Sfumati gli emendamenti al decreto PNRR i Comuni tornano a sollecitare l’intervento del governo chiedendo la proroga dei tempi di presentazione delle tariffe rifiuti, almeno al 30 giugno, e una soluzione tampone per scongiurare rincari dovuti alle richieste di compensazione avanzate dai gestori degli ‘impianti minimi’
Rinviare la scadenza per la presentazione delle tariffe rifiuti e, soprattutto, salvarle dal rischio di aumenti per le richieste di compensazione avanzate dai gestori degli impianti qualificati come ‘minimi’ dopo l’annullamento delle delibere ARERA stabilito dal Consiglio di Stato. Sfumato il tentativo di intervenire con appositi emendamenti al decreto PNRR (ne erano stati presentati diversi, ma durante l’esame in commissione bilancio alla Camera sono stati tutti giudicati inammissibili o ritirati) i Comuni tornano a rivolgere un appello a governo e Parlamento perché “prendano atto al più presto di questa particolare emergenza“, scrive ANCI in una nota, paventando contraccolpi per le casse degli enti locali in caso di mancato intervento sulla disciplina tariffaria. Entro il prossimo 30 aprile infatti i Comuni dovrebbero approvare PEF, regolamenti e tariffe rifiuti. Ma l’associazione, si legge nella nota, registra al momento “diffusi ritardi” su tutto il territorio nazionale, dovuti anche al clima “di grave incertezza” che ancora avvolge la disciplina sugli ‘impianti minimi’, e in particolare gli effetti del temporaneo stop imposto dal Consiglio di Stato al meccanismo di tariffe calmierate per gli impianti non integrati – organico, discariche e inceneritori – indispensabili per la chiusura del ciclo rifiuti, attivato da ARERA nel 2021.
Recependo le determinazioni dei giudici amministrativi, ARERA ha recentemente riattivato il sistema, in una nuova veste subordinata al Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti (entrato in vigore un anno dopo il lancio del meccanismo da parte del regolatore), ma con decorrenza dal 1 gennaio di quest’anno e per tutto il 2025. Motivo per cui i gestori degli impianti che tra 2021 e 2023 erano stati qualificati dalle Regioni come ‘minimi’, quindi privati del proprio potere di mercato e assoggettati a tariffe calmierate, stanno bussando alla porta dei Comuni per battere cassa. “In assenza di un intervento urgente del governo o del Parlamento – scrive per questo ANCI – gli utenti delle stesse regioni si ritroverebbero costretti a dover restituire ai gestori degli impianti già definiti come ‘minimi’ la differenza di tariffa per le annualità 2022 e 2023 con un aggravio della TARI pur in presenza di una norma – il Piano nazionale di gestione dei rifiuti (PNGR) – che da giugno 2022 definisce la possibilità di applicare delle tariffe calmierate”.
Una “grave incertezza” che, chiarisce l’associazione dei Comuni, “comporta anche importanti difficoltà materiali nella redazione dei PEF 2024, la cui prossima scadenza del 30 aprile è imminente e, in moltissime realtà, insostenibile”. Per questo, si legge nella nota, serve un intervento in tempi rapidi “da un lato prevedendo un termine più ampio per la redazione dei PEF, almeno al 30 giugno, e dall’altro prevedendo una soluzione tampone per le annualità che restano prive di regolazione degli impianti cosiddetti ‘minimi’ (2022 e 2023) per scongiurare aumenti di tariffe in molte realtà territoriali”.