L’ambiguità della normativa sullo stop alla plastica monouso sta aprendo il mercato al finto ‘riutilizzabile’, con un calo del 20% delle vendite di stoviglie compostabili. La denuncia di Assobioplastiche: “Governo apra un tavolo tecnico”
Il mercato italiano è inondato di stoviglie in plastica che di ‘riutilizzabile’ hanno solo il claim sulla confezione, dietro il quale in realtà si nascondono prodotti in tutto e per tutto simili a quelli messi al bando dalla direttiva europea SUP sulle plastiche monouso. Con rischi per la salute dei consumatori e contraccolpi economici pesantissimi per il comparto delle stoviglie in bioplastica. Che per questo chiede al governo per l’istituzione di un tavolo tecnico per definire in maniera chiara cosa è riutilizzabile e cosa invece no. “Il fenomeno della diffusione delle stoviglie dichiarate ‘riutilizzabili’ sta distorcendo il virtuoso recepimento italiano della direttiva SUP con grave danno per la filiera”, ha dichiarato il presidente di Assobioplastiche Luca Bianconi, in occasione di un convegno a Roma che ha raccolto i malumori degli operatori delle plastiche bio.
Nel recepimento italiano, in vigore da gennaio 2022, la disciplina introdotta dalla SUP ha salvato le plastiche biodegradabili e compostabili dall’elenco di prodotti messi al bando dall’Ue, derogando di fatto ai dettami della Commissione. Il braccio di ferro con Bruxelles non è ancora finito, ma le ambiguità della normativa ora rischiano di vanificare gli sforzi (e i rischi, visto che l’Italia si muove sul filo della procedura d’infrazione) per salvare la filiera nazionale delle plastiche bio. Nell’ultimo anno, denuncia infatti Assobioplastiche, si è determinata una situazione “paradossale”, con il mercato diviso a metà tra aziende che hanno messo in campo investimenti per la riconversione industriale da plastica a bioplastica, ottemperando al dettato normativo, e altre che invece hanno approfittato dei profili di ambiguità della normativa, soprattutto rispetto alla definizione di ‘riutilizzabile’, per immettere sul mercato prodotti che di poco o nulla differiscono rispetto alle versioni in plastica monouso diventate fuorilegge per effetto della SUP. Cosa che potrebbe aver contribuito a causare il calo di oltre il 20% degli acquisti di monouso compostabile, spiega Assobioplastiche.
Oltre al danno, la beffa: come evidenzia un’indagine NielsenIQ, spiega l’associazione, la riutilizzabilità delle stoviglie tocca solo il 15% degli acquirenti e la dicitura ‘riutilizzabile’ non ha un impatto sulle scelte dei consumatori. Mossi, con ogni probabilità, solo dalla leva del prezzo conveniente. Una forma di concorrenza sleale, denuncia Assobioplastiche, aggravata dai rischi ai quali i prodotti ‘borderline’ espongono i consumatori. Le supposte plastiche riutilizzabili, infatti, vengono spesso messe in commercio in assenza dei requisiti minimi di tracciabilità e pongono per questo un tema di sicurezza alimentare, sottolinea l’associazione. Come testimoniato dall’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Taranto lo scorso gennaio, che ha portato al sequestro di manufatti in plastica di provenienza extraeuropea risultati potenzialmente dannosi per la salute, poiché privi dei certificati di conformità al contatto alimentare previsti dalla legge. “Raccogliamo il grido di allarme proveniente dalle aziende e per questo proponiamo un tavolo tecnico di confronto per definire i parametri dei manufatti cosiddetti ‘riutilizzabili'” ha concluso Luca Bianconi.