Nel 2015 la tassa rifiuti è costata un miliardo di euro alle pmi italiane, ma l’imposizione è stata spesso illegittima. La denuncia viene dalla CNA, la confederazione nazionale delle piccole e medie imprese artigiane, che hanno diramato un comunicato nel quale segnalano come – stando ai propri rilevamenti, la produzione delle aziende viene ad essere pagata due volte a discrezione delle amministrazioni che troppo spesso userebbero il tributo come “un bancomat”. La Tari infatti dovrebbe servire a coprire i costi del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, ma secondo l’accusa delle pmi questa sarebbe applicata illegittimamente su quei rifiuti già avviati allo smaltimento in quanto prodotto dell’attività economica delle stesse imprese. “Il prelievo non è di oggi – si legge nella nota – dalla Tarsu alla Tia, dalla Tares adesso alla Tari la storia non cambia. Molti Comuni continuano a chiedere soldi anche sui rifiuti speciali che le imprese smaltiscono tramite i circuiti di raccolta privata, in maniera ecologicamente corretta e coerente con i principi comunitari”. E questo nonostante le precisazioni non siano mancate negli anni, non ultima la risoluzione del Ministero delle Finanze datata dicembre 2014 con cui magazzini ed aree produttive di rifiuti speciali sono state esentate dalla Tari in quanto già soggetti a spese di smaltimento a carico del produttore. “Negli anni non sono mancati gli interventi – precisa, infatti, la nota a firma della CNA -ma dalle maglie troppo larghe, che hanno permesso ai Comuni di continuare ad agire arbitrariamente. La stessa Legge di Stabilità 2014, che ha istituito la Tari, è contradditoria. Da un lato, esclude correttamente dal tributo i rifiuti che il produttore dimostri di avere avviato al recupero. Dall’altro, prevede che i Comuni possano ridurre la tariffa in proporzione alla quantità di rifiuti che i produttori hanno avviato al recupero. Ri-affermando, così, l’esistenza del doppio tributo. Neanche il successivo intervento del ministero dell’Economia è servito a risolvere il problema”. E proprio di fronte all’inefficacia di questi provvedimenti, ai quali le amministrazioni sembrano non volersi adeguare, la confederazione richiama il legislatore ad un intervento normativo “per impedire, espressamente, ai Comuni di applicare il tributo ai rifiuti smaltiti dal produttore e per obbligare gli enti locali a tenere conto della Direttiva quadro europea che pone il riutilizzo, riciclo e recupero come prioritario nella gerarchia dello smaltimento dei rifiuti e – conclude la nota – prevede il conferimento in discarica solo come ultima ipotesi”.