Dalla guerra in Ucraina all’impennata dei prezzi dei concimi di sintesi: ecco come HBI recupera dai fanghi di depurazione contenuto energetico, ma anche ammoniaca e fosforo utili per il settore primario. Basso: “La nostra tecnologia permette di ridurre di oltre il 90% i fanghi da avviare a smaltimento”
Il caro fertilizzanti rischia di portare al collasso l’agricoltura italiana. Prima l’impennata dei prezzi del gas e ora l’esplosione del conflitto in Ucraina, con i potenziali contraccolpi delle sanzioni imposte a Mosca dall’Unione europea, stanno alimentando rincari da record sul mercato dei principali concimi di sintesi. Concimi che l’Italia importa in grandi quantità dall’estero, povera com’è delle materie prime necessarie a produrli: azoto, fosforo, potassio, ma anche gas naturale, indispensabile per la sintesi dell’ammoniaca e quindi del nitrato d’ammonio, elemento base dei più comuni fertilizzanti utilizzati dalle aziende agricole. Gas naturale che invece, come ormai sappiamo tutti, abbonda in Russia, che per questo controlla il 40% del mercato mondiale dell’ammoniaca e che all’alba dell’invasione dell’Ucraina ha posto un embargo sulle esportazioni fino ad aprile, facendo schizzare ulteriormente i prezzi. Secondo Coldiretti, nelle ultime settimane il costo dei concimi è salito alle stelle, con un aumento di oltre il 170%, e il rapido deteriorarsi delle relazioni diplomatiche e commerciali con la Russia rischia di tenere i prezzi su livelli altissimi ancora a lungo.
Così come per l’energia, anche per i fertilizzanti serve insomma ripensare le nostre strategie di approvvigionamento. Una via d’uscita che non passi per Mosca esiste, ed è circolare. A tracciarla è HBI, nata come startup nel 2016 dal fondatore Renato Pavanetto e il CEO Daniele Basso, che negli anni si sono impegnati a sperimentare una tecnologia innovativa per recuperare il tesoro di cui sono ricchi i nostri i fanghi da depurazione. “Abbiamo sviluppato una tecnologia per il trattamento dei fanghi da depurazione che integra due processi innovativi. Il primo è necessario per estrarre il contenuto energetico, il secondo invece per separare materiale ad alto valore aggiunto secondo un’ottica di economia circolare, come l’ammoniaca, indispensabile per la produzione di fertilizzanti, ma anche fosforo, potassio, magnesio e calcio. Inoltre, grazie alla collaborazione con il CNR di Padova stiamo sviluppando una ricerca sul processo di elettrolisi dell’ammoniaca, tramite cui produrre idrogeno” spiega il CEO di HBI, Daniele Basso.
Una miniera d’oro, quella dei fanghi, che non sempre, però, viene valorizzata. Ne produciamo 3,1 milioni di tonnellate all’anno, stando alle analisi del laboratorio Ref Ricerche, ma riusciamo a gestirne solo 2,9 milioni recuperandone il 40% in impianti di compostaggio, mentre più della metà, pari al 56,3%, finisce in discarica. “Abbiamo realizzato due impianti pilota: uno lo stiamo testando presso il depuratore di Bolzano, l’altro presso il Green Propulsion Lab di Fusina, a Venezia. Con il nostro sistema integrato riusciamo a ridurre il materiale da avviare a smaltimento finale di oltre il 90%. Su 100 kg di fanghi da depurazione da smaltire, grazie alla tecnologia di HBI meno di 10 kg saranno destinati alla discarica, risultato importante dal punto di vista ambientale” aggiunge l’ing. Basso.
Il sistema integrato ideato e progettato da HBI consente, dunque, di produrre dal trattamento dei fanghi di depurazione energia rinnovabile ma anche biomateriali, come la già citata ammoniaca o come il fosforo, altro elemento indispensabile per la produzione di fertilizzanti ma praticamente assente sul territorio europeo, tanto da figurare nell’elenco delle cosiddette materie prime critiche. “Per le attività industriali – chiarisce Basso – l’Europa importa fosforo, indispensabile per la produzione dei fertilizzanti. E oggi più che mai c’è la necessità di sviluppare nuove tecnologie per recuperarlo dagli scarti“. Secondo la Commissione Ue, recuperandolo dai fanghi si potrebbe potenzialmente coprire il 20-30% del fabbisogno di concimi fosfatici impiegati nell’Unione. Una sfida alla quale anche HBI dà il suo contributo, partecipando ai tavoli tecnici della Piattaforma Italiana del Fosforo, coordinata dal ministero della Transizione Ecologica e da ENEA, per individuare tecnologie che consentano la chiusura del ciclo del fosforo. “Abbiamo partecipato ai tavoli tecnici del ministero in collaborazione con Enea per dare il nostro contributo nell’individuazione di possibili fonti di estrazione del fosforo mediante la nostra tecnologia” dichiara Daniele Basso.
L’intreccio tra tecnologia e sviluppo sostenibile come risposta alle sfide della transizione ecologica ma anche alle emergenze del presente. “È importantissimo iniziare a pensare local nonostante la globalizzazione, anche grazie alla creazione di ecosistemi sostenibili, ma soprattutto resilienti rispetto a fenomeni di tensioni geopolitiche” aggiunge il CEO di HBI. Recuperare risorse dai rifiuti significa riportare a livello locale l’approvvigionamento di almeno una parte di quelle risorse che oggi il nostro Paese è costretto ad acquistare su mercati globali sempre più segnati dall’instabilità del quadro geopolitico, con i prezzi alle stelle e l’incognita delle forniture. “Bisogna pensare local, ma essere sempre connessi, perché la produzione locale è limitata. Per questo è fondamentale rimanere connessi anche alle realtà di altri territori” chiude Daniele Basso.