Salvare la filiera europea della plastica dalla recessione: l’appello di diciotto sigle continentali, dalla produzione al riciclo, per l’adozione di misure urgenti contro le “importazioni incontrollate di plastiche riciclate e vergini” che mettono a rischio la competitività dell’Ue
Salvare l’industria europea della plastica dalla peggiore recessione della sua storia recente, arginando l’ondata di polimeri di importazione che sta mettendo fuori mercato i materiali primari e secondari prodotti dalle industrie dell’Ue. È un appello accorato quello lanciato da diciotto sigle industriali della filiera continentale della plastica, attive sull’intera catena del valore dalla produzione al riciclo, che in una nota congiunta chiedono alle istituzioni dell’Unione maggiore impegno nell’arco della legislatura 2024-2029 per “promuovere l’economia circolare europea – scrivono – e rafforzare la competitività globale dell’Ue”.
Due fronti, competitività e circolarità, sui quali oggi l’industria dei materiali polimerici segna invece il passo. “La quota europea della produzione mondiale di plastica è scesa dal 28% del 2002 al 14% nel 2022 – si legge – mentre la crescita della capacità di riciclo sta rallentando dal 16% nel 2021 al 6% nel 2023“. Cosa che, avvertono le imprese, mette a rischio il raggiungimento, tra gli altri, degli obiettivi al 2030 appena introdotti dal nuovo regolamento europeo sugli imballaggi, che prevede quote minime di contenuto riciclato nelle nuove produzioni, a partire da imballaggi alimentari e sensibili al contatto.
Una “sfida critica”, quella posta dalle “importazioni incontrollate di plastiche riciclate e vergini”, vendute sul mercato Ue a prezzi più bassi perché prodotte a costi – energetici e ambientali – inferiori e, soprattutto, in assenza di certificazioni sul piano sanitario e sul reale contenuto riciclato. Per questo, scrivono i sottoscrittori dell’appello, occorre “applicare norme in materia di salute e sicurezza a tutti i prodotti e materiali immessi sul mercato – si legge – e stabilire condizioni di parità tra paesi Ue e non-Ue”. Sul fronte della circolarità, aggiungono, “occorre creare un mercato unico per i rifiuti di plastica e i polimeri riciclati”, in linea con le indicazioni del rapporto Draghi sulla competitività dell’Unione, “istituendo un sistema di incentivi a livello dell’Ue per spingere ulteriormente la crescita degli investimenti, nonché misure legislative chiare per incoraggiare soluzioni circolari”.
L’appello è stato sottoscritto anche dalla italiana Assorimap, secondo cui nel 2023 i 75 operatori nazionali del riciclo meccanico delle plastiche post consumo hanno immesso a mercato circa 784mila tonnellate di granuli riciclati, in calo dello 0,2% sul 2022, mentre i fatturati hanno ceduto addirittura il 31%, fino a scendere a quota 780 milioni di euro. Un tracollo dovuto al calo della domanda, ma soprattutto alla necessità di mantenere bassi i prezzi, per tenerli in linea con quelli dei più economici polimeri, sia vergini che riciclati, d’importazione extra Ue.
Un gap di competitività che nelle scorse settimane Assorimap, insieme a Utilitalia e Assoambiente, ha proposto di colmare istituendo un meccanismo di sostegno ai prezzi dei polimeri riciclati basato sul contributo di questi ultimi alla decarbonizzazione. Un sistema di incentivi, sul modello dei certificati bianchi per l’efficienza energetica, capace di tradurre sul piano economico il contributo del riciclo in termini di riduzione delle emissioni. Secondo il Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea, infatti, per ogni tonnellata di polimero riciclato la riduzione delle emissioni è compresa tra 1,1 e 3,6 tonnellate rispetto all’incenerimento, allo smaltimento in discarica e alla produzione di polimeri vergini.