Dopo le tre sentenze del TAR Lombardia, toccherà al Consiglio di Stato stabilire se andrà confermata o meno la sospensione della disciplina sugli impianti ‘minimi’ lanciata da ARERA. Che oggi ha deciso di ricorrere in appello contro le decisioni dei giudici di Milano. Atteso il chiarimento del Ministero
Sarà il Consiglio di Stato a sciogliere, almeno sul piano del contenzioso, il nodo della disciplina sugli impianti ‘minimi’ di gestione dei rifiuti messa a punto dall’autorità di regolazione ARERA. Che a valle dell’ultima riunione del collegio, tenutasi oggi, ha scelto di ricorrere in appello contro le tre sentenze del TAR Lombardia che nell’arco delle ultime settimane hanno disposto la sospensione del meccanismo. Tre pronunciamenti ‘fotocopia’, l’ultimo dei quali depositato ieri, nei quali i giudici di Milano hanno stabilito che non è prerogativa dell’ARERA o delle regioni individuare gli impianti ‘minimi’, ovvero indispensabili alla chiusura del ciclo, né tanto meno sottrarli al mercato e assoggettarli al regime di flussi prestabiliti e tariffe concordate introdotto nel 2021 dall’authority. Il sistema, si legge in passaggi identici nelle tre sentenze, “non appare riconducibile alle funzioni attribuite all’autorità” e in più “ha attribuito, di fatto, alle Regioni poteri che il legislatore statale non ha, recta via, assegnato agli enti regionali – precisano i giudici – traslando quanto dovrebbe essere definito in sede nazionale in un ambito locale in piena violazione delle competenze dello Stato”.
Secondo i giudici l’individuazione degli ‘impianti minimi’, e quindi di conseguenza anche l’indicazione dei fabbisogni minimi di trattamento da soddisfare, è una prerogativa dello Stato, e nello specifico del Ministero dell’Ambiente, che avrebbe dovuto esercitarla nell’ambito dell’adozione del Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti. Solo a quel punto “l’ARERA avrebbe potuto (e dovuto) disciplinare l’ambito tariffario, secondo la competenza che le è attribuita dall’ordinamento” si legge in una delle due sentenze. Nell’attesa del pronunciamento del Consiglio di Stato le imprese auspicano un intervento chiarificatore da parte del legislatore. “Le sentenze rischiano di creare confusione – ha detto a Ricicla.tv Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia – occorre che intervenga il legislatore per dirimere una questione che genera incertezza negli operatori e rischia di rallentare gli investimenti”. “Qualora il legislatore dovesse scegliere di rimettere mano a questo sistema, auspichiamo lo faccia tenendo conto delle indicazioni che sono emerse dalle sentenze e, prima ancora, dalle segnalazioni dell’antitrust ” ha chiarito invece il direttore generale di UNIRIMA Francesco Sicilia.
Lo sguardo insomma è rivolto al Ministero dell’Ambiente, chiamato a fornire indicazioni chiare sulla condotta che imprese ed enti territoriali dovranno tenere nei mesi che verranno, fino a quando non sarà dato conoscere l’esito dell’appello di ARERA. Nel caso in cui anche il secondo grado di giudizio dovesse confermare le posizioni espresse dal TAR della Lombardia, il dicastero di Via Cristoforo Colombo si vedrebbe infatti costretto ad aggiornare il Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti secondo le indicazioni dei giudici amministrativi, ovvero indicando i criteri di identificazione degli impianti ‘minimi’, indispensabili alla chiusura dei cicli regionali di gestione dei rifiuti urbani. Cosa che, di conseguenza, significherebbe esplicitare gli eventuali fabbisogni impiantistici da colmare a livello territoriale, visto che in presenza di un mercato fisiologicamente in grado di dare risposta alle esigenze locali di trattamento non avrebbe senso l’individuazione di impianti ‘minimi’ da sottrarre al regime concorrenziale.