioni adottate dal legislatore con il decreto legge 185 del 2015, la Commissione segnala che “il problema delle ecoballe non è la sola questione oggetto della sentenza del 16 luglio 2015. La sentenza riguarda infatti la più ampia questione del sistema di gestione dei rifiuti in Campania, e quindi la produzione attuale di rifiuti e non soltanto i rifiuti “storici”.
Alla luce di tali importanti chiarimenti da parte delle istituzioni europee, si conferma la necessità, più volte segnalata dal Ministero dell’ambiente, di adottare tutte le misure necessarie al fine di accelerare alla realizzazione dell’impiantisca indispensabile alla gestione dei rifiuti urbani in Regione Campania per dare piena esecuzione alla sentenza di condanna al fine di scongiurare il protrarsi degli onerosi esborsi conseguenti alle sanzioni pecuniarie inflitte al nostro Paese. Segnalo, infine, che la decisione è stata notificata alla Regione Campania.
Per quanto riguarda il tema dell’esercizio del diritto di rivalsa, si rappresenta quanto segue.
Sul pagamento delle ingenti sanzioni pecuniarie di cui vi ho dato conto in precedenza e sull’esercizio del diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle amministrazioni locali e regionali responsabili, considerata l’importanza che riveste, il Governo, al fine di assicurare una tempestiva esecuzione delle sentenze di condanna, ha previsto delle novità con la legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 813). Il sistema di rivalsa attivato dal Ministero dell’economia e delle finanze nei confronti dei soggetti responsabili delle violazioni che hanno determinato la sentenza di condanna prevede, infatti, un meccanismo di compensazione con i trasferimenti che lo Stato dovrà effettuare in favore delle amministrazioni stesse. Al riguardo, si segnala che non è più necessario, a seguito delle modifiche normative introdotte con la Legge di Stabilità per il 2016, acquisire l’intesa con le amministrazioni responsabili delle violazioni.
Sulle procedure di infrazione relative alle discariche abusive e sulla gestione dei rifiuti in Campania, ad ogni modo, è stato avviato un iter procedurale che prevede un coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate. In particolare, il Ministero dell’economia e delle finanze sta procedendo a definire, sentiti le Regioni e i Comuni interessati, le modalità di reintegro delle anticipazioni effettuate. La scelta di seguire una procedura collaborativa con le amministrazione interessate risponde all’esigenza di assicurare il reintegro delle anticipazioni tenendo conto dei vincoli di bilancio e delle limitate disponibilità di risorse di molti Comuni interessati.
Ad ogni modo, considerato comunque il forte impatto che ne deriva sulla finanza pubblica, resta alta l’attenzione e la priorità dell’intero Governo nella risoluzione delle problematiche evidenziate, pronto a utilizzare tutti gli strumenti disponibili, come già evidenziato nel corso della mia relazione, anche mediante il ricorso ai poteri sostitutivi e a specifiche previsioni normative.
Consentitemi, a questo punto, una digressione sui rapporti tra Amministrazione Centrale e Regioni. Di sovente il Governo è chiamato ad intervenire attraverso l’esercizio dei poteri sostitutivi o mediante l’adozione, in via di urgenza, di norme necessarie per chiudere le procedure di infrazione e gli EU-Pilot di competenza regionale. Tale dato è sintomatico di una difficoltà sistemica delle Regioni.
Delle 18 procedure europee in materia ambientale ben 14 vedono il coinvolgimento diretto delle amministrazioni locali e regionali.
I dati appena esposti non hanno lo scopo di individuare responsabilità ma devono servire da stimolo per individuare le criticità, analizzare le procedure e mettere a fattor comune l’esperienza dei soggetti che, a vario titolo, ricoprono un ruolo nel multilivello decisionale. Ciò anche in attuazione dei principi costituzionali di sussidiarietà e di leale collaborazione che devono contraddistinguere i rapporti tra Stato e Regioni.
Altre procedure di infrazione che presentano differenti profili di criticità
1) Stato delle procedure in materia di acque reflue urbane
Da ultimo vorrei soffermarmi su alcune vicende delicate che potrebbero esporre l’Italia a sanzioni economiche.
Particolarmente importante è la mancata corretta attuazione della direttiva 91/271/CEE sulle acque reflue urbane.
Occorre fare una premessa per inquadrare i soggetti istituzionali coinvolti nella governance del servizio di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane a partire dalla istituzione e organizzazione del servizio, per giungere fino all’affidamento, alla erogazione, al controllo ed alla vigilanza dello stesso.
I servizi di fognatura e depurazione unitamente al servizio di acquedotto costituiscono, nel loro complesso, il Servizio Idrico Integrato (di seguito SII) così come definito dal Codice dell’Ambiente, il quale «è costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue ». Al riguardo deve essere sin da subito evidenziato come la piena realizzazione del sistema di governance del Servizio Idrico Integrato (SII) e la realizzazione degli interventi sui sistemi fognari e depurativi finalizzati, anche e soprattutto, al superamento del contenzioso comunitario siano processi strettamente interconnessi tra loro. La piena attuazione del servizio idrico integrato è infatti condizione indispensabile per:
rafforzare la governance complessiva delle risorse idriche in un ottica di gestione integrata, in coerenza ed attuazione con quanto prevede la direttiva 2000/60/CE con riferimento al Piano di gestione Acque, che rappresenta il masterplan sovraordinato di riferimento che mette a sistema le pianificazioni settoriali tra cui il piano d’ambito e la relativa programmazione in materia di servizio idrico integrato;
migliorare la gestione del ciclo integrato delle acque secondo i principi di efficienza, efficacia ed economicità;
migliorare la ricognizione delle infrastrutture esistenti nonchè la pianificazione, la progettazione e la conseguente realizzazione degli interventi;
dare attuazione alle disposizioni e agli indirizzi comunitari e nazionali in materia di politiche tariffarie al fine di generare introiti finanziari da destinare prioritariamente alla realizzazione degli interventi di fognatura e depurazione;
accelerare la realizzazione degli interventi in materia di raccolta e depurazione delle acque reflue, anche al fine di superare i contenziosi comunitari.
La mancata piena attuazione del SII in molte regioni interessate dal contenzioso europeo (es. Calabria, Campania, Sicilia) ha messo in evidenza le difficoltà delle Amministrazioni locali nell’adeguare la dotazione infrastrutturale, in particolare si è manifestata l’incapacità progettuale, finanziaria e di spesa nella realizzazione degli interventi fognari e depurativi necessari all’adeguamento alla normativa europea di settore (direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane).
Tenuto conto della vigente normativa in materia, alle Regioni spetta il compito di:
delimitare gli Ambiti Territoriali Ottimali;
individuare l’Ente di governo d’ambito quale soggetto locale preposto alla governance del SII;
Agli Enti locali, tramite l’ente di governo d’ambito, in applicazione dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, spettano invece i compiti di:
la pianificazione e programmazione degli interventi necessari alla gestione del Servizio idrico integrato (SII);
la scelta del modello gestionale ed organizzativo del Servizio idrico integrato (SII);
il piano economico e finanziario e la determinazione della tariffa del SII attività queste che gli Enti locali esercitano esclusivamente mediante la partecipazione obbligatoria all’Ente di governo d’ambito sulla base della individuazione dei medesimi operata dalla Regione.
Il decreto legislativo n. 152 del 2006, così come modificato dallo Sblocca Italia, nel disciplinare il riassetto territoriale e organizzativo del servizio idrico integrato, stabilisce, tra l’altro, che «le Regioni che non hanno individuato gli enti di governo dell’ambito provvedono, con delibera, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014», disponendo inoltre che, decorso inutilmente il suddetto termine, si faccia ricorso ai poteri sostitutivi straordinari di cui agli artt. 120, secondo comma, Cost., e 8 della legge n. 131 del 2003.
Peraltro, anche l’articolo 3-bis del decreto legge n. 138 del 2011 attribuisce espressamente al Governo, a tutela dell’unità giuridica ed economica, l’esercizio dei poteri sostitutivi straordinari, per il caso di inadempimento da parte delle Regioni degli obblighi di definizione degli ambiti territoriali ottimali del servizio e di designazione dei relativi enti di governo.
In ragione di quanto premesso, il Ministero dell’ambiente sta monitorando l’iter di riorganizzazione del SII provvedendo, ove necessario, a sollecitare le Regioni ed intervenire con l’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti degli Enti locali e degli Enti di Governo d’ambito che non abbiano adempiuto agli obblighi di legge.
Ad oggi, pertanto, il Governo ha inteso diffidare:
con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 maggio 2015 le Regioni Calabria, Campania, Molise e Sicilia, ad adempiere all’individuazione dell’ente di governo d’ambito, non avendo provveduto nel termine perentorio del 31 dicembre 2014 previsto dalla normativa vigente in materia ( art 147 del d.lgs 152/2006);
con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 2015 le Regioni, Abruzzo e Basilicata, a provvedere alla piena ed efficace costituzione dei rispettivi Ente di governo d’ambito in quanto, sebbene identificati da diversi anni, non sono ancora operativi.
Con specifico riferimento alla procedura di infrazione inerente il trattamento delle acque reflue, è invece possibile notare quanto segue.
La direttiva 91/271/CEE attiene alla raccolta, al trattamento e allo scarico delle acque reflue generate da agglomerati urbani e da alcuni settori industriali, prevedendo che tutti gli agglomerati al di sopra dei 2.000 abitanti equivalenti siano provvisti di rete fognaria e impianti depurativi, indicando modalità e tempi di adeguamento in funzione del carico generato e dell’area di scarico (in area sensibile o meno).
Anche se notevoli sono stati i progressi compiuti negli ultimi anni nel settore idrico che hanno consentito a vaste e significative aree territoriali di dotarsi dei requisiti infrastrutturali richiesti, permangono tuttavia ancora oggi diverse aree, specialmente nel Mezzogiorno, caratterizzate da evidenti ritardi di adeguamento nel settore depurativo.
Ad oggi l’Italia è interessata da tre procedure d’infrazione nel settore idrico, per due delle quali la Corte di Giustizia europea ha già formulato un primo pronunciamento di condanna.
Si tratta, in particolare, della procedura d’infrazione 2004/2034, in esito alla quale è stata adottata la sentenza della Corte di Giustizia europea del 19 luglio 2012 (ex art. 258 del Trattato di Funzionalità dell’Unione Europea -TFUE). Questa riguarda ad oggi 81 agglomerati con carico generato maggiore di 15.000 abitanti equivalenti e scarico in area normale.
Sono sette le Regioni interessate: Abruzzo ( 1 agglomerato) – Calabria (13) – Campania (7) – F.V.Giulia (2) – Liguria (3) – Puglia (4) – Sicilia (51 agglomerati). Si sottolinea che nella Regione Siciliana risulta localizzato il 63% degli agglomerati in infrazione.
In data 10 dicembre u.s la Commissione europea ha inoltre inviato alle autorità italiane una lettera di messa in mora ai sensi dell’art. 260 TFUE.
La Commissione ha, pertanto, avviato la fase della procedura di infrazione diretta ad accertare la mancata esecuzione della Sentenza del 19 luglio 2012 con conseguente, probabile, applicazione delle sanzioni economiche.
Su tale rischio le Regioni coinvolte sono state ampiamente informate attraverso comunicazioni formali ed incontri specifici tesi, tra l’altro, a fornire collaborazione per la realizzazione dei necessari interventi ma anche ad illustrare l’intenzione dell’Amministrazione centrale di esercitare il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di Regioni o di altri Enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell’Unione Europea(commi 813, 814, 815 legge di stabilità 2016).
Si riporta di seguito, sulla base delle informazioni rese dalle Regioni interessate, la situazione rappresentata alla Commissione europea relativa agli 81 agglomerati oggetto della procedura di infrazione:
1 agglomerato conforme ;
5 agglomerati con raggiunta “conformità strutturale” ossia intervento per la realizzazione o adeguamento dell’impianto completato; è necessario inviare alla Commissione europea un anno completo di campionamenti conformi;
5 agglomerati conformi entro il 2016;
58 agglomerati conformi tra il 2017/2019;
12 agglomerati conformi tra il 2020/2022;
La seconda procedura di infrazione (2009/2034) in materia idrica riguarda ad oggi 34 agglomerati con carico generato maggiore di 10.000 abitanti equivalenti e scarico in area sensibile.
Sono undici le Regioni interessate:
Abruzzo (1 agglomerato) – Lazio (1) – Lombardia (14) – F.V.Giulia (5) – Marche (2) – Puglia (2) – Sicilia (5) – Sardegna (1) – Valle d’Aosta (1) – Veneto ( 1) – Piemonte (1).
Si riporta di seguito, sulla base delle informazioni rese dalle regioni interessate, la situazione rappresentata alla Commissione europea relativa agli 81 agglomerati in argomento:
11 agglomerati conformi;
2 agglomerati che, all’attualità, hanno raggiunto una conformità strutturale dal punto di vista infrastrutturale e per i quali si fornirà, con i prossimi aggiornamenti, un anno completo di campionamenti;
12 agglomerati conformi entro il 2016;
9 agglomerati conformi tra il 2017/2019;
La terza procedura di infrazione (2014/2059) già oggetto di Parere motivato da parte della Commissione europea riguarda 817 agglomerati con carico generato maggiore di 2.000 abitanti equivalenti .
Sono interessate tutte le Regioni eccetto il Molise.
In particolare:
P.A Bolzano (1 agglomerato) – P.A Trento (2) – V. Aosta (2) – Piemonte (2) – Lazio (6 ) – Umbria (9) – Emilia-Romagna (9) – Liguria (7) – F.V.Giulia (8) – Abruzzo (22) – Veneto (30 agglomerati) – Basilicata (40) – Toscana (41) – Puglia (27) – Marche (46) – Sardegna (55) – Campania (108) – Lombardia (99) – Calabria (128) – Sicilia (175).
I servizi tecnici della Direzione generale “Ambiente” della Commissione Europea stanno valutando le informazioni trasmesse a luglio u.s. dalle autorità italiane in riscontro al parere motivato; sulla base dei dati forniti dalle Regioni appare verosimile che 150 agglomerati saranno considerati conformi dalla CE e quindi non più interessati dal prosieguo della procedura.
Iniziative del Ministero dell’Ambiente per dare impulso alle Regioni e accelerare gli interventi di messa a norma degli agglomerati:
Con la delibera n. 60 del 30 aprile 2012, il CIPE ha assegnato alle regioni Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna un miliardo e 776 milioni di Euro circa per la realizzazione di 183 interventi per la raccolta e la depurazione delle acque reflue urbane. Questi interventi hanno rilevanza strategica anche perché possono consentire all’Italia di uscire dalle procedure di infrazione in materia di trattamento delle acque reflue urbane.
A tal fine, sono stati sottoscritti Accordi di Programma Quadro rafforzati tra il MATTM, il MISE e le Regioni: Basilicata (28 dicembre 2012); Sicilia (30 gennaio 2013); Calabria (5 marzo 2013); Puglia (27 marzo 2013 – “Reti fognarie”) e (24 aprile 2013 – “Depurazione”); Campania (10 maggio 2013) e Sardegna (23 luglio 2013).
Inoltre, l’art. 1, comma 112 della Legge di Stabilità 2014 ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di un apposito fondo per il finanziamento di un “Piano straordinario di tutela e gestione della risorsa idrica” – (capitolo 1822) – finalizzato prioritariamente a potenziare la depurazione delle acque reflue urbane. Con tale fondo sono stati finanziati diversi interventi nel settore fognario depurativo, risolutivi del contenzioso comunitario ed inseriti negli Accordi di Programma Quadro Rafforzati sottoscritti tra ottobre e novembre del 2014 con le Regioni Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche , Molise , Piemonte, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto e con la Provincia Autonoma di Trento.
Per accelerare la realizzazione degli interventi necessari all’adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione in ordine all’applicazione della direttiva 91/271/CE è stata attivata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero dell’ambiente, la procedura di commissariamento prevista dall’articolo 7, comma 7 dello Sblocca Italia.
Tale procedura ha portato alla nomina di appositi commissari straordinari per interventi finanziati con la delibera CIPE n. 60/2012, che interessano le Regioni: Basilicata (6 agglomerati – 8 interventi – importo € 23,7 mln), Campania (4 agglomerati – 4 interventi – importo € 180,332 mln), Calabria (11 agglomerati – 5 interventi – importo € 27,3 mln) e Sicilia ( 36 agglomerati – 64 interventi € 772,08 mln ), e per interventi finanziati con il sopra citato Piano straordinario: Regione Friuli-Venezia Giulia (4 agglomerati – 17 interventi – importo € 21,5 mln) e Veneto ( 1 agglomerato – 1 intervento – importo € 6,0 mln).
Da ultimo si segnala che è in corso di completamento la procedura di commissariamento per: Regione Siciliana (12 agglomerati – 16 interventi – importo € 87,25 mln), Regione Sardegna (4 agglomerati – 4 interventi – importo € 15,36 mln) e Regione Puglia a (1 agglomerati – 1 interventi – importo € 19 mln).
Altri 3 casi che presentano profili di criticità in materia di Rifiuti
1 – Stato della procedura d’infrazione relativa alla gestione dei rifiuti urbani nella Regione Lazio
Tra le procedure su cui è rivolta particolare attenzione vi è, evidentemente, anche quella che relativa alle discariche di rifiuti nel Lazio (2011/4021) e la relativa sentenza del 15 ottobre 2014 attengono al rispetto dell’articolo 6 della Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, ai sensi del quale gli Stati membri devono provvedere affinché siano conferiti in discarica solo rifiuti adeguatamente trattati.
Nella sentenza, la Corte ritiene che nella Regione Lazio:
- nel SubAto di Roma, con esclusione della discarica di Cecchina ubicata nel Comune di Albano Laziale, e nel SubAto di Latina, i rifiuti conferiti in discarica non sono sottoposti al necessario idoneo trattamento dei rifiuti;
- non vi sia una rete integrata ed adeguata di impianti gestione dei rifiuti urbani.
In riferimento alla prima violazione, si ricorda che ancor prima dell’emanazione della sentenza di condanna nella causa in oggetto, il Ministero dell’ambiente ha adottato idonee misure al fine di garantire l’applicazione, su tutto il territorio nazionale, del menzionato articolo 6 della direttiva, in particolare con l’invio della nota interpretativa del 6 agosto 2013, prot. n. 0042442/GAB a tutte le Regioni e alle Province autonome, con la quale ha chiarito definitivamente il regime applicabile ai sensi della normativa unionale e nazionale, circa l’ammissibilità dei rifiuti in discarica.
In tal modo, in piena conformità con quanto affermato dal giudice comunitario nella sentenza, è stato precisato che per idoneo trattamento dei rifiuti urbani da conferire in discarica s’intende un’adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e la stabilizzazione della frazione organica.
A seguito della sentenza, la Regione Lazio ha affermato che in tutte le discariche del Lazio, a partire dal mese di marzo 2014, i rifiuti conferiti sono sottoposti ad un idoneo trattamento ai sensi della direttiva discariche.
Inoltre, dai dati disponibili risulta che la capacità di trattamento di rifiuti urbani indifferenziati dovrebbe essere sufficiente a soddisfare il fabbisogno della Regione Lazio.
Le informazioni sono state trasmesse dal Dipartimento per le politiche europee alla Commissione Europea.
Nell’aggiornare il Piano di gestione dei rifiuti urbani, la Regione Lazio dovrà tenere in debito conto le conclusioni alle quali è giunto il mio Dicastero nell’ambito del lavoro istruttorio svolto per la predisposizione dello schema dei D.P.C.M. ai sensi dell’articolo 35 dello Sblocca Italia. Lo schema di regolamento individua per la regione Lazio la necessità di realizzare una nuova infrastruttura di incenerimento di rifiuti urbani e assimilati con una capacità pari a 210.000 t/a al fine di assorbire integralmente il proprio fabbisogno per il recupero energetico di rifiuti.
2 – Stato della procedura d’infrazione relativa all’adeguamento e alla chiusura delle discariche di rifiuti in conformità con la direttiva 1999/31/CE.
Ulteriore caso al quale il Ministero dell’Ambiente sta dedicando grande attenzione è la Procedura di infrazione 2011/2215 aperta nel 2011 e attualmente in fase di pre-contenzioso. La Commissione Europea il 19 giugno 2015 ha notificato un parere motivato complementare con il quale ha segnalato la presenza di 50 discariche preesistenti alla direttiva 1999/31/CE che non sono state adeguate alla direttiva stessa o non sono state chiuse nei termini previsti dalla citata Direttiva.
E’ tutt’ora in corso la valutazione, da parte della Commissione Europea, della risposta delle Autorità italiane, trasmessa ad ottobre 2015 sulla base dei dati acquisiti dalle Regioni Abruzzo, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Puglia.
Dalla decisione della Commissione Europea si potranno definire se e quali violazioni della normativa comunitaria sono state accertate. Ad ogni modo il Ministero dell’Ambiente, per individuare misure tempestive e volte a scongiurare una nuova condanna nel caso in cui la Commissione Europea decidesse di deferire il nostro Paese in Corte di Giustizia, sta effettuando ulteriori approfondimenti in collaborazione con le Regioni interessate. All’esito di tale istruttoria e una volta accertate a livello comunitario eventuali violazioni, sarà possibile valutare se procedere ai sensi della nuove disposizioni introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 (articolo 1, comma 814). La nuova disciplina dettata dal novellato articolo 41, comma 2-quater della legge n. 234 del 2012 stabilisce che nei casi in cui sono in corso procedure europee di infrazione e accertate violazioni della normativa europea, il Presidente del Consiglio dei Ministri può porre un termine per l’adeguamento alle Amministrazioni pubbliche competenti; scaduto inutilmente il termine, il Consiglio dei Ministri può decidere di adottare direttamente i necessari provvedimenti attuativi o nominare un commissario.
3 – Stato della procedura d’infrazione sulla revisione dei Piani regioni di gestione dei rifiuti urbani e speciali
La procedura di infrazione 2015/2165 è stata aperta dalla Commissione Europea lo scorso mese di novembre e riguarda la revisione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti in attuazione degli artt. 28 e 30 della direttiva 2008/98/CE.
I piani di gestione dei rifiuti di tutte le Regioni ad eccezione di Lazio, Marche, Puglia e Umbria sono oggetto di segnalazione in questo pre-contenzioso comunitario. Con nota del 21 dicembre 2015, il Ministero dell’Ambiente ha trasmesso un’esauriente risposta alle contestazioni della Commissione Europea, sulla base dei dati acquisiti dalle Regioni che hanno riferito dettagliatamente sulle procedure di revisione ancora in corso, indicando il termine previsto per l’adozione definitiva dei suddetti piani. Rimaniamo in attesa delle valutazioni della Commissione europea che dovrà chiarire gli aspetti relativi all’interpretazione della norma in quanto la direttiva comunitaria 2008/98 sui rifiuti non prescrive, in alcun modo, un termine per il completamento della procedura di revisione intrapresa a seguito della valutazione dei suddetti strumenti programmatici; valutazione, quest’ultima, che ha una periodicità di 6 anni.
In conclusione, nel ringraziare per l’attenzione dedicata, mi preme ribadire che, in continuità con quanto già fatto, si rende necessario rafforzare sempre più il rapporto di collaborazione tra lo Stato e le Regioni e, poi, anche con la Commissione Europea. Bisogna avviare un nuovo percorso fondato, oltre che sulla chiarezza e sul rispetto reciproco, soprattutto sulla fiducia, perseguita innanzitutto attraverso la continuità del rapporto che vorremmo connotato da un costante e fattivo confronto sui dati, nonché su una rinnovata centralità nell’approccio con le problematiche europee.