Costi in aumento e mercati di sbocco in contrazione anche a causa delle tensioni del quadro geopolitico: la filiera italiana della valorizzazione dei rifiuti tessili urbani rischia di bloccarsi. L’appello di UNIRAU e ARIU per un cambio di passo nella definizione delle nuove regole per il settore, a partire dalla responsabilità estesa del produttore
Costi in aumento (a partire da quelli energetici) e ricavi in calo mettono a repentaglio la sostenibilità economica delle attività di valorizzazione dei rifiuti tessili urbani. È l’allarme lanciato da UNIRAU e ARIU, le due principali sigle della selezione, raccolta, riuso e riciclo, che chiedono ai legislatori nazionali ed europei di accelerare il processo di definizione delle nuove regole per il comparto, a partire dall’introduzione della responsabilità estesa del produttore. Il sistema italiano, spiega il presidente di ARIU Jospeh Valletti “è in grado di rispondere positivamente per dimensione e per know how alla sfida della trasformazione da lineare a circolare di questa filiera produttiva, integrandosi con il forte comparto tessile/moda del ‘Made in Italy’ leader a livello europeo”, ma nell’attesa del nuovo quadro normativo rischia di collassare sotto il peso di una congiuntura pericolosa. “Il sistema italiano fino a oggi si è autofinanziato con i ricavi della valorizzazione delle raccolte”, chiarisce infatti Valletti, ma nel prossimo futuro questa condizione potrebbe venire meno.
Da un lato, denunciano gli operatori, le imprese devono fronteggiare l’aumento dei costi energetici e di trasporto, dall’altro, invece, il calo delle vendite dovuto alle tensioni geopolitiche che interessano alcuni dei principali mercati di sbocco per il second hand, ovvero nord Africa, medio oriente ed est Europa. In più, l’introduzione dell’obbligo di differenziata, operativo dal 1 gennaio del 2022, si sta accompagnando a un peggioramento della qualità della raccolta, che a sua volta sta facendo aumentare i costi di trattamento, soprattutto quelli per lo smaltimento delle frazioni non riutilizzabili o riciclabili. Se la catena del valore dovesse incepparsi, gli operatori non avrebbero alternative se non quella di sospendere le lavorazioni. “L’incenerimento – avverte il presidente di UNIRAU Andrea Fluttero – rischia di diventare l’unica opzione se il mercato si dovesse bloccare. Gli sforzi e gli investimenti delle cooperative e delle aziende sociali della raccolta e della industria della selezione per creare e mantenere una catena del valore sostenibile circolare dei rifiuti tessili urbani saranno vani se crollerà la sostenibilità economica della filiera e se si bloccherà la possibilità di esportare l’usato tessile in Paesi che ne sono forti consumatori”, conclude.
Da qui l’appello ad accelerare i lavori per la definizione del nuovo quadro di regole a livello europeo, in particolare rispetto all’istituzione del regime della responsabilità estesa del produttore. Regole attualmente allo studio sia in Ue, nell’ambito della revisione della direttiva quadro sui rifiuti, che a livello nazionale, dove si è già conclusa la consultazione sullo schema di regolamento proposto dal Ministero dell’Ambiente. Che però, con ogni probabilità, aspetterà di conoscere le posizioni dell’Ue prima di concludere il percorso. In linea con la strategia europea per il tessile circolare, il nuovo regime dovrà da un lato migliorare la produzione in termini di qualità e vita utile dell’immesso a consumo, contrastando il fast fashion, e dall’altro introdurre nuovi strumenti per la gestione del post consumo, come il prelievo di un eco contributo su ogni capo venduto. Risorse che gli operatori chiedono di indirizzare proprio alla copertura delle diseconomie di settore, come il costo elevato delle fibre riciclate, che al momento ostacola il pieno sviluppo delle attività industriali per il recupero di materia dai rifiuti tessili non avviabili a riutilizzo. “Sono ancora limitati i quantitativi avviabili a riciclo di fibra – spiega Valletti – sia per la scarsa qualità del ‘fast fashion’ che per la mancanza degli ecocontributi che saranno generati dai futuri sistemi di EPR, senza i quali il riciclo non è competitivo con le fibre vergini”.