TORINO. «Sogin è impegnata in una sfida per questo paese: decidere insieme con le popolazioni delle aree che noi abbiamo individuato come potenzialmente idonee ad accogliere il deposito nazionale». Lo ha dichiarato Giuseppe Zollino, presidente della società partecipata del Ministero dell’Economia responsabile della dismissione delle centrali nucleari italiane e della costruzione e gestione del futuro deposito unico delle scorie radioattive. Nel corso dell’assemblea nazionale Anci svoltasi mercoledì a Torino, Zollino ha provato a gettare acqua sul fuoco delle polemiche divampate con la diffusione della notizia delle dimissioni dell’ad di Sogin Riccardo Casale. Dimissioni da tempo nell’aria, che hanno scoperchiato definitivamente il vaso di Pandora delle gravi criticità che affliggono la partecipata di Stato, sulla quale adesso il Governo è chiamato da più parti a prendere una posizione. Per ora soltanto una nota congiunta dei ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Economia: “Sarà garantita quanto prima una governance adeguata alle funzioni strategiche della Sogin S.p.A.”
Funzioni strategiche tra le quali c’è proprio la gestione dell’iter per la costruzione del deposito nazionale delle scorie radioattive. Compito al quale adesso a Sogin toccherà far fronte con un cda decapitato e ad un passo dal commissariamento. Il tutto mentre il processo per la scelta del sito che dovrà ospitare l’impianto resta “ostaggio” dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, che già da mesi avrebbero dovuto rilasciare il nulla osta per la pubblicazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee redatta da Sogin. Dallo scorso agosto, data inizialmente fissata per la pubblicazione della CNAPI, i ministeri si sono trincerati in un silenzio profondo.
Sogin dal canto suo continua a garantire piena apertura al confronto. «Anche se avessimo individuato la scelta migliore dal punto di vista tecnico ed economico – ha spiegato Zollino – non è previsto che sia Sogin a scegliere dove si va a fare il deposito». E infatti a scegliere è previsto che debbano essere tutti gli attori coinvolti, a valle della tanto annunciata consultazione pubblica. Ma il lungo confronto tra Governo, Sogin e popolazioni delle aree censite nella Carta non potrà partire fino a quando la pubblicazione della CNAPI non avrà ottenuto il via libera dei ministeri. Fino ad allora a tenere banco saranno sospetti, supposte fughe di notizie e prese di posizione “nimby”. Uno scenario che non lascia presagire nulla di buono e che riporta alla memoria le immagini di Scanzano Jonico, quando nel 2003 migliaia di persone scesero in piazza costringendo il Governo allora in carica a fare marcia indietro sulla costruzione di un deposito geologico di scorie nucleari. Il rischio, adesso, è che si ripetano gli errori commessi all’epoca, quando si sottovalutò il ruolo fondamentale che un’approccio trasparente e partecipativo può giocare in una partita così delicata. «Quello che succederà è nelle mani del Governo, le responsabilità sono lì – ha dichiarato il presidente della commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti Alessandro Bratti – il Governo deve dirimere questa situazione di ambiguità».
Il ritardo di Palazzo Chigi rischia insomma di compromettere la tanto sbandierata operazione trasparenza voluta da Sogin. «I temi legati alla gestione del nucleare e in particolare la realizzazione delle infrastrutture importanti come il deposito nazionale, suscitano inquietudine e paure – ha sottolineato il presidente dell’Anci Piero Fassino – se si intende affrontarli per arrivare all’obiettivo, occorre una comunicazione corretta e razionale che fornisca gli elementi sulla base dei quali operare le scelte». Una sete di trasparenza, quella delle amministrazioni locali, che i forti investimenti di Sogin in campagne di comunicazione sui media nazionali potrebbero non bastare ad estinguere e che i pesanti ritardi nella pubblicazione della CNAPI rischiano invece di trasformare in un “no” secco a qualsiasi tentativo di concertazione. Senza dimenticare l’enigma Isin. L’ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare dovrebbe gestire con Sogin le varie fasi dell’iter verso la costruzione del deposito nazionale delle scorie ma, al momento, esiste solo sulla carta. Anche in questo caso la responsabilità è tutta di Palazzo Chigi, che non ha mai proceduto alla nomina ufficiale della governance di Isin. Altri silenzi, altri ritardi che vanno ad aggiungersi a quelli già pesantissimi accumulati nel percorso verso l’allineamento ai dettami dell’Europa sulla gestione dei rifiuti radioattivi. Primo fra tutti, naturalmente, quello di dotarsi di un deposito unico per le scorie. La strada verso una nuova procedura d’infrazione sembra già spianata.