Solo 1/3 dei cosiddetti RAEE (Rifiuti elettrici ed elettronici) è gestito in modo corretto. Il dato riguarda l’Europa intera ed è emerso da uno studio presentato questa mattina a Roma da Pascal Leroy, segretario generale del Weee Forum. L’indagine, durata due anni, ha stimato che in Europa sono 3,3 milioni le tonnellate di Raee smaltite o avviate al recupero correttamente, contro le 9,5 milioni di tonnellate prodotte annualmente. Il quantitativo restante risultato esportato o riciclato in maniera scorretta e lesiva per l’ambiente.
In particolare 750mila tonnellate di Raee finiscono nell’indifferenziato, 1,3 milioni di tonnellate seguono il traffico transfrontaliero senza adeguati documenti di esportazione. «I Raee che ogni anno, in Europa, sono gestiti in modo ambientalmente non corretto hanno un peso pari a quello di un muro di mattoni alto 10 metri che va da Oslo fino in fondo all’Italia – ha spiegato Leroy – E’ indispensabile, pertanto, estrarre dai Raee tutti i metalli e i componenti economicamente più interessanti, tra cui le materie prime critiche (come, ad esempio, le terre rare) e massimizzarne il riciclo».
Lo smaltimento errato di questa tipologia di rifiuti, ha dei seri contraccolpi soprattutto per la salute. I Raee gestiti in maniera illecita liberano infatti nell’ambiente sostanze tossiche come piombo, mercurio, cadmio, cromo e gas ozono-lesivi. Un danno ingente non solo per l’ambiente, ma anche per l’economia. Si aggira infatti tra gli 800 e i 1700 milioni di euro la stima della perdita economica per le aziende che operano nella legalità, a fronte di un guadagno per le imprese che agiscono illegalmente tra i 150 e i 600 milioni l’anno.
Di fronte a questo quadro allarmante, due dei consorzi italiani che si occupano di Raee, Ecodom e Remedia, provano a correre ai ripari attivando una collaborazione su scala comunitaria anche con le forze investigative internazionali e aderendo al progetto CWIT (countering weee illegal trade) basato in primis sull’identificazione del nemico comune e sul riconoscimento dei rischi connessi alla criminalità organizzata che opera in questo settore. In secondo luogo, sulla richiesta dell’applicazione di leggi cooperative che siano valide su scala nazionale e internazionale.
Oltre alla gestione ambientalmente non corretta dei RAEE, il progetto CWIT ha rivelato anche casi di frode, evasione fiscale e riciclaggio di denaro, dimostrando il netto collegamento tra reati ambientali e finanziari. I reati comprendono il trattamento inadeguato, la violazione delle norme comunitarie, i furti, la mancanza delle licenze o dei permessi richiesti, il contrabbando e le false dichiarazioni sui carichi trasportati.
«Il settore dei rifiuti elettronici sta assumendo sempre maggiore rilievo tra le condotte criminali riconducibili alla gestione illecita dei rifiuti – ha dichiarato Marco Avanzo, Direttore della 1ª Divisione (Polizia Ambientale e Forestale) del Corpo Forestale dello Stato – La sottrazione al ciclo virtuoso del recupero di quote prevalenti del volume totale alimenta, oltre a traffici nazionali e transnazionali (determinando vere e proprie emergenze nei Pase destinatari, solitamente Paesi in via di sviluppo), una distorsione competitiva del mercato, penalizzando le aziende aderenti alla compliance».
L’Italia, dove la media procapite dei rifiuti Raee smaltiti correttamente è circa la metà del 7% che bisognerebbe raggiungere a partire dal 2016, la situazione è complicata dall’assenza di decreti attuativi volti a disciplinare una legge esistente ma inapplicata e finalizzata a favorire il corretto smaltimento dei Raee e a garantire maggiori vantaggi per le imprese di settore che decidano di uscire dal sommerso per immettersi nel circolo virtuoso del riuso o dello smaltimento.
Un ritardo che nessun componente del Ministero si è presentato a spiegare all’incontro di oggi.