A poche ore dal voto della commissione ambiente del parlamento europeo sul regolamento imballaggi, si riaccende il tira e molla tra produttori di packaging e riciclatori di plastica. Le imprese del waste management tornano a bocciare ogni forma di clausola di prelazione per garantire ai produttori l’accesso prioritario ai polimeri riciclati. “Non c’è allarme scarsità”, scrivono in una nota Plastics Recyclers Europe, EuRIC e Fead
A poche ore dal voto della commissione ENVI dell’europarlamento sul nuovo regolamento imballaggi, in programma per domani, si riaccende il tira e molla tra riciclatori e utilizzatori di plastica riciclata sulle norme che nel prossimo futuro potrebbero regolare gli scambi commerciali sul mercato europeo. Ribattendo ai reiterati appelli delle sigle dei produttori e utilizzatori di packaging, su tutte quella degli imbottigliatori UNESDA, che negli ultimi mesi hanno più volte lanciato l’allarme sulla scarsa disponibilità di polimeri riciclati, Plastics Recyclers Europe, EuRIC e Fead, le principali associazioni europee del riciclo e del waste management, hanno rilasciato una nota congiunta nella quale bocciano qualsiasi forma di accesso prioritario al materiale, e in particolare ogni ipotesi di inserimento di clausole di prelazione nella formulazione del nuovo regolamento sul packaging. Misure che invece vengono chieste a gran voce dai produttori e utilizzatori di imballaggi, in particolare quelli per bevande, secondo cui le quantità di polimeri riciclati disponibili sul mercato, soprattutto rPET, non basterebbero a garantire il rispetto degli obiettivi di contenuto minimo.
Stando alla proposta della Commissione, infatti, entro il 2030 tutti gli imballaggi in plastica dovranno contenere il 35% di materiale riciclato, a eccezione degli imballaggi a prevalenza PET ‘sensibili’, ovvero a contatto con alimenti e prodotti farmaceutici, per i quali l’obiettivo è fissato al 30%. Target che andrebbero ad aggiungersi a quelli già in vigore per effetto della direttiva SUP, che prevede per le bottiglie in PET il 25% di riciclato entro il 2025 e il 30% entro il 2030. Tuttavia, a fronte di un tasso di riciclo che oggi è del 50% circa per le bottiglie per bevande e del 35% circa per tutti gli imballaggi in PET, secondo i produttori e utilizzatori di imballaggi sul mercato europeo non c’è rPET a sufficienza da consentire alle imprese di rispettare gli obblighi. Questo, sostengono, soprattutto perché la domanda è in forte crescita in altri settori, in particolare in quello dei tessuti e della moda, che in ottica di green branding (anche se l’industria del packaging parla di veri e propri casi di greenwashing) consuma sempre più plastica riciclata. Da qui gli appelli per l’introduzione del diritto di prelazione (o ‘right of first refusal’) che darebbe ai produttori di imballaggi la possibilità di avere accesso prioritario ai polimeri riciclati, e di conseguenza anche un maggiore controllo sulle quotazioni degli scambi.
Le affermazioni delle imprese del packaging, tuttavia, sono state duramente contestate dall’industria del riciclo, secondo cui “il diritto di prelazione intende risolvere un problema di disponibilità che non esiste“. Proprio con l’introduzione degli obblighi di contenuto riciclato per le bottiglie in PET, che ha determinato una forte crescita della domande e il conseguente aumento dei valori di mercato del rPET, “la quota di mercato della fibra è diminuita drasticamente”, scrivono infatti le associazioni, e nel 2022 “rappresentava solo il 5% del mercato totale dell’rPET, poiché l’acquisto a prezzo elevato di rPET ‘food-grade’ “non è finanziariamente sostenibile per l’industria delle fibre”. Secondo i riciclatori non solo non c’è un problema di scarsità del rPET, ma anzi da settimane, complice l’impennata dei prezzi degli ultimi due anni, la domanda di rPET ‘made in Ue’ si è addirittura contratta e sono invece aumentate le importazioni da paesi terzi.
La flessione, si legge nell’appello, rischia di mettere fuori gioco un comparto che negli ultimi anni ha sostenuto importanti investimenti per aumentare la quantità e la qualità dell’output di polimeri riciclati, con un incremento di oltre il 50% tra 2019 e 2022. “La capacità installata per il settore alimentare nel 2022 – scrivono i riciclatori – era già pari a 1,4 milioni di tonnellate, mentre l’industria delle bevande avrebbe bisogno di 800mila tonnellate per raggiungere l’obiettivo obbligatorio del 25% di contenuto riciclato nel 2025, e di circa 1 milione di tonnellate nel 2030″. Il problema, aggiungono, è semmai l’insufficiente tasso di raccolta degli imballaggi in plastica post consumo. Motivo per cui, tornando al dibattito sul nuovo regolamento, le imprese del riciclo non si sono opposte alla proposta della Commissione di introdurre sistemi di deposito cauzionale per le bottiglie o le lattine (i cosiddetti DRS), a patto però che venga riconosciuto agli Stati membri “il massimo margine di manovra” e che i DRS restino “un mezzo per aumentare la raccolta” e “non un fine per creare condizioni di monopolio” con misure come il ‘right of first refusal’.
Il pressing del comparto degli imballaggi per bevande non è riuscito a fare breccia negli orientamenti della Commissione. Pur avendo inserito nella proposta di regolamento l’obbligo per gli Stati membri di attivare sistemi DRS per le bottiglie se la raccolta tradizionale non arriva al 90%, Bruxelles ha infatti escluso ogni forma di clausola di prelazione, considerandola come potenzialmente distorsiva per il mercato. A dimostrarsi sensibile alle posizioni dell’industria del packaging, invece, è stata la commissione industria dell’europarlamento (ITRE), che nel fascicolo con le proprie proposte emendative ha chiesto di “dare la priorità al riciclo degli imballaggi ‘closed loop'”, laddove fattibile sotto il profilo economico e ambientale, garantendo “accesso preferenziale al materiale derivato dal riciclo” per i produttori chiamati a rispettare gli obblighi di contenuto minimo. L’ultima parola spetterà tuttavia alla commissione ambiente, titolare del dossier, e in via definitiva alla plenaria di Strasburgo. “Chiediamo alla commissione ENVI di seguire l’esempio di ITRE e di promuovere il riciclo a circuito chiuso delle bottiglie per bevande in PET”, scriveva UNESDA lo scorso luglio. “Ai beneficiari dell’accesso prioritario verrebbe concesso il potere monopolistico di fissare i prezzi dei riciclati – ribattono i riciclatori, secondo cui a quel punto – l’industria non avrebbe le leve per negoziare i prezzi dei riciclati a un livello sostenibile di redditività, e ciò fermerebbe gli investimenti e l’innovazione nel settore”.