Cresce ma non abbastanza l’Italia nel riciclo delle pavimentazioni stradali, sotto di oltre 30 punti percentuali rispetto alla media europea del 65%. Ravaioli: “Per imprimere un’accelerata è necessario oggi intervenire sulla normativa End of Waste, eliminando alcuni nodi che rischiano di azzerarne l’efficacia”
Numeri in aumento, ma lontani dalle best practice europee, nella filiera del riciclo delle pavimentazioni stradali. Se è vero che il tasso di recupero di fresato d’asfalto risulta in lieve aumento del 30% sul totale delle pavimentazioni stradali (contro il 20% del 2014 e il 25% del 2018), emerge, però, un gap che ancora divide l’Italia dagli altri Paesi europei, che in media raggiungono addirittura il 65% di recupero. Colpa, manco a dirlo, del solito mix di burocrazia e pregiudizio che frena lo sviluppo di non poche filiere del riciclo. Sono questi alcuni dei dati emersi dall’analisi condotta da Siteb, Associazione Strade Italiane e Bitumi, sul riciclo delle pavimentazioni stradali in Italia e nei principali Paesi Europei (fonte Eapa), resa nota in occasione di Asphaltica, il salone dedicato alle tecnologie e soluzioni per pavimentazioni stradali, sicurezza e infrastrutture viarie in corso fino al 26 novembre presso la fiera di Verona.
Italia ancora lontana dalle performance ambientali degli amici europei che raggiungono percentuali di reimpiego del fresato di gran lunga più elevate: in Germania si ricicla l’82%, in Francia il 75% e in Svizzera addirittura il 90%. A impedire l’accelerata nel nostro Paese tre fattori principali: burocrazia, pregiudizio e regime delle autorizzazioni sempre più complesso e sempre meno uniforme. Eppure i benefici derivanti dal riciclo delle pavimentazioni sono tanti e potrebbero dare un grande contributo al Paese nel taglio delle emissioni di CO2 in atmosfera. Basti pensare che grazie alle pavimentazioni recuperate solo nel 2021, sono state evitate 420mila tonnellate di bitume vergine e 10milioni 500mila tonnellate di inerti, per un risparmio complessivo di circa 420 milioni di euro di sole materie prime e una riduzione di emissioni inquinanti equivalenti a quelle generate da 4 raffinerie di medie dimensioni.
“Il settore – osserva Stefano Ravaioli, Direttore SITEB – ha compiuto negli ultimi anni significativi passi in avanti sul fronte della riduzione delle emissioni inquinanti e si presenta oggi proiettato verso gli obiettivi fissati a livello europeo. La decarbonizzazione del comparto passa oggi attraverso tre direttrici principali: l’impiego di bruciatori di ultima generazione con consumi assai ridotti e contenimento delle temperature di produzione dei materiali e delle emissioni; la realizzazione di conglomerati bituminosi con sempre più elevate percentuali di materiali riciclati, come il fresato d’asfalto e i materiali alternativi (inerti artificiali provenienti dalle attività di fonderia o dalla termovalorizzazione di rifiuti solidi urbani); l’utilizzo di mezzi d’opera azionati elettricamente (rulli compattatore e vibrofinitrici) che stanno iniziando a sostituire quelli con motori diesel”.
Il fresato, oltre a possedere elevate caratteristiche tecniche e ad essere totalmente riutilizzabile nelle costruzioni stradali, possiede anche un elevato valore economico. Secondo l’analisi condotta dal Siteb, infatti, il riutilizzo del 30% del fresato sul totale di 35 milioni di tonnellate di conglomerato bituminoso previsto per quest’anno, comporterà il mancato impiego di 420mila tonnellate di bitume vergine (con relativa riduzione del fabbisogno di petrolio) e il risparmio di 10,5 milioni di tonnellate di inerti, per un valore economico complessivo di circa 420 milioni di euro per le sole materie prime. Ipotizzando che il recupero del fresato in futuro possa raggiungere almeno quota 50% (visti anche i dati registrati in altri Paesi), si potrebbero impiegare addirittura 700mila tonnellate di bitume in meno, evitando l‘utilizzo 17,5 milioni di tonnellate di inerti vergini, con un risparmio pari a 700 milioni di euro.
“Ci stiamo avvicinando velocemente – conclude Ravaioli – a un futuro in cui l’utilizzo di materiali vergini per produrre asfalto sarà considerato un’eccezione, mentre la norma sarà il riciclo costante delle pavimentazioni e l’impiego di costituenti alternativi. Per imprimere un’ulteriore accelerata in tal senso è oggi necessario intervenire sulla normativa End of Waste, eliminando alcuni nodi che rischiano di azzerarne l’efficacia, primo fra tutti quello relativo alle quantità di fresato trattabili. Altro problema è la questione del ‘sottoprodotto‘ che andrebbe meglio definita normativamente per evitare confusione nell’interpretazione”.