In vigore il decreto di recepimento della direttiva Ue ‘anti-plastica’. Stop a un lungo elenco di prodotti monouso, con una deroga per quelli in bioplastica compostabile che espone l’Italia al rischio di una procedura d’infrazione
Anche l’Italia dà il suo giro di vite al consumo di plastica monouso. È in vigore da questo venerdì il decreto legislativo di recepimento della cosiddetta direttiva SUP, ‘Single Use Plastic’, adottata a giugno 2019 dalla Commissione europea con l’obiettivo di prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, responsabili secondo Bruxelles del 43% del ‘marine litter’. Un requiem per alcuni oggetti d’uso comune divenuti negli ultimi anni autentico emblema dell’emergenza inquinamento che soffoca gli ecosistemi del Pianeta: da venerdì in Italia sono ufficialmente fuorilegge bastoncini cotonati, posate e piatti, cannucce, mescolatori per bevande, aste per palloncini, ma anche tazze e contenitori per alimenti e bevande in polistirene espanso, insieme a tutti i prodotti in plastica oxo-degradabile.
La messa al bando ‘tout-court’ non riguarderà insomma tutti gli oggetti in plastica monouso ma solo quelli riportati nell’elenco allegato al decreto, per i quali esistono già alternative più sostenibili, mentre per altre categorie di prodotto, come tappi, tazze e bicchieri per bevande o bottiglie in PET, si punta alla riduzione del consumo e al miglioramento delle performance di raccolta differenziata e riciclo. Per i beni fuorilegge, inoltre, la messa al bando non sarà immediata, ma se ne consentirà la commercializzazione fino ad esaurimento scorte a patto che queste siano state immesse sul mercato prima del 14 gennaio 2022. Per i trasgressori sono previste sanzioni da un minimo di 2mila 500 euro a un massimo di 25mila euro.
Il recepimento italiano della direttiva esclude dalla messa al bando i prodotti con rivestimento in plastica non superiore al 10% del peso totale, ma anche e soprattutto quelli in plastica biodegradabile e compostabile, che potranno ancora essere utilizzati nel caso in cui non siano sostituibili con alternative lavabili e riutilizzabili e solo se composti da percentuali di materia prima rinnovabile uguali o superiori al 40% e, dal 1° gennaio 2024, superiori almeno al 60%. Due deroghe tutte nostrane, assenti nel testo originale e per questo oggetto di un lungo braccio di ferro tra il governo italiano e l’Ue, che ha fatto slittare di oltre quattro mesi il recepimento della direttiva europea, trasposta nel nostro ordinamento solo l’8 novembre scorso, in abbondante ritardo rispetto alla scadenza ufficiale del 3 luglio. Al centro delle trattative tra Roma e Bruxelles soprattutto il lasciapassare concesso dall’Italia alle plastiche ‘bio’ con una deroga che se da un lato ‘salva’ la nostra industria, leader globale di mercato, dall’altro crea di fatto i presupposti per l’apertura di una procedura europea d’infrazione. La palla passa adesso nelle mani della Commissione, che entro la prossima primavera dovrebbe rendere pubblica la propria strategia sulle plastiche biodegradabili e compostabili e che fino ad allora sceglierà con ogni probabilità di sospendere il giudizio nei confronti dell’Italia. “Aspettiamo e vediamo” ha detto a Ricicla.tv il presidente di Assobioplastiche Luca Bianconi.
Una revisione della direttiva e un’eventuale apertura alle plastiche bio, ha già avvertito l’Ue, non arriverà però prima del 2027. Nel 2026 si farà un primo tagliando per misurare l’efficacia della ‘SUP’, che fissa tra l’altro una serie di obiettivi vincolanti. Le bottiglie in PET, ad esempio, dovranno contenere almeno il 25% di plastica riciclata entro il 2025, mentre dal 2030 si passerà al 30%. Per le bottiglie per bevande con una capacità fino a tre litri, compresi i relativi tappi e coperchi, è previsto un obiettivo di raccolta differenziata entro il 2025 pari al 77%, e al 2029 pari al 90% dell’immesso sul mercato nell’anno di riferimento. Già dallo scorso 3 luglio è inoltre esecutivo il regolamento sulla marcatura ambientale di alcuni prodotti monouso specifici in tutto o in parte realizzati in plastica: assorbenti igienici, tazze o bicchieri, salviette e prodotti del tabacco devono riportare l’indicazione dalla corrette modalità di gestione del fine vita e sensibilizzare i consumatori sugli impatti della dispersione in ambiente o di una gestione non corretta. Un sistema che andrà coordinato con la disciplina nostrana sull’etichettatura ambientale obbligatoria degli imballaggi, che il decreto ‘milleproroghe’ ha recentemente sospeso fino al prossimo 30 giugno.