«Un cambio di paradigma rispetto al modello attuale di raccolta e avvio a riciclo degli imballaggi in Pet». Così Giancarlo Longhi, presidente di Coripet, descrive il progetto presentato nei giorni scorsi al Ministero dell’Ambiente per ottenere il riconoscimento dello status di “sistema autonomo”. Il consorzio, che raggruppa alcuni tra i principali produttori di bottiglie in Pet per liquidi alimentari e tre aziende di riciclo della plastica, punta così a gestire in autonomia rispetto al sistema dei consorzi nazionali Conai-Corepla il proprio immesso a mercato. L’obiettivo è quello di recuperare bottiglie in Pet post-consumo per farne nuovi imballaggi alimentari secondo il sistema “bottle to bottle”. Per farlo, Coripet propone l’organizzazione di una piccola raccolta selettiva con l’installazione di macchine dedicate a raccogliere esclusivamente imballaggi in Pet alimentare nei centri della grande distribuzione, garantendo premialità ai cittadini che restituiscono il packaging.
Presidente Longhi, su cosa si basa il progetto presentato da Coripet al Ministero?
«L’istanza presentata al Ministero dell’Ambiente è per la costituzione, ai sensi di legge, di un sistema autonomo basato sulla “Extended producer responsibility”, cioè sulla responsabilità allargata del produttore. Un cambio di paradigma rispetto ai sistemi attualmente operanti in Italia, in base al quale coloro che immettono gli imballaggi sul mercato saranno anche responsabili del loro ritiro e avvio a riciclo, quindi della loro valorizzazione e del raggiungimento degli obiettivi di legge».
Quali e quanti sono i soci di Coripet e che peso hanno attualmente sul mercato?
«Coripet raccoglie un gruppo di produttori di acque minerali che sono anche produttori dei loro imballaggi: Ferrarelle, Lete, Maniva, Norda, Nestlè Water e DrinkUp, quest’ultimo produttore di acqua in boccioni. Sono aziende che rappresentano circa il 45% del mercato delle acque minerali ed il 31% del mercato degli imballaggi per liquidi alimentari. Quindi sulle 400mila tonnellate di bottiglie in Pet immesse sul mercato in un anno, noi siamo intorno alle 130mila. Accanto ai produttori ci sono poi i riciclatori, Valplastic, Dentis ed Aliplast, che sono tre dei quattro riciclatori italiani abilitati dall’Efsa al “bottle to bottle”, ovvero a trasformare il materiale raccolto in nuovi imballaggi alimentari. Cosa possibile solo laddove vi sia tracciabilità dei rifiuti. Per questo Coripet punta sulla raccolta “selettiva”».
Qual è l’obiettivo al quale Coripet punterà nei primi anni di attività?
«Vogliamo arrivare nei primi 5 anni a riciclare circa l’85% del Pet riguardante il nostro immesso a consumo. Ma l’obiettivo principale è quello di introdurre anche in Italia il “bottle to bottle”, che al momento manca, e portare il Paese al livello degli Stati più virtuosi. Oggi l’Italia con il 43% è al di sotto della media europea del 51% di riciclo del Pet, mentre la Svizzera sfiora il 90% e la Germania è invece al 93%».
Perchè sostenete che il modello attuale di raccolta e avvio a riciclo degli imballaggi in plastica, basato sul sistema dei consorzi nazionali Conai-Corepla, presenti ampi margini di miglioramento?
«Sono i dati a parlare. Quando ho un sistema che dal 2009 non riesce a progredire (anche nelle previsioni presentate da Conai e Corepla al Ministero dell’Ambiente la linea è assolutamente piatta) vuol dire che il modello non è più in grado di incrementare le quantità riciclate. Bisogna cambiare sistema organizzativo. Ma questo non vuol dire che il modello tradizionale scomparirà, perchè i cittadini sono ormai abituati a conferire le bottiglie nella raccolta differenziata classica. Il modello Coripet però lo integrerà, aggiungendo anche la raccolta selettiva dei soli contenitori in Pet, quelli cioè che ci consentiranno di fare il “bottle to bottle”».
Qualora il Ministero accogliesse la vostra istanza, Coripet diventerebbe il primo sistema autonomo a gestire imballaggi primari, riconfigurando il mercato nazionale che, al momento, è gestito da quello che l’Antitrust definisce il “sostanziale monopolio” del sistema Conai-Corepla…
«Il nostro obiettivo è quello di affiancare Corepla, che ha una sua funzione istituzionale e raccoglie la gran parte dei produttori di imballaggi. Noi ci occupiamo solo delle bottiglie per liquidi alimentari in Pet. I due sistemi quindi possono procedere parallelamente, operando entrambi secondo un modello consolidato che è quello che dai comuni passa per i selezionatori dei materiali raccolti. Poi però ciascuno sarà responsabile dei propri imballaggi».
I soci di Coripet però rappresentano una buona fetta dei contributi che ogni anno vengono versati, in forma di Cac sulla produzione, al sistema Conai. Contributi che, al riconoscimento dello status di sistema autonomo, non sarete più tenuti a versare. Come rispondete a chi teme che questo “spostamento” di fondi possa mettere in difficoltà le raccolte differenziate gestite dai comuni, sostenendo che i minori introiti per Corepla si tradurrebbero in minori versamenti a favore dei comuni?
«Questo è sbagliatissimo, perchè noi non sottraiamo ricavi ma costi. La catena del valore desumibile dal bilancio Corepla mostra che, per com’è strutturato il sistema, la sommatoria tra il contributo ambientale e i ricavi non copre i costi complessivi di gestione. Il sistema è in perdita, per cui ogni tonnellata di materiale gestita in più non crea valore ma disvalore. Quindi se togliamo quantità di materiale a quel sistema, in realtà stiamo aiutando Corepla e i comuni! Oltretutto ci stiamo proponendo come un modello che dà più soldi ai comuni rispetto a quanti non ne dia il sistema Conai-Corepla. Nel progetto presentato al Ministero c’è infatti scritto che, nei prossimi cinque anni, garantiremo ai comuni un corrispettivo di 305 euro la tonnellata (rispetto al corrispettivo Corepla che in media si attesta a 280 euro, ndr)».