NAPOLI. La firma congiunta con la quale le società e le amministrazioni campane hanno fatto sentire la propria voce contro il regime di immotivata anomalia del Sistri in Campania arriva sei anni dopo l’istituzione del sistema, a testimonianza del fatto che non si tratta di una crociata. I tecnici delle aziende del servizio pubblico hanno provato in ogni modo a far funzionare il sistema, come ci spiega Paolo Stanganelli, direttore dell’area Ricerca e Sviluppo dell’Asia, la municipalizzata partenopea che si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani.
La lettera indirizzata al Ministero per le aziende campane è una “prima volta”: perché?
«Perché per la prima volta ci siamo confrontati intorno a un tavolo e abbiamo finalmente condiviso le nostre esperienze. E tutti siamo convenuti sul fatto che il Sistri sia inadeguato e obsoleto».
Una visione condivisa con il resto d’Italia, ma per voi le cose vanno addirittura peggio.
«Sì, perché è totalmente inadeguato alla gestione dei rifiuti urbani. Sistri non è in grado di gestire flussi tra i 50 e i 70 automezzi in uscita ogni venti minuti per effettuare la raccolta sul territorio. Senza contare che la nostra sola interfaccia è con un call center che risponde solo in orario d’ufficio, lasciandoci totalmente sguarniti durante la notte, quando il servizio è prevalente. L’unica strada percorribile per ovviare a questa farraginosità ma consentire il servizio è quella di commettere errori di procedura».
Con il Sistri a pieno regime gli errori di procedura si pagheranno cari: le multe previste andranno a gravare sui cittadini?
«Se il Sistri e relative sanzioni dovessero scattare davvero, dal primo gennaio 2016 ci sarebbe anzitutto un indebolimento ed un rallentamento se non addirittura un blocco nel servizio di raccolta, perché a fronte delle penalità previste gli operatori non sarebbero più disposti a commettere deliberatamente quegli errori. Per quanto riguarda i costi per il pubblico, quelli ci sono già stati».
In che misura?
«I costi del Sistri indirettamente sono già finiti nella tassa rifiuti, in quanto noi aziende della regione Campania siamo state messe in condizione di dover sostenere dei costi aggiuntivi per erogare il servizio. La sola Asia ad oggi tra acquisto ed installazione delle black box ha speso una cifra che si aggira intorno ai 150mila euro, cui vanno aggiunti i costi per realizzare internamente all’azienda dei corsi di formazione e aggiornamento per gestire il sistema ed impiegare risorse specializzate per interpretare le contraddizioni che spesso si incontrano tra regolamenti, normativa e software».
Quando si parla di Sistri si parla anche di lotta agli illeciti.
«Anche su questo punto c’è massima convergenza: quello degli rsu è il circuito maggiormente controllato. Mentre invece il settore dei rifiuti speciali (non pericolosi), dove c’è una grandissima fetta di irregolarità considerato che lo smaltimento degli scarti è oneroso per i privati, non è regolamentato né in Campania né nel resto d’Italia».
Perché questa lettera arriva soltanto ora?
«Anche senza corporarci in quanto enti e aziende campane, tramite Federambiente abbiamo sempre cercato di far addivenire al Ministero le nostre istanze e soprattutto gli errori evidenti che abbiamo riscontrato nell’utilizzo del sistema. Il fatto che non si sia mai pronunciato su questa peculiarità non significa che non fosse in possesso degli elementi né avesse traccia delle criticità. L’ultima comunicazione risale a meno di un anno fa e non ha avuto conseguenze».
Cosa resta da fare?
«I problemi di un anno fa sono gli stessi di oggi: secondo noi non resta che interrompere tutto, ma di certo il legislatore non potrà non intervenire entro la fine dell’anno».